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«Il dito di Dio», giornalismo fatto bene

3 ' di lettura

L’ultimo podcast di Pablo Trincia “Il dito di Dio: voci dalla Concordia” è un successo mediatico anche perché incoraggia il giornalismo umanista e possibilista

Il titolo del momento è il podcast firmato da Pablo Trincia, giornalista e autore televisivo ben noto al pubblico per aver raccontato i Diavoli della Bassa Modenese in “Veleno”, altro podcast di successo pubblicato nel 2017. Da qualche giorno la sua voce lega il filo del naufragio della nave Costa Concordia, affondata a largo dell’isola del Giglio nella notte del 13 gennaio di dieci anni fa. Il titolo completo, «Il dito di Dio: voci dalla Concordia», preannuncia il racconto corale della tragedia in cui morirono 32 passeggeri e di molti altri che da quelle ore buie e fredde rimasero profondamente segnati.

 
 
 
 
 
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La cronaca non scritta in un podcast

La vicenda è ben nota: la nave, per essersi troppo avvicinata alle Scole, gruppo di scogli a poche miglia al largo dell’isola del Giglio, aveva impattato con le rocce, provocando una falla che aveva iniziato a imbarcare acqua. Dopo pochi minuti dall’ora dell’impatto (21:45) i motori erano già allagati e fuori uso. La motonave diventava un’enorme trappola mortale per quanti si trovavano a bordo.

Ricordiamo, senz’altro, l’“inchino”, manovra fatale ordinata dal comandante della Costa Concordia, Francesco Schettino. Quest’ultimo passerà alla storia per essere salito sulle scialuppe di salvataggio prima di molti altri, come fu rivelato dalle intercettazioni telefoniche di quella notte fra lo stesso e il capo della sezione operativa della Capitaneria di Porto di Livorno Gregorio De Falco, che gli urlava di ritornare a bordo. Scelte, indugi, storie incrociate e spiegazioni profonde: “Il Dito di Dio” sposta lo sguardo dell’ascoltatore da un pontile all’altro, in quelle lunghe e interminabili ore.

Fatti e opinioni distinti

L’eco mediatico fu globale per tutta la durata delle indagini e del processo (tra i più veloci), durante i quali i giornali posero l’accento soprattutto sulla figura del comandante, sul vile abbandono e sul gossip che rivelava la presenza a bordo dell’amante di Schettino. Nel frattempo le storie dei passeggeri, dell’equipaggio, delle famiglie spaccate tra la terra e il mare rimanevano sempre più sullo sfondo, opache. Per la cattiva abitudine che la cronaca ha di nutrirsi della negatività e utilizzarla come lente per raccontare le notizie, le stesse risultano spesso passeggere, o ancor peggio destinate all’oblio – come magistralmente farà notare in uno dei passaggi finali lo stesso Trincia, citando altri naufragi di uguale entità della Concordia. Ricordate l’incendio sulla Norman Atlantic avvenuto nel 2014?

Stile equilibrato

Dei meriti che ciascuno potrà riconoscere a «Il Dito di Dio», qui ci soffermiamo sul suo valore giornalistico: innanzitutto perché è un racconto vivido, preciso e credibile. Trincia non sceglie mai, cioè, la strada pur semplice dettata dalla coscienza del dopo. Schettino è stato condannato a sedici anni di carcere che sta scontando a Rebibbia; questa storia insomma, ha un colpevole. Il podcast tratteggia invece solo un uomo, le possibilità infinite dettate dalla sua storia, l’errore, la paura e – sì – la codardia. I fatti sono accusatori, ma la storia è più grande, e ne fa solo un tassello del mosaico. In ugual modo, non si acclamerà De Falco: per aver gestito le operazioni da Livorno, cinque giorni dopo la tragedia verrà proposto dall’allora Viceministro alle Infrastrutture e Trasporti Mario Ciaccia per l’assegnazione dell’Encomio solenne per lo «straordinario impegno profuso». L’Italia aveva il suo eroe. 

Le fonti

Il podcast propone un racconto equilibrato, quindi, ma anche accurato, per la scelta ricercata delle fonti da intervistare: come spiega lo stesso autore in una intervista rilasciata a Leggo.it, provenendo dalla TV, uno degli aspetti più avvincenti ma non troppo complessi è stato risalire ai protagonisti di quelle notte. Trincia è arrivato da Kevin Rebello e dai fratelli Brolli in poco tempo, nonostante fossero trascorsi dieci anni dall’evento. Molti passeggeri a bordo della Concordia non si accorsero nemmeno dell’entità del naufragio, furono sbarcati per primi e senza grossi disagi. Ma altri hanno vissuto paura, istinto, sopravvivenza e lacerazioni profonde attraversando la morte e ritornando più volte in vita. 

 

 
 
 
 
 
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Il podcast ne fa un affresco di umana drammaticità e bellezza.

Dalle interviste emerge non solo la tecnica, ma anche un’inevitabile empatia con le varie voci. Il giornalista on the record a uno degli intervistati dirà – la voce è spezzata – «scusa se ti sto facendo rivivere tutto questo». Se il diritto di cronaca indietreggia di fronte alla dignità della persona, allora il compito di chi racconta è restituire tutta la dignità possibile a quelle vite. E, da questo racconto, il giornalismo non ha che da imparare.

Giornalismo che guarda al futuro: la tecnologia podcast

«Il Dito di Dio: voci dalla Concordia» è prodotto da Chora Media, società di podcast nata nel corso del 2020, intuendo una particolare nuova tendenza dettata dalla tecnologia audio, sempre più in crescita. Anche questo dice molto sullo stato di salute del giornalismo. Secondo l’Interattive Advertising Bureau, entro il 2023 gli investimenti pubblicitari sui podcast arriveranno a 2 miliardi di dollari. In Italia i player del comparto sono in crescita, per diverse ragioni.

Intanto, sono legati alle piattaforme di distribuzione come Spotify, che ne facilitano l’accesso e la conoscenza; poi perché a guidare gli ascoltatori sono i contenuti e hanno successo solo se interessanti. “Romanzo di un naufragio” è già libro a firma sempre di Trincia, e non si esclude possa diventare serie TV (più interessante di così?). Infine, molto fa la modalità di fruizione: il solo audio consente di abbinare l’ascolto ad altre attività, non richiedendo la stessa attenzione che si dedica ai video. Chi scrive ne ha fruito collezionando passi in lunghe passeggiate pomeridiane.

Sofia D’Arrigo

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