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La versione originale di “La favola di Adamo ed Eva” esce nel ’98, ma l’album viene rieditato l’anno successivo, alla luce della partecipazione di Gazzè al Festival di Sanremo
Neanche a dirlo, Max Gazzè fece una pessima figura nella classifica della kermesse sanremese, piazzandosi a malapena ottavo tra i giovani, sezione vinta quell’anno da un altro romano e amico di Gazzè, Alex Britti, che portò “Oggi sono io”. Il brano, e con esso il disco, ebbe comunque modo di riscattarsi nel corso del tempo.
Un disco all’avanguardia
È importante parlare della seconda edizione di quest’album perché, anche se a livello musicale si registra soltanto l’aggiunta della canzone in gara a Sanremo, il disco vedeva un’idea originale e decisamente all’avanguardia per il 1999. Inserendo l’album nel computer, infatti, si sbloccava un divertente giochino, chiamato “La macchina del rifrullo”, in cui bisognava cimentarsi nell’indovinare alcune coppie di pietanze. Per ogni coppia azzeccata, l’avatar di Gazzè recitava una piccola poesia del fratello Francesco, storico compositore delle liriche dei brani del folletto romano. Una volta indovinate tutte le coppie, si aveva accesso alla versione demo di “Una musica può fare”. L’idea era decisamente simpatica e avanti per il periodo, soprattutto constatato che all’epoca il cd-rom prevedeva tuttalpiù l’accesso ai testi degli album o al video del primo singolo estratto.
“Cara Valentina”
Il disco in sé è composto di quattordici tracce. Si apre con il brano che dà il nome al disco, una disamina spietata della società e della tensione di tutti noi verso cose spesso superflue e poco attinenti al percorso della vita. Il capolavoro del disco è invece “Cara Valentina”, che prende le mosse da una lettera reale, scritta ad una vera Valentina mai esplicitata da Gazzè. Quello che è sicuro è che la struttura irregolare del brano è data dalla volontà di non “tagliare” la lettera. “Se c’era una cosa asimmetrica, la lasciavo asimmetrica. Ci sono delle battute di 2/4 ma anche cose dispari: ora è in 4/4, ora in 5/4 e a volte arriva in 6/8”, dirà Gazzè.
Il brano è una fotografia di una relazione finita, forse per colpa della pesantezza di lui – di colui che scrive la lettera. La suddetta pesantezza è accentuata nel finale, quando la frase “per esempio, non è vero che poi mi dilungo spesso su un solo argomento” viene ripetuta ossessivamente, a stabilire invece che altroché dilungarsi – è forse proprio quella la causa scatenante della fine del rapporto. Piccola chicca: nel video della canzone, Max Gazzè ingaggia un duello all’arma bianca con uno spadaccino, che altri non è che Daniele Silvestri. Alla scena assiste un inserviente, immobile. Ebbene, quel signore anziano è il padre di Max.
Gli altri brani
Altri momenti altissimi nel disco sono annoverabili in “L’amore pensato”, che può considerarsi un po’ l’opposto di “Cara Valentina” – ossia una canzone su un amore che nasce, e al cui interno il protagonista si crogiola danzando tra l’incoscienza e l’assoluta lucidità di chi sa che tutto quel che inizia è bello. In “Colloquium Vitae”, che vede la presenza del cantante torinese Mao, viene invece snocciolato un esame alla vita, vissuta in quanto poeta che riesce ad esprimersi meglio da seduto.
Uno dei brani più famosi del disco e dell’intera produzione di Gazzè è invece “Vento d’estate”, in collaborazione con un altro amico fraterno, Niccolò Fabi. Questo brano era annoverato anche nella compilation rossa del Festivalbar 1998 (dopo gli Aqua e prima di Natalia Estrada). Fu un grandissimo successo di una delle ultime estati del secondo millennio.
Trattasi di una canzone estiva atipica, in cui non ci sono ombrelloni, non c’è spiaggia e non c’è sensualità, ma solo la consapevolezza di come il vento sia capace di scompigliare i capelli e le idee.
È, in definitiva, un album monumentale, tanto da meritarsi una celebrazione particolare due anni fa, al compimento dei vent’anni, con una riedizione. Risulta essere il disco che lanciò Max Gazzè presso il grande pubblico. Oltre ad aver rappresentato un momento importantissimo nella discografia del riccioluto romano, particolarmente ispirato e capace di condensare diversi capolavori in un solo album.
Mario Mucedola
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