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Com’era viaggiare nel passato?

4 ' di lettura

Viaggiare è un lusso che soltanto le nostre generazioni possono permettersi. Oggi lo diamo per scontato ma non è sempre stato così

È facile prendere un aereo e raggiungere qualsiasi parte del mondo in poche ore – se si hanno le finanze necessarie per farlo –, così come è semplicissimo prenotare una crociera, salire su un autobus e mettere in moto l’automobile che quasi tutte le persone possiedono. Nel passato, però – due, tre o cinque secoli fa –, viaggiare era un’attività riservata solo ai nobili e ai ricchi, oltretutto rischiosa e che portava via un sacco di tempo.

Viaggiare nel passato: l’antichità

L’ordine romano degli Equites si chiamava così proprio perché i suoi membri possedevano un equus, cioè un cavallo. Era un ceto sociale basato sul censo, quindi chiunque fosse stato abbastanza ricco da potersi permettere il mantenimento di un animale così costoso poteva ambire a questa posizione. Considerando questo, è evidente che durante l’epoca antica la maggior parte dei viaggi venisse fatta a piedi.

Camminare era terribile. Innanzitutto, era necessario accamparsi all’aperto, in boschi o radure – rischiando di essere preda di animali feroci o bande di briganti –, oppure bisognava sperare di avere un amico lungo la strada che potesse cedere un giaciglio per la notte. In secondo luogo, chi non poteva permettersi niente di meglio che i propri piedi rischiava di distruggerseli in marce infinite.

La velocità media di una persona atletica è di 5 chilometri all’ora, ma si scende anche a 2 se la strada è accidentata e la stanchezza comincia a farsi sentire. Nell’antichità, molti viaggiatori portavano con loro anche con un carico – magari trainato da un mulo –, quindi la loro marcia era ancora più lenta e spossante. Senza dimenticare che il tempo atmosferico incide parecchio: se piove, fa freddo o c’è un caldo cocente è chiaramente più difficile viaggiare a piedi.

L’Università di Standford ha creato un modello che calcola quanto tempo ci voleva, nell’antica Roma, per viaggiare da un punto all’altro dell’Impero. Impostando le variabili desiderate – tempo atmosferico, punto di partenza e di arrivo, modalità di viaggio –, è possibile farsi un’idea di quanto fosse difficile.

Per esempio, andare da Roma a Taranto durante l’estate, percorrendo 30 chilometri al giorno, era una marcia di soli otto giorni. Oggi, in auto, ci vogliono cinque ore. Per andare da Roma a Gerusalemme, invece, servono tre mesi, ma soltanto dodici giorni se si passa dal mare. In aereo ci vogliono tre ore.

Viaggiare nel passato: il Medioevo

Nel Medioevo, probabilmente, la situazione forse era peggiore. Non solo anche in quest’epoca l’unico metodo per viaggiare era a piedi – i cavalli restavano ancora una cosa da ricchi –, ma le strade erano diventate impraticabili. Roma, infatti, aveva un sistema efficiente e sicuro, costellato da stazioni di posta con cavalli freschi per i viandanti più ricchi e gestito dal potere centrale. Quando l’Impero cadde, però, nessuna istituzione si prese più cura dello stradario imperiale. Una strada poteva partire da una città controllata dagli Ostrogoti e finire in un posto governato da un’altra popolazione, diventando di fatto terra di nessuno.

Nel Medioevo, poi – con le strade in rovina –, i motivi per viaggiare erano ancora meno. In generale, lo facevano solo i missionari, i mercanti, i soldati e gli studenti – e anche i disperati in cerca di fortuna. Sia nel Medioevo che nell’antica Roma, quindi, che ragioni per viaggiare avrebbe mai potuto avere un contadino di Arpino? Inoltre, la caduta di Roma aveva sicuramente reso più povere molte più persone, magari costringendole al brigantaggio. Non solo ci volevano tre mesi di marcia per andare da Roma a Gerusalemme, ma nel mentre si rischiava di essere assaliti da più banditi e di dover fronteggiare altri pericoli.

Nel Medioevo, solo chi aveva dei veri motivi intraprendeva un viaggio. Per esempio, i soldati

Viaggiare nel passato: il ‘600 e il ‘700

L’emblema di quest’epoca è senza dubbio il Grand Tour, cioè il viaggio che molti giovani europei compivano in Italia per studiarne l’arte, l’architettura e la Storia. Chiaramente – ancora una volta –, questi giovani non erano figli di contadini o artigiani, ma eredi di nobili famiglie e figli di ricchi borghesi. Persone, quindi, che potevano permettersi un tour completo della penisola.

Fra il XVII e il XVIII secolo, a viaggiare erano ancora e soltanto i religiosi, i mercanti, i soldati o gli avventurieri. Gli intellettuali del Grand Tour, quindi, furono i primi a usare queste trasferte non solo per i momenti necessari di studio ed educazione, ma anche per dedicare del tempo al piacere della vacanza. Prima di allora, infatti, nessun pellegrino o mercante si sarebbe mai sognato di fermarsi in una città per godersi l’aria fresca o i monumenti.

Fra il ‘600 e il ‘700, il modo più veloce e costoso per viaggiare via terra era la carrozza. Altrimenti, i piedi non avevano mai deluso nessuno sin dall’antica Roma. Le carrozze e le diligenze, però, erano sconfortevoli: in legno, senza ammortizzatori, facevano sentire ogni buca e ogni scossone delle strade non ancora asfaltate.

Andare da Parigi a Roma in carrozza non era sicuramente agevole, ma di certo era più comodo della marcia. Soprattutto perché i viaggiatori portavano con loro bagagli enormi: Goethe, durante il suo viaggio in Italia, portò con sé libri su libri, carte geografiche, un sacco di vestiti e anche dei minerali raccolti lungo la strada.

Johann Wolfgang Goethe

Viaggiare nel passato: l’800

L’invenzione del treno, nonostante trasformò completamente il modo di concepire i viaggi, non cambiò la vita delle persone “comuni”. Anche se ora quasi tutti potevano permettersi di andare da una parte all’altra, nella pratica – soprattutto nell’Italia pre-unità – la situazione era diversa. In primo luogo, un contadino della campagna modenese non aveva quasi mai reali motivi per andare a Roma – neppure in vacanza –, e poi i treni italiani erano lenti, le ferrovie venivano costruite da un Regno ma non da un altro e a volte mancavano addirittura le strade normali.

All’estero, però – in particolar modo negli Stati Uniti –, il treno fu decisamente più importante. La colonizzazione del West venne fatta anche attraverso la ferrovia: i coloni più ricchi si spostavano così, e le merci viaggiavano su rotaia. Ne La valle dell’Eden di Steinbeck, uno dei personaggi vuole riempire un vagone di ghiaccio per conservare e spedire i cibi deperibili dalla California a Chicago.

Verso la fine del XIX secolo, i treni cominciarono a essere più veloci, più comodi e più economici. Fu solo allora che nacque, a livello globale, il “mito” della villeggiatura. Il miraggio di passare una settimana al mare o alle terme – e arrivarci in fretta – convinse chi non aveva motivi di viaggiare a fare i bagagli e partire, trasformando di fatto una cosa per pochi in un’attività oggi così comune da sembrarci normale. Soprattutto perché, con l’avvento dell’automobile, i viaggi si trasformarono ancora, e definitivamente. Le quattro ruote – benché inizialmente pericolose e viste con diffidenza – ci hanno reso così facile spostarci che ormai non riusciamo più a immaginare quanto fosse difficile un tempo.

Alessandro Mambelli

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