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100 di questi Calvino

3 ' di lettura

L’occasione del centenario dalla nascita di Italo Calvino mi ha permesso di domandarmi cosa può dire ancora oggi a noi questa figura tanto discussa e sfaccettata? Ma soprattutto mi sono chiesta cosa ho da dire io su Italo Calvino che non sia già stato detto?

Innanzitutto, posso dire che

è grazie a lui che ho capito di voler lavorare in editoria, quando ormai cinque anni fa, attraverso una citazione riportata sul mio libro di letteratura del liceo, Calvino diede forma al desiderio che era nel mio cuore da tutta la vita:

Il massimo del tempo della mia vita l’ho dedicato ai libri degli altri, non ai miei. Ne sono contento, perché l’editoria è una cosa importante nell’Italia in cui viviamo e l’aver lavorato in un ambiente editoriale che è stato di modello per il resto dell’editoria italiana, non è cosa da poco.

Quindi parla a me, a noi, con la sua testimonianza di vita, quando dice che la scrittura è il Tutto dell’esperienza, quando leggiamo le testimonianze di chi l’ha conosciuto, le lettere inviate in risposta alle centinaia di manoscritti che quotidianamente leggeva e valutava. Ci parla attraverso la precisione, la pragmaticità e il profondo rispetto che mostrava in ogni occasione nei confronti di quei manoscritti, che non erano solo potenziali nuovi libri da pubblicare, bensì erano mondi, anime, storie di vite e di persone. Calvino era emblema della professione editoriale e allo stesso tempo dell’aderenza alla realtà e all’umanità di coloro che si rivolgevano a lui.

Suggeriva, guidava, ma soprattutto istruiva alla pazienza e al desiderio di conoscenza e di bellezza: consigliava di non accontentarsi, di cercare, di migliorare.

Egli stesso si allenava costantemente sui suoi stessi scritti: l’autore al quel riservava il comportamento più severo era senz’altro se stesso. Spesso il Calvino redattore editoriale schiacciava l’indole fantasiosa e sperimentale del Calvino scrittore: la convivenza di queste due figure all’interno della stessa persona ha contribuito a creare l’idea così affascinante che abbiamo oggi di Italo Calvino.

Una storia incredibile la sua, che intrecciò per la prima volta la sua esistenza con quella di Einaudi quando aveva solo 19 anni e la casa editrice appena 9, inviando una raccolta di racconti intitolata Pazzo io o pazzi gli altri, rifiutata da Einaudi poiché “non unitaria”. Successivamente si laureò in Lettere presso l’Università di Torino con una votazione di 103 su 110 e pochissimo tempo dopo entrò a lavorare nella stessa casa editrice Einaudi, sotto la guida (lungimirante) di Cesare Pavese. Da subito Giulio Einaudi scommise sul giovanissimo Calvino, il quale negli anni contribuì non solo a creare l’identità e la solidità della casa editrice, ma anche a orientare la cultura letteraria del suo tempo. Un lavoro attuale in ogni periodo storico: ogni epoca ha bisogno di persone che sappiano individuare il linguaggio giusto per poter comunicare efficacemente al proprio pubblico.

Calvino in casa editrice si occupava quindi di leggere, selezionare, commentare e consigliare i vecchi, i nuovi e i mai autori di Einaudi, ma anche di scrivere il paratesto, ovvero i risvolti, le quarte di copertina, le note introduttive, le schede bibliografiche, le cosiddette “scritture editoriali” per i numerosissimi libri in via di pubblicazione. Dalla selezione e dalla raccolta di questi materiali sono nati due interessantissimi libri pubblicati negli Oscar Mondadori: I libri degli altri e Il libro dei risvolti, utilissimi per conoscere più da vicino l’operato del Calvino editore, direttamente attraverso le sue parole, senza nessun filtro narrativo.

Concludo questo omaggio a Calvino proprio riportando una parte di una delle trecento lettere selezionate per I libri degli altri. L’ho trovata una delle più esilaranti e allo stesso tempo delle più significative e rappresentative:

[…] smetti subito di fare il giornalista, mestiere incompatibile con quello dello scrittore; o meglio in un giornale si può anche lavorare ma a patto di non scriverci; […] il giornalista è un mestiere di enorme importanza sociale, e che richiede doti eccezionali, ma che non può essere coltivati a fianco della letteratura, perché non puoi nello stesso tempo usare lo stesso strumento: il linguaggio, la scrittura, in due modi completamente diversi.

Ma più importante ancora è che tu smetta subito di viaggiare non serve assolutamente a nulla, tranne che a divertirsi e ad impedire di scrivere. È impossibile scrivere se non di ciò che si è vissuto per anni e anni e che lungi dal divertirci e dall’interessarci ci ha annoiato e fatto soffrire.

Te lo dice uno che viaggia e fa il giornalista spesso e volentieri; che, anzi, non potrebbe vivere senza, ogni tanto, viaggiare e fare il giornalista; ma che non potrebbe scrivere una riga se non si proibisse per buona parte dell’anno di viaggiare e di fare il giornalista.

Giulia Ala

(La foto di Italo Calvino è tratta dalla pagina facebook a lui dedicata)

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