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La pandemia dei poveri: la campagna vaccinale in Africa va a rilento

4 ' di lettura

Fin dallo scorso dicembre, con le prime dosi di vaccino Pfizer somministrate in Italia, si sottolineava l’importanza di non muovere il mondo a due velocità. Eppure, la campagna vaccinale in Africa procede malissimo.

I dati della campagna vaccinale in Africa, confrontati con America, Europa e Asia, sono critici. Nei Paesi più poveri tutto procede a rilento, anche se la fornitura delle dosi di vaccino dovrebbe essere la medesima dei paesi industrializzati. Questa situazione si scontra con le preoccupazioni per la nuova variante Omicron riconosciuta in alcune nazioni, tra cui proprio gli Stati africani del Sudafrica e del Botswana. Nuove varianti che nascono e circolano proprio in quei Paesi dove la vaccinazione è a un livello estremamente basso.

La situazione è grave: molti Paesi del mondo stanno distribuendo le seconde dosi (ora anche tre), mentre altri a malapena la prima. Una spaccatura, quella tra i Paesi più industrializzati e quelli in via di sviluppo, che rischia di minare la campagna vaccinale in tutto il mondo.

L’iniziativa COVAX

L’iniziativa di COVAX (Covid-19-Vaccine Global Access Facility), voluta nel giugno 2020 dall’OMS per garantire un’equa distribuzione dei vaccini, ha coinvolto 190 Paesi – 98 benestanti e 92 in via di sviluppo. COVAX negozia un prezzo per ciascun vaccino con le aziende farmaceutiche che lo producono: i 98 Paesi più ricchi pagano il prezzo pieno, mentre quelli più poveri versano solo un contributo finanziario. L’obiettivo è quello di arrivare alla fine del 2021 distribuendo 1,3 miliardi di dosi nei Paesi a basso reddito. Insieme all’UNICEF (che gestisce e coordina più di 2 miliardi di vaccinazioni su oltre 100 paesi del mondo), COVAX promuove l’approvvigionamento, il trasporto internazionale e la distribuzione. Ci sono però complicazioni e numeri che mettono in risalto un quadro fatto di luci e ombre.

Africa, fanalino di coda

Per capire meglio la situazione della campagna vaccinale abbiamo confrontato i dati globali con quelli dei singoli Stati africani. In quanti hanno ricevuto due dosi di vaccino? Chi solo una? E in quanti stanno ancora aspettando la prima?

Dai rilievi della piattaforma OurWorldinData emerge una situazione piuttosto preoccupante. I numeri relativi alle popolazioni completamente vaccinate (prima e seconda dose) raccontano che l’Europa mantiene una copertura totale al di sopra del 60%. Un dato importante che, alla luce della situazione attuale, risulta però ancora troppo basso.

Al di sotto del 60%, invece, troviamo Sud America, Nord America e Asia, con i dati della Cina riportati a intervalli irregolari. Fanalino di coda, con una percentuale sotto il 10%, è il continente africano.

Grafico relativo alla percentuale della popolazione in Europa, Nord America, Sud America, Asia e Africa. Quest’ultima al di sotto del 10% (OurWorldinData)

Utilizzando una lente d’ingrandimento e muovendoci all’interno degli Stati africani, le differenze tra chi ha ricevuto solo la prima o entrambe le dosi aumentano ancora di più. Ci sono però delle eccezioni: le isole Mauritius, vicine al Madagascar e con una popolazione di 1,2 milioni di abitanti, hanno una percentuale di vaccinati con doppia dose di poco sotto il 70%. In moltissimi Paesi, però, questa percentuale non supera nemmeno il 10 % (comprese le prime dosi).

Una situazione drammatica che i paesi dell’Africa hanno provato a risolvere collaborando tra loro nel corso dell’ultimo anno, con iniziative come l’African Vaccine Acquisition Task Team (AVATT) e l’African COVID-19 Vaccine Readiness and Deployment Taskforce (ACREDT).

La percentuale di popolazione vaccinata (prima e seconda dose) in Africa (OurWorldinData)

Promesse non mantenute

Dalle analisi rese note dall’Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI), emerge che dall’inizio della campagna vaccinale sono state prodotte sei miliardi di dosi, distribuite su 184 Paesi. L’obiettivo, secondo l’OMS, è vaccinare almeno il 40% della popolazione mondiale.

Il paradosso è che il 77% di queste dosi è stato dirottato e somministrato nei Paesi a medio-alto reddito. Solo lo 0,5 % in quelli a medio-basso. Si comincia a delineare il quadro della situazione.

Al 24 novembre 2021, secondo le stime di Amref Health Africa, il continente africano ha ricevuto 360 milioni di dosi di vaccino anti-COVID-19, e ne ha somministrate circa 214 milioni (il 59,42% della fornitura). L’Africa si ritrova con milioni di dosi in meno somministrate e con difficoltà nel vaccinare gli operatori sanitari.

Perché la distribuzione dei vaccini nel continente africano risulta così complessa? Cosa non funziona nella catena di aiuti per le popolazioni più povere? L’iniziativa COVAX non basta, e serve maggior supporto in altri settori fondamentali. Ad esempio, diversi Paesi, all’inizio della distribuzione dei vaccini, non potevano contare su un piano vaccinale adeguato. A questo aspetto bisogna aggiungere la fragilità a livello sanitario di moltissime nazioni povere, soprattutto in Africa. Il problema, quindi, non è da cercare solo nella distribuzione, ma anche nel tessuto ospedaliero degli stati in questione.

I No-vax in Africa e i costi del vaccino

Alla carenza di infrastrutture e ospedali per le vaccinazioni si sovrappone il problema di chi si mostra scettico, oppure timoroso, nei confronti della vaccinazione. A queste difficoltà, come se non bastassero, si aggiunge l’aspetto economico: chi ha più soldi può permettersi di comprare un’enorme quantità di dosi; chi ne ha meno invece no. Le differenze economiche e sociali tra gli Stati incidono sul trasporto, i costi di gestione e la distribuzione.

Alla luce di tutti questi aspetti, basta osservare il grafico in basso per rendersene conto: mentre Europa, America e Asia stanno già distribuendo e somministrando la terza dose (definita Booster), in Africa la linea è praticamente sullo zero.

La campagna vaccinale in Africa: obiettivo impossibile

Se si considerano i dati sulla vaccinazione riportati in precedenza, l’obiettivo del 40% della popolazione mondiale vaccinata con almeno una dose per la fine del 2021 – e il 70% entro la metà del 2022 – è lontano anni luce. Difficilmente, poi, l’Africa contribuirà ad accrescere questa percentuale.

Il riferimento è soprattutto ai cinque Paesi più colpiti dal coronavirus: Sudafrica, Marocco, Tunisia, Etiopia e Libia. Osservando i numeri delle campagne vaccinali di questi Stati e confrontandoli con gli altri singoli Paesi africani, il quadro è drammatico: solo Marocco e Tunisia hanno percentuali di vaccinazioni moderatamente alte, rispettivamente sopra il 60% e 40%.

PaesiPopolazioneCampagna vaccinale
Nigeria214,028,3042,9% (1,61% doppia dose)
Etiopia108,113,152 3,7% (1,20% doppia dose)
Egitto104,124,440 23% (13% doppia dose)
Congo (ex Zaire)101,780,264 8,2% (2,2% doppia dose)
Tanzania58,552,844 1,4% (1,4% doppia dose)
Sudafrica56,463,616 28% (23% doppia dose)
Kenya53,527,936 7,4% (4,6% doppia dose)
Sudan45,561,556 1,4% (1,3% doppia dose)
Uganda43,252,968 8,1% (1,9% doppia dose)
Algeria42,972,880 15% (12% doppia dose)

Nel resto del continente, invece, più della metà degli Stati ha coperto con due dosi meno del 10% della popolazione, e in diversi casi anche meno del 5%. Considerando i Paesi con più alta densità di popolazione, la situazione diventa ancora più estrema. La Nigeria, che ha una popolazione di circa 215 milioni di persone, conta solo il 2,88% di vaccinati (1,61% con due dosi). L’Etiopia (108 milioni) il 3,7% (1,20% con due dosi). E se l’Egitto e il Sudafrica si collocano rispettivamente sul 23% e il 28%, ci sono altri Paesi, come il Sudan e la Tanzania, che non arrivano nemmeno al 2%.

Serve un cambio di rotta immediato. Il G20 romano di poche settimane fa ha sottolineato il rallentamento della campagna vaccinale in determinati paesi, ma non basta. Non possiamo permetterci ulteriori sproloqui. Nessuno deve restare indietro.

Andrea Cicalò

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