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Da sempre, gli inganni finanziari sono presenti là dove c’è povera gente fragile o disposta a tutto pur di migliorare la propria condizione. Qualche anno fa, per esempio, ha fatto molto parlare la truffa della criptovaluta OneCoin.
Nel 1820, dopo aver combattuto nelle guerre d’indipendenza sudamericane, Gregor McGregor tornò in Inghilterra raccontando di una terra paradisiaca vicino all’Honduras che si chiamava Poyais. Quest’uomo convinse diverse persone a dargli un anticipo per organizzare il loro viaggio fino alla neonata nazione, e molti investirono i propri soldi convinti dalla descrizione che Thomas Strangeways faceva nel suo libro Sketch of the Mosquito Shore. Alla fine si scoprì che Strangeways era McGregor stesso e che Poyais non esisteva, ma ormai era tardi: persuase che fra i tanti neonati Stati sudamericani ci fosse anche questo, le persone che investirono denaro persero tutto.
Cosa sono i Bitcoin?
I Bitcoin – lettera maiuscola se si parla del sistema e minuscola se ci si riferisce alla moneta – sono una tecnologia di criptovaluta in uso in tutto il mondo dal 2010. L’inventore si chiama Satoshi Nakamoto, ma di lui si sa così poco che questo potrebbe essere uno pseudonimo o un nome dietro cui si cela un collettivo.
I Bitcoin, essendo virtuali, non rispondono a nessuna autorità centrale – come una banca o una società –, e quindi non hanno commissioni. Si possono usare per comprare su Internet o nei negozi che li accettano, oppure – visto che il prezzo è deciso dal “mercato” di chi li usa – si può scegliere di conservarli sperando che il loro valore cresca. Infine, è praticamente impossibile falsificarli.
I pagamenti con le criptovalute avvengono tramite il meccanismo della blockchain – lo stesso usato per gli NFT. Ogni utente ha una copia della catena a blocchi in cui è identificato con un codice anonimo e dove può “leggere” tutte le transizioni effettuate dal 2010 (le virgolette sono d’obbligo perché in realtà fa tutto il software, quindi l’utente non sa chi sta comprando cosa). Durante un pagamento in Bitcoin, la blockchain preleva dal conto dell’utente la valuta necessaria – assicurandosi che ce l’abbia –, dopodiché la trasferisce sul conto del venditore. Come detto, tutti i passaggi sono visibili a tutti gli utenti, quindi nessuno può spendere due volte gli stessi soldi o tentare qualche altro trucco, perché i blocchi “di verifica” si accorgerebbero che qualcosa non va.
Se è impossibile truffare il sistema, però, è comunque possibilissimo “aggirarlo”. OneCoin, per esempio, non è stato altro che un immenso schema Ponzi.
Lo schema Ponzi
Charles Ponzi, dopo essere cresciuto a Parma, si imbarcò per Boston in cerca di fortuna; qui, negli anni ‘20, divenne un truffatore talmente famoso che il meccanismo con cui si arricchì prese il suo nome. Era nato lo “schema Ponzi”.
Siccome nessuno poteva usare francobolli di uno Stato che non fosse il suo, esistevano dei buoni da allegare alle lettere internazionali che potevano essere scambiati con i francobolli di risposta. Ponzi si accorse che i buoni costavano diversamente a seconda del Paese, ma che il loro valore “in francobolli” era lo stesso; sfruttando questa differenza, avrebbe potuto comprare buoni in un posto dove costavano poco, scambiarli gratis in America coi francobolli, vendere questi ultimi e intascarsi la differenza.
Il passo successivo fu la truffa vera e propria. Ponzi convinse le persone a investire sulla sua attività, prendendo in prestito i loro soldi per comprare buoni e promettendo di ripagarli con le entrate delle vendite. Il problema era che Ponzi non comprava nessun francobollo, ma si limitava a pagare il nuovo investitore coi soldi di quello prima – e la cosa andò bene finché le persone continuavano ad arrivare. Il punto debole degli schemi Ponzi è proprio l’imprevedibilità degli investitori: se in tanti richiedono indietro i loro soldi, il truffatore non ha modo di ripagarli.
L’originale schema Ponzi, però, non fu distrutto dagli investitori, ma da una coincidenza assurda. Ponzi venne scoperto perché un giornalista andò a chiedere alle Poste come facessero a star dietro a tutti gli scambi buoni-francobollo – visti i guadagni di Ponzi, era impossibile che riuscissero a stamparne così tanti –, ma le Poste gli dissero che loro non avevano scambiato un bel niente, e il castello di carte crollò.
La truffa dei bitcoin OneCoin
Nel 2014, l’immenso schema Ponzi della OneCoin ha truffato tantissime persone facendo leva sulle stesse cose che prometteva McGregor: guadagni, lande inesplorate ma paradisiache – all’epoca i Bitcoin erano pionierismo puro – e affidabilità. Così come McGregor aveva il libretto del “capitano Strangeways”, la OneCoin aveva siti che parlavano di quanto la loro criptovaluta fosse sicura.
L’ideatrice dello schema e “fondatrice” di OneCoin Ruja Ignatova – oggi latitante – usava la criptovaluta come i francobolli di Ponzi: vendeva dei pacchetti vuoti che spacciava gonfi di monete e pagava gli investitori coi soldi degli altri. Per un paio d’anni, nonostante molti avessero subodorato l’inganno, la gente continuò a darle i propri soldi, poi lo schema – come tutti i Ponzi – crollò. Il Times ha definito OneCoin “una delle più grandi truffe della Storia”.
Secondo il documentario Netflix In poche parole – I soldi, non c’è un tipo di persona più facilmente raggirabile di un altro, perché chiunque può cadere vittima del fascino di un imbonitore e di promessi guadagni. Uno degli intervistati, per esempio, ha scritto un libro sull’argomento e poi è stato truffato.
“Se non ci fidassimo del prossimo” – dice la psicologa Maria Konnikova – “le società non esisterebbero”. Questo è solo uno dei tanti motivi per cui le persone cadono preda delle truffe finanziarie, e così continuerà ad essere finché dall’altro lato ci saranno individui disposti a ingannare il prossimo per la loro avidità.
Alessandro Mambelli
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