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Lo avevamo salutato nel maggio 2019, mese di consuetudine in cui gli amanti dell’evento sono abituati ad affollare il salone. Poi, come la maggior parte delle grandi manifestazioni, il 2020 non ha avuto la propria edizione. Ma la vera rinascita non è stata semplicemente mettere in piedi l’evento in sè, nonostante il ritardo di alcuni mesi. Dal 14 al 17 ottobre, il Salone internazionale del libro di Torino è tornato al meglio della propria forma, registrando ben 150mila presenze, contro le 70-80mila attese.
E così, rigorosamente munite di green pass, decine di migliaia di persone si sono affrettate a scoprire quante più novità librarie possibili, e conoscere nuove case editrici con collane e edizioni particolarissime. Inoltre, per chi non lo sapesse, il salone è stato anche l’occasione per vedere da vicino i propri idoli, strettamente letterari o meno. Perfezionano l’evento tutte le lezioni e conferenze inserite nel programma.
Più di semplici libri
La lista delle attività messe in pausa dalla pandemia è lunga. Niente più concerti per gli appassionati, niente più partite per i tifosi e film al cinema per i cinefili. Adesso, lentamente la vita sociale sta tornando alla normalità, e tra capienze allargate, se non addirittura estese al 100%, ognuno, forte di pass verde, ha potuto riconciliarsi con la propria passione culturale.
Per chi ama la lettura, per chi si divide tra l’odore della carta appena stampata o le pagine vissute, le copertine rigide o flessibili, i tascabili più comuni o le edizioni limitate, i grandi editori o le piccole case editrici indipendenti, il Salone di Torino è un evento irrinunciabile. Camminare per ore in mezzo a sentieri temporanei, tra pareti di carta sorte in mezzo agli spazi del Lingotto e comprare quel libro che si teneva d’occhio da un po’. Chi mai, può uscire a mani vuote dal Salone?
Discorrere su quanto ci sia piaciuto quel libro o quell’altro e trovarsi d’accordo talvolta, è il bello del discorso intorno alla lettura. I libri sono in grado, oltre al luogo comune, ma veritiero, di farci viaggiare in mondi lontani o vicini sempre diversi dal nostro, possono essere un rimedio alla solitudine. Basta una sola persona che racconti una storia che ci faccia sentire interscambiabili con i protagonisti, a farci capire che non siamo soli. Che i nostri sentimenti sono, se non universali, quantomeno condivisibili. Così, scopriamo che le paure non spaventano soltanto noi, ci consola il fatto che tutti le proviamo, e magari le possiamo superare.
Questo è valido per una manifestazione culturale come il Salone del libro, ma qualsiasi tipo di evento è in grado di unire chi lo frequenta. Di far emergere un interesse o uno scopo comune. Di creare appunto, quel senso di comunità che ci è mancato nei quasi due anni appena trascorsi. Ad accomunarci è stata a lungo la stessa condizione di incertezza, vissuta però a distanza, in una dimensione propria e isolata. Ha fatto tutta la differenza.
Il ritorno alla comunità
Per riprendere le parole del direttore del Salone, Nicola Lagioia, rilasciate a La Stampa una volta concluso l’evento, “Qui c’è un paese che fa forse meno rumore di chi spacca le vetrine della Cgil. Ma io credo facciano rumore anche 150mila persone che sfogliano un libro”. E continua nello stesso articolo, il commento di Emanuela Minucci, con una constatazione forte e del tutto vera: “Visitatori? Lettori? No, qualcosa di più: una comunità. Che ha visto nel Lingotto un simbolo, quello del ritorno alla normalità”. Difficile stabilire cosa sia veramente la normalità, ma stare in mezzo ad una folla e non vederci niente di sbagliato, non provare timore e anzi sentirsi leggeri e frastornati, è sicuramente un ottimo segno.
E allora chi, rispetto alle edizioni passate, sosteneva che il salone corrispondesse soltanto a camminare in una grossa e caotica libreria, magari si sarà ricreduto e avrà fatto parte di quegli oltre 150mila visitatori, che in mezzo alle incertezze hanno superato addirittura i numeri dell’ultima edizione nel 2019. Non li si può biasimare, può capitare di cambiare opinione, soprattutto dopo che le folle erano mancate così tanto. E così anche sgomitare, girare in tondo fino al proprio punto di interesse prima di trovarlo guidati da una mappa, fare lunghe file per uno sguardo rubato ad un big e una firma su un libro appena comprato, hanno acquisito tutto un nuovo e ritrovato fascino.
Chiara Verra
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