Press "Enter" to skip to content

Premio Strega: come funziona e i finalisti 2021

5 ' di lettura

Il Premio Strega è il più importante e prestigioso riconoscimento letterario italiano. Oltre al suo indiscusso valore culturale – il vincitore diventa parte di una prestigiosa élite letteraria composta anche da autori canonici della nostra letteratura –, la sua rilevanza è dovuta soprattutto ai suoi ottimi risvolti economici: si stima, infatti, che il libro vincitore dello Strega aumenti di cinque volte le proprie vendite in seguito alla vittoria.

L’edizione di quest’anno, la 75esima della storia del premio, ha visto la candidatura di ben 62 titoli. Tra questi sono stati poi selezionati i dodici effettivamente in gara e la prima votazione, tenutasi lo scorso 10 giugno, ha decretato la cosiddetta «cinquina» dei finalisti, composta da:

Andrea Bajani, «Il libro delle case» (Feltrinelli)

Edith Bruck, «Il pane perduto» (La Nave di Teseo)

Giulia Caminito, «L’acqua del lago non è mai dolce» (Bompiani)

Donatella Di Pietrantonio, «Borgo sud» (Einaudi)

Emanuele Trevi, «Due vite» (Neri Pozza)

Il vincitore, che riceverà anche un premio in denaro di 5mila euro, verrà proclamato il prossimo 8 luglio al Museo Nazionale di Villa Giulia (Roma) in una cerimonia che sarà trasmessa in diretta su RaiPlay.

Le origini del premio

Il Premio Strega ha una storia molto affascinante che, per restare in tema, potrebbe tranquillamente essere uscita dalla penna di uno scrittore. Nato ufficialmente nel 1947, il premio affonda le sue radici nei momenti più bui dell’occupazione nazifascista: era la primavera del ’44, e la scrittrice Maria Bellonci iniziò a riunire, assieme al marito Goffredo, giornalisti, scrittori, artisti e letterati nella loro casa romana. L’obiettivo era creare un piccolo salotto letterario «per far fronte alla disperazione e alla dispersione» purtroppo tipiche di quegli anni. Il progetto piacque così tanto agli intellettuali coinvolti che, anche a guerra conclusa, continuarono a riunirsi in quello che ancora oggi è il gruppo degli «amici della domenica» (dal giorno in cui si tenevano i loro incontri).

L’idea di un premio letterario fu invece successiva, ma si concretizzò in breve tempo. Nel 1947, durante una cena, Goffredo Bellonci parlò del progetto a Guido Alberti, giovane imprenditore di Benevento che, colpito dalla proposta, convinse la sua famiglia a finanziarlo. La sua famiglia era nientemeno che la storica produttrice del Liquore Strega, che da allora dà il suo nome al premio. Proprio in onore del legame con la città di Benevento quest’anno, difronte all’impossibilità di garantire il rispetto delle norme anti Covid-19 nella tradizionale cornice di Casa Bellonci, la serata dell’annuncio della cinquina si è svolta al Teatro Romano di Benevento.

Come si assegna lo Strega

Salvo alcuni piccoli aggiustamenti sia sul fronte delle candidature che delle votazioni, oggi lo Strega funziona grossomodo come alla sua nascita. Il regolamento prevede che il premio sia assegnato a un libro di narrativa (romanzo o raccolta di racconti) edito in lingua italiana tra il primo marzo dell’anno precedente e l’ultimo giorno di febbraio dell’anno in corso. I titoli candidati vengono proposti dagli «Amici della domenica» – oggi 400 fra scrittori, giornalisti, studiosi e artisti di vario genere – e poi esaminati dal Comitato direttivo del premio che, tra questi, seleziona i dodici che partecipano effettivamente alla gara. Dal 2018 è inoltre prevista la possibilità per il Comitato direttivo di inserire, a propria discrezione, anche altri titoli nella dozzina. Dallo Strega sono però temporaneamente esclusi i vincitori delle edizioni precedenti, che devono attendere almeno tre anni dalla loro vittoria per poter essere riammessi al concorso.

Tuttavia, sebbene i titoli in gara siano scelti autonomamente dagli «Amici della domenica», è risaputo che le grandi case editrici abbiano una certa capacità di influenzare lo svolgimento della competizione. Del resto la loro vicinanza, sia professionale che personale, ai membri della giuria è ben nota a tutti. Per questo motivo, negli ultimi anni gli organizzatori hanno stabilito che tra i finalisti debba esserci sempre almeno un libro di un editore medio-piccolo. Qualora ciò non avvenga sulla base delle votazioni, viene automaticamente aggiunto alla cinquina il più votato tra i libri candidati dei piccoli editori – che è esattamente quanto accaduto l’anno scorso con il successivo inserimento di «Febbre» di Jonathan Bazzi (Fandango) tra i finalisti 2020.

Per quanto riguarda il meccanismo di voto, invece, il regolamento prevede che a decretare il vincitore sia, con voto anonimo, una giuria di 660 membri: ai 400 «Amici della domenica» si aggiungono i voti di 240 fra studiosi, traduttori e intellettuali selezionati da 30 Istituti italiani di cultura all’estero e 20 tra voti di «lettori forti» individuati dalle librerie indipendenti di tutta Italia e voti collettivi espressi da scuole, università e gruppi di lettura (tra cui spiccano i circoli delle Biblioteche di Roma). La votazione è prevista in due tempi: al primo turno gli aventi diritto possono esprimere un massimo di tre preferenze sui dodici libri in gara, decretando così la cinquina finale; alla seconda votazione, invece, i membri della giuria possono votare uno solo dei titoli finalisti. In caso di parità il premio viene assegnato «ex aequo».

Alla prima votazione di quest’anno hanno preso parte 600 degli aventi diritto che, con 256 preferenze, hanno momentaneamente incoronato come vincitore Emanuele Trevi. Nulla però è ancora certo perché bisogna attendere la seconda votazione che, come ormai sappiamo bene, potrebbe confermare o ribaltare il risultato.

Di cosa parlano i libri della cinquina

«Il libro delle case» di Andrea Bajani racconta le vicende di Io, un uomo di cui conosciamo la storia  attraverso la descrizione delle case in cui ha vissuto. Il romanzo ruota attorno alla convinzione che ciò che siamo lo dobbiamo anche, se non soprattutto, ai luoghi che abbiamo abitato. Parafrasando Goethe, potremmo dire che l’idea di fondo del libro è «dimmi dove vivi e ti dirò chi sei».

«Il pane perduto» di Edith Bruck è invece un libro autobiografico in cui l’autrice, di origini ungheresi, ripercorre a ritroso la sua vita: racconta di quando, appena 13enne, venne deportata nei campi di concentramento nazisti e, soprattutto, del lungo pellegrinaggio che ha dovuto compiere una volta liberata per trovare di nuovo un posto che potesse chiamare «casa». «Il pane perduto» è inoltre già stato incoronato vincitore del Premio Strega Giovani di quest’anno: con 65 preferenze su 416 espresse, è stato il libro più votato da un giuria di ragazzi tra i sedici e i diciotto anni provenienti da oltre 60 istituti superiori italiani ed esteri.

«L’acqua del lago non è mai dolce» di Giulia Caminito è invece un romanzo sulle vicissitudini di una famiglia con grandi difficoltà economiche e abitative. La storia è ambientata tra Roma e il Lago di Bracciano tra la fine degli anni ’80 e i primi anni Duemila, e segue le vicende di Gaia, una ragazza che vive con frustrazione e rabbia la sua adolescenza perché la sua condizione economica le impedisce di avere e fare le stesse cose dei suoi coetanei più facoltosi.

«Borgo sud» di Donatella Di Pietrantonio racconta invece la storia di due sorelle cresciute in una famiglia segnata da una «deprivazione affettiva importante». Questo segna in modo indelebile la loro vita, portandole a rifugiarsi con poca convinzione in matrimoni difficili, scelti più per colmare dei bisogni insoddisfatti che per un reale desiderio amoroso.

Infine, «Due vite» di Emanuele Trevi è il racconto, appunto, di due vite: quelle di Pia Pera e Rocco Carbone, due scrittori e cari amici dell’autore purtroppo scomparsi prematuramente. All’interno del libro la loro storia si intreccia con quella di Trevi e delle loro opere, che per Trevi meritano di essere ricordate al pari dei loro autori.

Si tratta dunque di una cinquina piuttosto eterogenea, sia nei generi che nei temi trattati. Proprio su quest’ultimo aspetto è anche possibile intravedere un certo riflesso dell’anno appena trascorso: tra i titoli finalisti ci sono infatti opere che parlano di casa, un ambiente in cui il Covid ci ha costretto a passare decisamente più tempo di quanto avremmo voluto, e di rapporti familiari, ovvero quelli che, volenti o nolenti, abbiamo vissuto maggiormente nell’ultimo periodo. Fino a che punto sia stata una scelta consapevole dei giurati è difficile dirlo, ma è indubbio che anche su questo la pandemia abbia avuto un ruolo.

Da sinistra a destra: Emanuele Trevi, Edith Bruck, Donatella Di Pietrantonio, Giulia Caminito, Andrea Bajani

Le reazioni difronte ai titoli finalisti

Come spesso accade con lo Strega, l’annuncio dei finalisti ha suscitato un certo stupore. In particolare, ha sorpreso un po’ tutti l’esclusione dalla cinquina di Teresa Ciabatti – e con lei dell’editore Mondadori –, che con il suo «Sembrava bellezza» era stata a lungo considerata la super favorita alla vittoria finale. E non sono mancate nemmeno alcune polemiche difronte alla presenza tra i finalisti di Bajani e Caminito, contestata non per il valore letterario delle loro opere, ma per il fatto di essere state entrambe già incluse anche tra i finalisti del Premio Campiello. Non c’è nessuna regola che impedisca la candidatura – e la vittoria – di uno stesso titolo a più concorsi letterari, ma è innegabile che questo tipo di situazioni tendano a creare un’omologazione tra premi che rischia di nuocere alla stessa letteratura.

In ogni caso, la giuria ha fatto le sue scelte, e nei prossimi giorni sarà chiamata a prenderne altre. L’appuntamento è dunque per l’8 luglio, quando scopriremo il vincitore del Premio Strega 2021.

Giulia Battista

Be First to Comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Mission News Theme by Compete Themes.