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Breve storia del muro fra Stati Uniti e Messico

3 ' di lettura

Fra il 1846 e il 1848, gli Stati Uniti e il Messico combatterono una guerra per il controllo del Texas. I coloni anglofoni del futuro stato americano rifiutavano di essere cittadini messicani e di non poter praticare la schiavitù – vietata in Messico da circa vent’anni –, mentre i messicani costruirono dei fortini per impedire l’entrata degli americani. Le diatribe lungo il confine erano solo all’inizio.

Breve storia del muro

La costruzione della prima barriera fisica fra Stati Uniti e Messico risale agli anni ‘90, quando George Bush inaugurò i primi 23 chilometri fra San Diego e Tijuana. Nel 1994, poi, Bill Clinton ampliò il muro aggiungendoci la presenza fissa di poliziotti che dovevano controllare gli accessi e impedire quelli non autorizzati. La stessa cosa fu fatta da Bush figlio e Obama. La divisione si chiama ufficialmente “barriera di separazione tra Stati Uniti d’America e Messico”, ma la maggior parte delle persone la conosce come “muro di Tijuana”. Al momento, il muro ha superato i limiti urbani di Tijuana e San Diego, e la sua lunghezza totale è di circa 930 chilometri – il confine fra Stati Uniti e Messico è 3.145 chilometri. Poco più della metà dell’attuale barriera è composta da una semplicissima recinzione alta cinque metri. Il resto è una costruzione più bassa che deve impedire soltanto il passaggio degli autoveicoli. Il lato americano è presidiato da circa 20mila Border Patrol, cioè i poliziotti di frontiera.

Perché un muro fra Stati Uniti e Messico?

San Diego e Tijuna sono una il prosieguo dell’altra, senza soluzione di continuità, quindi prima di Bush padre i messicani e gli americani potevano guidare nell’altro Stato senza problemi. Di fatto, i controlli erano inesistenti. Il “muro di Tijuana” però, non doveva servire per impedire l’accesso – era così basso che poteva essere scavalcato da chiunque –, ma semplicemente costringere chi voleva passare ad aggirarlo, allungando il viaggio fuori dal centro urbano. L’obbiettivo principale era fermare i narcotrafficanti e gli affaristi illegali, ma l’inventiva di questi era così elevata che ben presto il muro divenne inefficiente – finché non arrivò Clinton.

La barriera fra San Diego e Tijuana piacque così tanto che i texani ne eressero una simile a El Paso, mentre in Arizona fu costruita a Nogales. Entrambe erano lunghe pochi chilometri e non oltrepassavano di molto i confini cittadini. Ancora una volta lo scopo era semplicemente quello di costringere i messicani ad aggirarle, passando per il deserto e altri percorsi impervi. Molti finiscono nelle mani dei cosiddetti “coyotes”, cioè i trafficanti di immigrati clandestini che vengono pagati per garantire “protezione” e accesso. Le cose però, non sono mai andate come speravano le autorità americane. Il motivo principale è che molti messicani raggiungono l’America legalmente, con permessi di soggiorno che poi lasciano scadere, diventando di fatto “clandestini” quando sono già negli Stati Uniti.

Il muro di Trump

Durante la campagna elettorale, Trump promise: a), di costruire un muro di cemento lungo 1600 chilometri e alto 16 metri; b), di far coprire le spese di 30 miliardi al Messico. Fallì in entrambe le cose. Ma perché proprio 1600 chilometri? Perché 1100 esistevano già, mentre i rimanenti 400 chilometri di confine sono costituti da montagne o corsi d’acqua, quindi ostacoli per loro natura impossibili da superare. Ad ogni modo, a gennaio 2021 erano stati costruiti “solo” 727 km, e la maggior parte di questi altro non erano che rinforzi alle barriere di Bush, di Clinton e di Obama. Ex-novo, Trump arrivò a costruire solo poche decine di chilometri.

Il 25 gennaio 2017, pochi giorni dopo aver giurato come presidente, Trump firmò l’ordine esecutivo 13767 con cui diede il via libera alle idee per costruire un muro usando i fondi federali. Il Congresso, però, rifiutò di pagare i circa 6 miliardi richiesti, e il governo si bloccò per quasi due mesi. Trump ne uscì dichiarando lo stato d’emergenza, ma il Congresso lo invertì. Il presidente, allora, usò per la prima volta il diritto di veto, e contro-contro-invertì la decisione del Congresso.

Trump in visita al muro

I lavori poterono finalmente cominciare. Nel 2020, però, Steve Bannon fu accusato di appropriazione indebita per aver usato i dollari raccolti come finanziamento al muro in spese personali. La pandemia e la sconfitta di Trump poi, diedero il colpo di grazia al progetto, mentre Biden ha detto che bloccherà la costruzione del muro senza distruggere i pochi chilometri già costruiti.

Il muro serve davvero?

Come detto, attraversare il confine non è semplice. A parte i “coyotes”, il viaggio è fatto di privazioni e pericoli; molti immigrati partono e non arrivano, sparendo chissà dove; le popolazioni che vivono sulla frontiera non sono felici del clima teso che permea l’aria. Secondo alcuni esperti, potenziare il muro è inutile: chi vuole passare un modo lo trova – i trafficanti, per esempio, scavano tunnel sotterranei –, mentre i messicani che entrano regolarmente e poi lasciano scadere i permessi sono irrintracciabili (le aziende americane non sono obbligate a controllare i loro permessi di soggiorno). Inoltre, i messicani in America – illegali o non – comprano e usano prodotti americani, muovendo un’economia che si azzererebbe se il muro fosse infallibile.

Screenshot da Google Maps che mostra il muro fra Messico e USA

La questione ambientale infine, non è trascurabile. Il muro ha portato all’isolamento di popolazioni di animali rari come il giaguaro, l’ocelot e il gufo pigmeo, e ha reso più forti le alluvioni fungendo da diga e impedendo il deflusso dell’acqua. Trump, ovviamente, non tenne in considerazione nessuna di queste cose. Qual è allora la soluzione? Chiudere del tutto le frontiere? Impossibile. Gestire il flusso? Difficile e ambientalmente complesso, ma forse è un primo passo.

Alessandro Mambelli

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