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Lo scorso 16 dicembre è uscito nelle sale “Diabolik”, il film diretto dai Manetti Bros. Il personaggio creato dalle sorelle Giussani, però, è sulle scene da quasi sessant’anni. Ripercorriamo cosa ha significato per il mondo fumettistico italiano
Calzamaglia nera, occhi glaciali, coltelli che volano facendo swisss e l’immancabile Jaguar piena di gadget. Diabolik – personaggio creato dalle sorelle Angela e Luciana Giussani negli anni ’60 – è entrato prepotentemente nell’immaginario collettivo italiano, diventando film e influenzando l’editoria di settore. E pensare che tutto cominciò per colpa di un treno.
Quando Angela Giussani ebbe un’idea rivoluzionaria
Angela Giussani, prima di creare Diabolik, lavorava già nel mondo dell’editoria: suo marito, Gino Sansoni, era il direttore della casa editrice Astoria, per cui Giussani curava una collana di libri per ragazzi. Volendo sperimentare e lavorare in proprio, però, si licenziò e usò i soldi della liquidazione per fondare la sua casa editrice – l’Astorina –, dedicandosi prevalentemente ai fumetti. Per mancanza di fondi, installò la sede dell’Astorina all’interno dell’appartamento in cui aveva sede anche l’Astoria, usando la cucina come studio per i disegnatori. Tuttavia, il primo progetto – il fumetto “Big Ben Bolt”, che seguiva le vicende di un pugile – fu un insuccesso clamoroso. Fortunatamente, però, arrivò il treno.
Angela Giussani, dalla stazione Cadorna di Milano, partiva spesso per andare a trovare gli zii di Saronno, e così si accorse che lei era fortunata a vivere e lavorare nello stesso palazzo – usciva di casa, saliva le scale e si sedeva alla scrivania. I pendolari, però – già negli anni ’60 –, dovevano affrontare un viaggio di un’ora o due per arrivare da Pavia, da Saronno stessa, dalla provincia. Passeggiando per la stazione, Angela si rese conto che poteva essere una buona idea commerciale puntare su una lettura non troppo ingombrante, non troppo costosa e che accompagnasse i pendolari nella loro ora di viaggio.
La nascita di Diabolik
Angela cominciò a ragionare sul prodotto “perfetto”. La dimensione 17x24cm con cui era stampato “Big Ben Bolt” era esageratamente ingombrante per il treno, ma il formato striscia che andava tanto di moda all’epoca era troppo piccolo. Giussani escluse sia un quotidiano – meglio una lettura d’evasione più semplice, soprattutto da stampare, visto che l’Astorina non aveva i macchinari adatti per un giornale –, sia una collana di romanzi – troppo lunghi, e quindi inadatti a un viaggio in treno.
Un fumetto, però, poteva funzionare. Magari un fumetto 12x17cm – dimensione ottimale per i pendolari –, da 128 pagine – abbastanza lungo ma non troppo – e in bianco e nero retinato – costava meno che stamparlo a colori, e il retino dava le gradazioni.
Nel saggio “Le Regine del Terrore – Le ragazze della Milano bene che inventarono Diabolik”, l’autore Davide Barzi racconta che Giussani trovò prima il contenitore del contenuto, e che per quest’ultimo si sprecano le leggende. Idealmente – per continuità con la ferrovia –, sarebbe bello se fosse vera la storia secondo cui, proprio su un treno, la donna trovò una copia abbandonata di un libro di Fantômas, il famoso criminale, e che questo personaggio le diede l’ispirazione.
In qualche modo, però, sembrerebbe che Fantômas c’entri comunque: forse i libri con lui protagonista li portò a Milano il marito; forse Angela sentì dire che in Francia un giornale si era risollevato dalla crisi pubblicando le avventure del ladro. Quale che sia la verità, Giussani capì che un personaggio simile avrebbe potuto funzionare, e così – nel 1962 – nacque Diabolik.
Diabolik, il “Re del terrore” che infranse i tabù
Angela Giussani, probabilmente, è stata una delle più grandi autrici italiane. Sicuramente, una delle più rivoluzionarie tout court.
Negli anni della nascita di Diabolik, in Italia, i fumetti erano popolati soltanto da eroi puri, senza macchia e senza paura, come Tex Willer, il capitano Miki e Zagor. Tra l’altro, tutti questi personaggi si muovevano nel mondo western tanto di moda all’epoca – i film di Sergio Leone erano più o meno coetanei. L’unico eroe che esulava da questa “ambientazione” era Topolino. Corto Maltese sarebbe nato soltanto cinque anni più tardi; Dylan Dog solamente nell’86.
Diabolik, tra l’altro, ebbe la “sfortuna” di uscire in un’epoca in cui molti pensavano che i fumetti fossero il male incarnato, che deviassero le menti dei più giovani e li conducessero alla delinquenza. In quest’ottica, la sua rivoluzione fu ancora più dirompente.
I fumetti come male del mondo e “seduzione degli innocenti”
Nel 1954, lo psichiatra americano Fredric Wertham pubblicò un saggio dal titolo “La seduzione dell’Innocente”. In questo libro, il signor Wertham sosteneva che i fumetti fossero una degenerazione della letteratura popolare: Wonder Woman praticava BDSM, Batman e Robin erano gay, la violenza ispirava i bambini a imitarla. Di fatto, pensava che avrebbero condotto i giovani alle carceri.
Quando il Congresso aprì un’udienza, gli editori di fumetti decisero di crearsi da soli una commissione per evitare di essere banditi – la cosiddetta Comics Code Authority. Da soli, cominciarono a “censurare” le pubblicazioni con un bollino in copertina che rassicurava sui contenuti degli albi. Niente sangue, nessun mostro, niente di “deviante” o “perverso”.
Il “codice” venne infranto solo nel 1971, quando il Ministero della Salute incaricò Stan Lee di scrivere qualcosa per sensibilizzare i giovani sul pericolo della droga. Lee, lungimirante qual era, decise di raccontare questa storia in un albo di Spider-Man – fino a quel momento letto da chiunque –, pubblicandola senza il bollino.
Da lì in poi, quasi tutti si resero conto che i tempi erano cambiati, e che il Codice era soltanto un marchio di bigottismo senza senso. Così, le “maglie della censura” vennero allargate per includere mostri, armi e violenza. Tuttavia, molti fumetti cominciarono a essere pubblicati direttamente senza bollino.
Negli anni ’90, la DC Comics inaugurò addirittura una linea per adulti – la Vertigo, con titoli come “Sandman” e “Preacher” –, mentre la Marvel adottò un sistema di classificazione proprio che di fatto diede inizio alla fine della Comics Code Authority. In Italia, Angela Giussani aveva già fatto tutto decenni prima.
Come Diabolik influenzò tutto il settore fumettistico italiano
Nel nostro Paese, a differenza degli Usa, non c’era nessuna Comics Code Authority che “bollasse” le pubblicazioni, ma i bigotti che pensavano fossero spazzatura, finta letteratura e perversione sì, così “Diabolik” e i fumetti a lui ispirati venivano sequestrati e censurati, portati in tribunale e discussi. La tendenza, insomma, era la stessa: eroi tutto d’un pezzo, fumetti a lieto fine, niente violenza.
Il personaggio di Diabolik, in questo contesto, era esattamente il contrario della “morale comune”. È un ladro, un assassino – per antonomasia un malvagio –, e vince sempre. Il successo del fumetto fu lento e progressivo, ma ben presto divenne evidente che Angela e Luciana Giussani – che affiancò la sorella a partire dal numero 14 – fecero una rivoluzione.
Nel 1963, scritto da Luciano Secchi e disegnato da Magnus, uscì “Kriminal” – primo di tanti “eroi con la k”. Benché i disegni di quest’ultimo fossero migliori e le storie più radicate nella realtà, le avventure di Kriminal si arenarono dopo poco, mentre quelle di Diabolik no. Anzi, altri “eroi con la k” ispirati a lui fioccarono da tutte le parti: Satanik, Demoniak, Zakimort… Senza dimenticare le parodie, come Cattivik, Ratolik o il più famoso Paperinik.
L’alter-ego di Paperino nacque proprio come “fedele” parodia di Diabolik. La prima storia, infatti, si intitolava – guarda caso – “Il diabolico vendicatore”, e racconta di come Paperino trova il costume del ladro Fantomius (sarà un caso che il nome ricordi Fantômas?). Il nuovo personaggio mascherato, quindi, decide di vendicarsi dei suoi parenti, e la prima cosa che fa – chissà perché – è rubare il materasso pieno di soldi di Zio Paperone.
La rivoluzione di Diabolik e delle sorelle Giussani
Diabolik aprì la strada non solo a una serie di eroi a lui ispirati, ma anche a tanti nuovi generi che col thriller c’entravano poco. Il primo numero del fumetto presentava in copertina una donna che urlava, e le scritte “brivido”, “diabolico” e “terrore” riempivano la pagina; da qui, fu tutto un proliferare di fumetti violenti, horror, erotici. La maggior parte, probabilmente, nacquero solo per cavalcare l’onda del successo, ma molti altri furono seminali tanto quanto quello delle Giussani. “Satanik” e “Kriminal”, per esempio, diedero inizio alla carriera di Magnus – uno dei migliori disegnatori italiani di sempre –, mentre tutto questo orrore, almeno in parte, aprì senz’altro anche la strada a Dylan Dog, uno dei personaggi più famosi del fumetto italiano.
Tutto questo – questa rivoluzione – accadde grazie a due sorelle. Accadde in un’epoca in cui non solo i fumetti erano malvisti, ma erano malviste anche le donne in certe posizioni. Eppure – nel formato, nella struttura delle tavole e nel tipo di storie –, “Diabolik” influenzò un intero settore. E pensare che tutto cominciò con un treno.
Alessandro Mambelli
Thanks.