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Proteste in Thailandia: una nuova sentenza terrorizza la “terra dei liberi”

5 ' di lettura

Da un anno, la “terra dei liberi” vive una situazione di instabilità per i rigidi dettami di legge e per le conseguenze della pandemia. Ora, una sentenza della Corte costituzionale contro i manifestanti ha generato una serie di proteste in Thailandia, e il paese rischia di sprofondare nella guerra civile

Situata nel Sud-est asiatico, la Thailandia, letteralmente “terra dei thai”, che significa “libero” o “indipendente” nella lingua del paese, non è propriamente sconosciuta a disordini politici di vario genere. Dal 1932, anno in cui è stata istituita la monarchia costituzionale, si sono concatenati ben 13 colpi di stato militari, l’ultimo dei quali è datato 2014. In perfetto ossimoro con l’etimologia del loro nome, i thailandesi sono costretti a convivere con leggi rigidissime, come la pena di morte per l’omicidio, per il traffico di droga e per altri reati gravi. Una pena ugualmente controversa è quella che vige contro il reato di lesa maestà, che prevede dai 3 ai 15 anni di carcere per ogni singolo “insulto” a un membro della casa reale.

Una bomba a orologeria pronta a scoppiare: l’inizio delle proteste in Thailandia

Quando nel 2019 il partito Palang Pracharath, sostenuto dai militari, ha vinto un’elezione molto dibattuta e ha elevato l’ex generale militare Prayuth Chan-ocha a primo ministro, le manifestazioni antigovernative sono divampate fino all’ultimo round di proteste, cominciato nel luglio 2020, periodo in cui la Thailandia è uscita da un blocco di tre mesi per Covid-19. I manifestanti chiedevano lo scioglimento del Parlamento, profonde modifiche alla Costituzione, una radicale riforma della monarchia che prevede pesanti tagli ai privilegi del re e la fine della brutalità poliziesca contro le opposizioni.

Le pacifiche proteste in Thailandia, a favore di una democrazia reale, hanno avuto un impatto positivo su buona parte dell’opinione pubblica, la quale sembra essersi convinta che il nemico da abbattere sia il connubio tra le forze armate e la monarchia. Il severo stato di emergenza emanato da Prayut, con la promessa di nuovi emendamenti alla Costituzione per addolcire la pillola, non è bastato a calmare le acque dei dimostranti, che una settimana fa sono scesi nuovamente nelle piazze di Bangkok. Proprio un incrocio nella capitale ha visto scontri notturni tra i giovani manifestanti e la polizia thailandese. Con ogni parte che incolpa l’altra di provocare violenza e senza compromessi in vista, la situazione è diventata una bomba a orologeria pronta a scoppiare.

Il ritorno del re thailandese in Germania

Il re thailandese Maha Vajiralongkorn è un personaggio alquanto controverso: le notizie di gravi violazioni dei diritti civili che avrebbe commesso nel Marzo 2020 (diversi maltrattamenti sulla servitù e sulle donne del suo harem) in un albergo in Germania, subito dopo aver istituito un rigidissimo lockdown nella sua terra natale, sono soltanto la punta dell’iceberg. La sua vita amorosa caotica e la sua ossessione per i barboncini (uno di questi è stato addirittura nominato capo dell’aviazione) sono due tra le tante motivazioni che hanno portato il re a non riscuotere rispetto incondizionato da parte dei sudditi.

Maha Vajiralongkorn, re della Thailandia, conosciuto anche come Rama X
Maha Vajiralongkorn, re della Thailandia, conosciuto anche come Rama X

Lunedì 8 novembre, Vajiralongkorn, conosciuto anche con il nome Rama X, è volato nuovamente in suolo bavarese, in quello che si ritiene sia il suo primo viaggio all’estero da quando le proteste in Thailandia a favore della democrazia si sono intensificate lo scorso anno. Il suo precedente soggiorno prolungato in Baviera è diventato una questione diplomatica in Germania, quando il ministro degli esteri, Heiko Maas, ha avvertito che gli affari esteri di stato non devono essere condotti dal suolo tedesco. Il ministro è stato poi rassicurato che gli affari di stato sarebbero stati gestiti esclusivamente da Prayut in terra thailandese, mentre il re si trovava in Germania per affari privati.

La sentenza del mercoledì


Mercoledì 10 novembre, due giorni dopo l’arrivo del re in terra tedesca, la coincidenza ha voluto che la Corte costituzionale thailandese abbia stabilito che le richieste degli attivisti per la riforma della monarchia equivalgono a un tentativo di rovesciarla. Le loro richieste erano un abuso dei diritti e delle libertà e hanno danneggiato la sicurezza dello Stato, ha affermato la Corte, estendendo i presupposti per aprire la strada ad accuse di tradimento per i leader delle proteste in Thailandia. Ironia della sorte, la sentenza è arrivata lo stesso giorno in cui la situazione dei diritti umani in Thailandia – paese che non ha intenzione di rispettare gli standard internazionali in termini di libertà di parola – era in fase di revisione presso il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, a Ginevra.


Il dissenso online: l’hackeraggio del sito web della Corte e la rabbia social

Già da tempo, i manifestanti in Thailandia criticano il re per i suoi lunghi viaggi all’estero, e hanno chiesto cambiamenti per frenare i suoi poteri e la sua ricchezza. Ora sostengono che la “vacanza” bavarese di Rama X sia in qualche modo legata alla sentenza del mercoledì. In seguito, secondo i media locali, il sito web della Corte è stato violato e sostituito con il video musicale di “Guillotine”, brano del gruppo hip-hop Death Grips. Il testo è stato modificato in “kangaroo court”.

Nello stesso giorno, una valanga di hashtag, tweet e altri sfoghi hanno invaso i social media; più di 200.000 thailandesi hanno firmato di recente una petizione per abolire la legge sulla lesa maestà del Codice penale thailandese, nota anche come “Articolo 112”. Gruppi di studenti di 23 università hanno poi rilasciato una dichiarazione congiunta che respinge la sentenza, mentre alcuni cartelli – per i quali quattro persone sono state arrestate – attaccati alle porte di vetro della boutique di moda della principessa Sirivannavari Nariratana Rajakanya, figlia del re, recitavano: “Riforma non è uguale a rovesciare” e “Abolire il 112”.

Gli scontri e la violenza: le proteste a Bangkok del 14 Novembre

Sfidando il divieto di assembramento di domenica, il 14 novembre centinaia di manifestanti si sono riuniti nel principale quartiere dello shopping di Bangkok per inveire contro la decisione, con in mano cartelli che recitavano il dissenso contro una monarchia assoluta. Hanno poi marciato verso l’ambasciata tedesca – un commento sui frequenti soggiorni del re nel paese europeo -, inviando una lettera che esprime preoccupazioni per un ritorno all’assolutismo.

Manifestanti thailandesi nella capitale chiedono l'abolizione della legge sulla lesa maestà, nota anche come Articolo 112
Manifestanti thailandesi nella capitale chiedono l’abolizione della legge sulla lesa maestà, nota anche come Articolo 112


Secondo quanto riferito dai giornali locali, nella stessa giornata la polizia si è scontrata con alcuni attivisti, sparando proiettili di gomma. Un partecipante alla protesta, ferito, è stato tempestivamente trasportato d’urgenza in ambulanza. Il centro di emergenza di Erawan della città ha dichiarato che almeno altre due persone sono rimaste ferite. Non sono stati forniti dettagli sulle loro condizioni. I social media thailandesi, inoltre, con numerosi video di brutalità della polizia, ci dimostrano che non si tratta di un caso isolato.

Le proteste del 14 Novembre a Bangkok che hanno coinvolto persone di tutto lo spettro politico, dai sostenitori della democrazia liberale agli anarchici militanti.

È proprio come l’acqua bollente, il coperchio può staccarsi in qualsiasi momento

Cosa succede adesso? La storia thailandese ha dimostrato che quando il potere sente di perdere la presa – quando non può usare i tribunali, le leggi o i media per controllare le persone -, ricorre ad arresti, persecuzioni e violenze. É accaduto anche 45 anni fa, in quello che viene ricordato come “massacro dell’Università Thammasat”. Allora, decine di studenti vennero uccisi dopo che le truppe avevano aperto il fuoco su una manifestazione universitaria. Un evento che è ampiamente considerato come uno dei più bui nella storia del paese.

Oggi, le proteste sono diventate la più grande sfida degli ultimi decenni a una monarchia costituzionalmente sancita per controllare, manipolare la popolazione ed essere tenuta in adorazione. Come ogni rivolta, è destinata ad avere ripercussioni tragiche e spaventose, che sfoceranno in forme di violenza e violazioni dei diritti umani di ogni tipo.

Secondo i registri compilati dal gruppo Thai Lawyers for Human Rights, 157 persone, di cui 12 minorenni, sono state accusate di lesa maestà. La condanna comporta una pena massima di 15 anni. A ben 24 manifestanti è stata negata la libertà su cauzione, e rimangono in custodia cautelare per le loro attività politiche. Pavin Chachavalpongpun, uno studioso ed esiliato politico thailandese, noto oppositore della politica del suo paese, sostiene che la situazione potrebbe rovesciarsi da un momento all’altro, e che non è troppo azzardato dire che persino la pena di morte potrebbe essere comminata. “È proprio come l’acqua bollente: il coperchio può staccarsi in qualsiasi momento”, ha detto Pavin.

Pasquale Ambrosino

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