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Le paure e le preoccupazioni dei familiari di Patrick Zaki e di chi è vicino a lui non si fermano solo al quando e al dove verrà trasferito, ma alla possibilità che nel primo periodo di reclusione nella nuova prigione non possa ricevere visite. Solo e abbandonato. Ancora una volta.
La scorsa settimana, gli attivisti vicini a Patrick Zaki e la sua famiglia hanno annunciato che sarà trasferito in un’altra prigione. Nessuno sa quale sia la prigione, né se sia migliore o peggiore del luogo dov’è rimasto fino ad oggi: la prigione di Tora. “Non sarà trasferito nel nuovo plesso di Wadi El Natroun perché la struttura non è destinata ai detenuti politici”, ha dichiarato la sorella Marise. Il suo stato di salute è preoccupante: Zaki dorme per terra, quindi ha la schiena sempre dolorante, e queste incertezze lo stanno portando a uno stato depressivo pericoloso.
Pochi passi avanti
Il prossimo febbraio saranno ormai due anni. Due lunghi anni fatti di promesse, dichiarazioni, falsità… ma soprattutto due anni di stallo. L’immobilità dello stato italiano, dietro a dichiarazioni e azioni di facciata come la cittadinanza, continua ad essere un grande problema. Sulla cittadinanza italiana si è molto dibattuto, nei mesi scorsi, quando è passata al Senato e alla Camera; si è chiesto al governo di impegnarsi per il rilascio e nel seguire gli sviluppi e le condizioni di detenzione del prigioniero. Il processo, intanto, è stato rinviato ai primi di dicembre.
Nel frattempo, cerchiamo di capire meglio la struttura che ha ospitato Patrick Zaki fino ad ora: il carcere di Tora.
Il carcere di Tora fuori…
Situato a sud del Cairo e realizzato nel 1908, nel corso della sua storia penitenziaria Tora ha subito numerosi interventi strutturali, volti ad ampliare e a rendere sempre più sicuro il carcere. Queste modifiche sono passate di mano in mano ai tantissimi presidenti egiziani che si sono succeduti, con lo scopo di creare una prigione che corrispondesse alle esigenze dei capi di stato. Uno dei problemi principali del carcere è quello dello spazio: non potendo più espandere l’area del penitenziario, Tora ha iniziato ad amplificarsi verso l’alto. Mura alte dieci metri circondano questo immenso penitenziario, dove a ogni blocco corrisponde una sezione del carcere: Tora Liman, Tora Istiqbal, Tora el-Makhoum e Tora Supermax. Quest’ultima sede di prigionieri “ospita” attivisti per i diritti umani, giornalisti e avvocati, ed è qui che era rinchiuso Patrick Zaki.
…e dentro
La nomea del carcere di Tora è quella una prigione dove le condizioni di vita dei prigionieri sono messe a dura prova ogni giorno, in ogni momento della giornata. Le brande sono spesso senza materasso; il bagno delle celle dispone di una lampadina gestita unicamente dalla sala di controllo della prigione. Come se non bastasse, le condizioni igienico-sanitarie e il freddo nelle stagioni invernali lasciano spazio all’immaginazione per capire come Patrick sia sopravvissuto tutti questi mesi dentro quelle mura.
Una testimonianza sulle condizioni arriva direttamente da Alisdare Hickson, fotografo che nel 2012 ha passato quasi due mesi dentro il carcere con l’accusa di aver lanciato sassi durante delle proteste politiche. Le sue parole danno l’idea di quello che è stato vivere lì dentro anche solo per 54 giorni: “Un incubo, ero in mezzo a 16 o 20 persone, chiusi dentro 24 ore su 24 ogni giorno”, dichiarò in un’intervista televisiva alla CBC.
Parla della sua esperienza sempre in termini di sopravvivenza, sottolineando come gli stranieri ricevessero un trattamento diverso e più contenuto rispetto agli egiziani. “Gli altri subivano punizioni peggiori, come le scariche elettriche”. Gli egiziani – come riportato in un’altra intervista al “The Sun” – sono trattati peggio degli animali. Tra l’altro, Hickson dice che in inverno fa sì un freddo terribile, ma a Gennaio le temperature possono scendere fino a 3°C.
Alla luce di tutto questo, le preoccupazioni in merito al rilascio di Zaki si sovrappongono a quelle relative al suo stato di salute. Il trasferimento in un carcere uguale o addirittura peggiore è una possibilità concreta – sottolineano gli stessi familiari dello studente universitario. Ma, considerando cos’è Tora, le previsioni non sono rosee.
Andrea Cicalò
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