Press "Enter" to skip to content

California: buchi nel sistema di controllo inquinamento – Le falle del sistema (parte 2)

2 ' di lettura

Nel precedente articolo abbiamo spiegato a livello generale come il sistema dei crediti per le emissioni di carbonio non stia effettivamente funzionando in California, e soprattutto, che non stia contenendo l’inquinamento. L’ARB ha semplificato in misura troppo elevata le differenze tra le foreste umide dell’entroterra con quelle costiere. Consentendo quindi alle grandi industrie che hanno bisogno di produrre più emissioni di raggirare le regole dell’ente della California. L’indagine condotta dalla CarbonPlan ha mostrato più nel dettaglio le falle di questo sistema.

I confini geografici della California: la prima crepa del regolamento

Lo studio, in collaborazione con diverse università americane, tra cui Berkeley e Columbia, ha esaminato centinaia di pagine e anche i piani dei presentatori dei progetti. Ne viene fuori che il sistema dà la possibilità di selezionare i terreni e che gli operatori di settore sfruttano tranquillamente questi buchi regolamentari. La partita per l’assegnazione dei terreni si gioca sui confini geografici. A nord della California, il programma di compensazione ha stabilito una linea che taglia in due la fascia costiera da quella dell’entroterra. Le foreste miste di conifere immagazzinano una media di 205 tonnellate di carbonio per acro.

Il sito della CarbonPlan mostra con una semplice mappa la collocazione della maggior parte dei progetti presentati nella Southern Cascades, che si estende nella California settentrionale. La sottoregione più ricca di carbonio occidentale (quella in verde) contiene quasi tutti i progetti di compensazione che guadagnano crediti semplicemente avendo foreste con livelli di carbonio più elevati rispetto alla media.

La regione interna “solo” 122 tonnellate per acro, poiché le foreste di questa zona hanno meno carbonio da immagazzinare. Nel punto in cui si incontrano le due regioni la foresta è identica e in alcune zone immagazzina all’incirca le stesse quantità di carbonio. Logicamente, chi sviluppa i progetti preferisce un sito vicino al confine perché si possono confrontare i dati sul livello del carbonio della loro zona con la media regionale, che risulta inferiore. Il caso vuole che diversi progetti della California settentrionale siano allineati al confine della zona interna, dove ci sono foreste più ricche di carbonio rispetto alla media regionale.

Un altro punto critico del sistema: le specie arboree e le medie regionali

La regolamentazione ha inoltre presenta un altro punto debole. Ѐ possibile inserire all’interno dei progetti alberi particolari, che possono immagazzinare più carbonio rispetto alla regione circostante. Viene preso come esempio un progetto localizzato in Alaska che consiste in abeti rossi di Sitka. Il problema è che la media regionale locale è fatta su diverse specie di alberi (compresi quelli che immagazzinano meno carbonio). In sostanza, grazie ai difetti del sistema, questo progetto ha guadagnato più crediti di quelli che meritava realmente. La CarbonPlan ha analizzato 65 progetti su 74 progetti attivi al settembre 2020. Tutti hanno ricevuto i trattenendo più carbonio rispetto alla media regionale. Si è scoperto inoltre che la maggior parte dei progetti era sovrastimata.

Ci sono dei legami tra l’AIR e le società che si approfittano del sistema di crediti?

Lo studio si è inoltre interessato a studiare le relazioni che intercorrono tra l’Air Resources Board e i gruppi che ricavano maggiori benefici da questo sistema fallaceo. I proprietari terrieri che vogliono inserire e iscrivere il proprio tratto di foreste al programma della California, devono aprire un conto presso la Climate Action Reserve (l’organizzazione no profit che ha creato programmi con crediti compensativi volontari e su cui si basa la stessa Air Resources Board) che esamina i documenti. Nel caso in cui il progetto dovesse superare la revisione, la Climate Action Reserve addebita 19 centesimi per ogni credito emesso.

Si tratta di un vero e proprio conflitto di interessi tra l’organizzazione no profit e chi presenta i progetti. Un coinvolgimento finanziario che non passa inosservato, considerando che per i progetti più grandi si è arrivati a cifre vicine al milione di dollari. Ad oggi, la Climate ha preferito non commentare queste dichiarazioni. Alla luce di queste indagini quindi non c’è solo il problema di regolamentazione dei crediti mai come in questa situazione superficiale e aggirabile dalle tante aziende. Queste ultime inoltre incastrano l’ultimo tassello oscuro di questa vicenda, che verrà analizzata nell’ultima parte dell’inchiesta.

Andrea Cicalò

One Comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Mission News Theme by Compete Themes.