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L’ennesima soluzione monouso: l’acqua in Brick

2 ' di lettura

Tante sono le iniziative create in questi anni per contrastare la diffusione della plastica monouso, tra queste emerge la scelta commerciale di vendere l’acqua in cartone, il cosiddetto brick.

L’iniziativa è stata abbracciata dal comune di Milano, con

“l’acqua del sindaco” con l’obiettivo di sensibilizzare i cittadini al consumo dell’acqua potabile del rubinetto, e dall’acquario di Genova per evitare la dispersione di plastica nell’ambiente marino. Questa soluzione si sta diffondendo a macchia d’olio in diverse zone d’Italia. Ma è davvero sostenibile?

Sul brick “Less Plastic more life” è il motto che sta guidando le campagne di marketing a sostegno della vendita dell’acqua in cartone. Il brick è in tetrapak ovvero un poliaccoppiato composto da tre materiali: 75% carta, 5% alluminio e 20% plastica.  Il cartone, non essendo impermeabile, viene trattato con uno strato sottilissimo di plastica. All’interno è presente uno strato di alluminio che protegge il liquido da luce, ossigeno e odori.

Si evince nel recente report annuale sulla sostenibilità pubblicato da Tetra Pak®, il principale fornitore a livello mondiale di brick, che dei 193 milioni di cartoni venduti, 1.2 milioni di tonnellate sono stati raccolti e inviati al riciclo. Quindi, solo il 20%. Ciò è dovuto al fatto che il tetra pack sia uno dei materiali, per la sua natura di poliaccoppiato, più difficile da riciclare.

Innanzitutto, per il suo smaltimento. Tale imballaggio, dovrebbe essere separato dal suo tappo, appiattito e gettato secondo le specifiche del sistema di raccolta del proprio comune: carta, secco multi materiale o plastica.

Separati tramite il sistema di raccolta differenziata i contenitori in tetra pack sono inviati in impianti di riciclaggio specializzati. Qui, i materiali che costituiscono il tetrapak possono essere separati grazie all’azione centrifuga di un “enorme frullatore” che miscela il materiale in acqua. L’azione rotante della pala separa la plastica e l’alluminio dalla carta. Per la presenza della plastica, il processo per trasformare il cartone in polpa ha una durata di circa 30/45 minuti. Di conseguenza, non può essere smaltito con la carta mista (carta, cartoncini) che richiede tempistiche significativamente inferiori circa 3-4 minuti.

 Ebbene sì, non tutte le cartiere sono addette al riciclaggio dei poliaccoppiati. In Italia, sono solo due: a Lucca e Verona. E qui, sorge spontanea la domanda di come sia possibile avendo solo due impianti specializzati, in Italia, garantire il corretto riciclaggio. Per non parlare dell’inquinamento ambientale causato dal trasporto per raggiungerli. 

In conclusione, si può facilmente dedurre che la sostituzione di un materiale per un altro non è in realtà un’idea green. Un materiale 100% riciclabile, come il tetrapak, abbiamo visto che non è la soluzione migliore. A tal proposito è giusto sottolineare che anche la plastica, di cui sono costituite le tradizionali bottiglie di acqua, il PET, è 100% riciclabile. La strategia dovrebbe essere quella di porre fine al monouso ed evitare di alimentare il consumismo dell’usa e getta. Basterebbe bere la cosiddetta acqua del sindaco da delle borracce per ridurre notevolmente l’impatto dei rifiuti sull’ambiente. 

Giorgia Catania

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