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Fare informazione oggi: ne parliamo con il Sen. Giuseppe Moles

6 ' di lettura

Quando è venuto il momento della formazione del Governo Draghi, tutti noi abbiamo seguito con attenzione e interesse il “cambio epocale” che si prospettava. Dopo un bienno di Conte, che ci aveva traghettato suo malgrado durante una delle stagioni più difficili del pianeta intero, con la pandemia da Covid-19 arrivata nelle nostre case come un ospite sgradito ma intenzionato a rimanere, l’esecutivo di Mario Draghi sembrava essere la panacea di ogni male, il cerotto in grado di riparare le ferite e spedirci dritti verso il Recovery Fund che solo negli ultimi giorni è stato discusso e approvato. Ad ogni modo, quel che è balzato ai nostri occhi, è stata la nomina di Giuseppe Moles come sottosegretario al Dipartimento per l’informazione e l’editoria del Governo Draghi. Lucano, uomo del Sud come la maggior parte dei componenti di questo sito, non abbiamo esitato a chiedergli un colloquio, un breve botta e risposta su alcuni temi inerenti al suo mandato e alla nostra – si spera – futura professione.

Quali sono le politiche per il sostegno editoriale che il governo Draghi ha intenzione di perseguire?

Quando ho accettato l’incarico di Sottosegretario all’Editoria mi sono ripromesso di tutelare l’intero settore che sta attraversando una crisi profonda che si protrae da anni, crisi esasperata dall’emergenza sanitaria, sociale ed economica in corso. Devo dire di essere molto soddisfatto per l’attenzione che tutto il Governo sta riservando a questo tema che del resto è di fondamentale importanza sia perché l’informazione è un diritto prioritario dei cittadini sia perché dietro ogni realtà editoriale ci sono migliaia e migliaia di posti di lavoro. Anche in altre recenti interviste, ho ribadito quanto detto durante l’audizione in Commissione Cultura della Camera dei Deputati, e cioè che nessuno deve essere lasciato indietro, che non mi limiterò a sostenere il settore editoriale nell’immediato, ma che è mia intenzione accompagnarlo, per quanto possibile, anche nel delicato processo di trasformazione.

Ma è stato proprio qui che è scaturita una riflessione su quanto stiamo facendo. Parliamoci chiaro: qui nessuno sogna la targhetta “press” che venga fuori dalla fascia del cappello fedora. Qui nessuno sogna di rincorrere un’auto con dentro un politico brandendo penna e bloc-notes e urlando “Mi scusi, una domanda”. Niente di tutto ciò. Iscrivendosi ad una facoltà di giornalismo, era ben noto che ci si stava infilando in un roveto dove le spine sarebbero state molte più delle rose, si aveva contezza della trasformazione della professione e del fatto che il giornalismo moderno, più che un mestiere, sia un’attitudine: un modo di interpretare la vita. Bisogna stare sempre sul pezzo, non essere mai soddisfatti e tendere sempre a migliorare, per sé stessi e per chi ci dà la possibilità di mettere quattro righe nero su bianco, apponendo il nostro nome e cognome alla fine.

Quel che forse non ci si aspettava di trovare, era un mondo completamente ripiegato su sé stesso e su alcuni cliché totemici, avvinghiato alla protezione di status che vengono esibiti quasi fossero titoli nobiliari ed orientato a sfavorire l’ingresso nella cerchia canonica di volti e voci nuove. In parole povere, vuoi fare il giornalista nel 2021? Scordati le redazioni classiche, è più facile passare per la famosa cruna dell’ago che trovare un contratto sulla carta stampata, decente o indecente che sia. 

E se il giornalista di Atene piange, il contesto generale dell’informazione di Sparta di certo non ride. Soffocata dalle fake news e dalla pressoché totale assenza di controlli da parte di un Ordine che sembra un novello Endimione sprofondato in un sonno eterno, l’informazione italiana talvolta cammina per inerzia, talaltra resta ferma al palo e si fa “camminare addosso”, perdendo totalmente la sua funzione di gatekeeper e facendosi dettare l’agenda dai social e dalle “notizie che hanno commosso il web”, relegando così i giornalisti a poco più che paparazzi, con conseguente perdita di credibilità della professione e dei professionisti.

Da questi mali è affetta l’editoria in senso generale, che viaggia lenta in corsia centrale e viene sorpassata a destra e sinistra da quello che doveva essere un alleato ed invece è diventato la sua nemesi: internet. L’editoria italiana sembra restare ancorata alla forma cartacea e non essere in grado di evolversi in senso digitale, cedendo sistematicamente il passo alle nuove forze che, spingendo dal basso, pulsano vitali e che prendono il sopravvento: sono soprattutto realtà che partono in modo amatoriale, e con ambizione, talento e una buona dose di fortuna, vanno a prendersi il posto che viene loro negato dai media tradizionali. Che è esattamente quello che cerchiamo di fare su questo sito. Anche nelle scuole, si è sostituito il tradizionale quotidiano a forme più “smart” di informazione, come Instagram, un certo visual journalism di dubbia qualità e, soprattutto, ancora la televisione.

Parliamo di sostegno diretto, cioè di contributi alla stampa. I giornali cartacei sono ancora necessari? È necessario produrre ancora ogni giorno così tanta carta inchiostrata quando ormai l’informazione viaggia soprattutto online?

Sono legato alla carta stampata da un amore profondo, sfogliare un quotidiano è un piacere al quale non vorrei mai rinunciare ma sono consapevole che oggi in tanti utilizzano principalmente computer e cellulari per tenersi informati. Una cosa non deve comunque escludere l’altra perché ogni cittadino deve avere la possibilità di leggere ed approfondire le notizie nel modo che ritiene più opportuno, e quindi anche sul cartaceo. Dobbiamo tenere ben presente che esiste una parte di popolazione che ancora non ha la necessaria confidenza con le nuove tecnologie, e di questo non possiamo non tenerne conto.

I contributi erogati dal Dipartimento, in base a quali criteri vengono calcolati?

I criteri in base ai quali vengono erogati i contributi sono quelli stabiliti dalla normativa vigente. Questi sono previsti – cito solo alcuni esempi – per la stampa periodica diffusa all’estero, per l’editoria speciale periodica a tutela dei consumatori, per l’editoria per non vedenti e ipovedenti, per imprese che abbiano svolto attività di interesse generale.

Un posto in cui l’informazione è pressoché latitante è la scuola dell’obbligo. Non sarebbe il caso di incentivare gli abbonamenti ai quotidiani nelle scuole per formare i futuri cittadini?

Una delle mie prime iniziative da Sottosegretario all’Editoria è stata quella di prorogare, fino al 30 aprile di quest’anno, i termini per presentare la documentazione prevista per i contributi in favore delle scuole statali e paritarie per gli abbonamenti a quotidiani e periodici, per far sì che i ragazzi si abituino a leggere e ad informarsi; si tratta di un contributo concreto ed importante. Ho voluto ricordare quanto fatto solo per evidenziare che su questo tema c’è da parte mia la massima attenzione; ritengo prioritario che i giovani abbiano familiarità con la lettura di quotidiani e periodici fin dalla scuola perché sono, questi, strumenti fondamentali per una corretta formazione delle nuove generazioni.

Se c’è un ambito in cui nulla si può rimproverare al giornalismo e all’editoria italiana, è sicuramente quello della parità di genere: è infatti pressoché impossibile trovare spazi indipendentemente dal fatto che si sia uomo o donna, anzi forse se sei donna e pure esteticamente accettabile magari un posto lo si trova, possibilmente in un programma calcistico ma solo al cospetto di quattro o cinque uomini over-50 che fungono da veri “esperti” del settore, mentre le donne sono rilegate a mero contorno libidinoso, rigorosamente con abiti succinti.

Per la prima volta in 144 anni di storia, il Washington Post ha una direttrice donna. Si tratta di Sally Buzbee, giornalista cinquantacinquenne. Che posto occupano le donne nel panorama editoriale italiano?

Non mi appassiona la classificazione uomo-donna in ambito lavorativo o politico. Non ne farei una questione principale e non credo che nel settore dell’editoria vengano fatte distinzioni in base al sesso, né che vi sia una preclusione verso l’universo femminile. In Italia abbiamo direttrici di testate di prim’ordine, di importanti agenzie di stampa, abbiamo autorevoli dirigenti donne in Rai. Il mio auspicio è, comunque, che le figure professionali, in ogni campo, possano fare ciò che desiderano solo in base all’esperienza, alla competenza ed al merito, al netto dell’appartenenza di genere.

Ad ogni modo la questione principale non verte più tanto sul come fare giornalismo, bensì su cosa fare, stante un tasso di analfabetismo funzionale superiore alla media europea. Mettetevi nei nostri panni: ci è stato sempre insegnato che un articolo funziona se riusciamo a spiegare concetti difficili a “mia nonna”, inteso come persona dalle facoltà intellettuali limitate. Tuttavia, ora il contesto è mutato, e non solo devo spiegare la crisi israelo-palestinese a mia nonna, ma devo farlo a testa in giù con mia nonna che fa i peperoni al forno e di certo non può darmi retta.

Sally Buzbee, nominata direttrice del Washington Post
Secondo le statistiche dell’Indagine Piaac – Ocse (2019) è analfabeta funzionale in Italia il 28% della popolazione tra i 16 e i 65 anni (dato tra i più alti in Europa). Sono cifre che incidono anche sul mercato del libro: quali strategie verranno attuate per smussare quei numeri?

L’analfabetismo funzionale è un fenomeno molto grave ed assai complesso che va analizzato da diverse angolazioni; coinvolge diversi ambiti, diverse discipline, interessa le Istituzioni, la scuola, e chiama in causa il grande tema della formazione. È inevitabile che percentuali del genere abbiano ricadute negative sul mercato del libro. Al di là del discorso più strettamente legato alle vendite dei testi, il problema è che tutto ciò rischia di rimanere sottotraccia, e ciò può incidere sulla quotidianità, sulla vita reale. Siamo di fronte ad una realtà molto preoccupante ed il rischio è la predisposizione a credere a qualsiasi cosa, a partire dalle fake news che, come abbiamo potuto osservare anche durante la pandemia, possono causare notevoli danni.

Quindi fare informazione nel 2021 è sostanzialmente questo: barcamenarsi tra mille problemi e pensieri mentre fuori il mondo corre ad una velocità tale da diventare irraggiungibile. Raccontare la realtà, certo, ma se la realtà assume contorni sfumati ed impraticabili, allora all’informazione tocca la mansione di interpretarla. Secondo i contorni critici di cui abbiamo fatto esperienza nel tempo. Il pubblico, i like, le camere di risonanza e il successo arrivano dopo e restano in secondo piano: obiettivo primario rimane la libertà di chi racconta, e la capacità – secondo le proprie possibilità ed inclinazioni, così come statuito dall’art. 4 della nostra Costituzione – di contribuire al progresso materiale o spirituale della società. Accettiamo questa sfida, quella di raccontare senza troppi fronzoli e costruzioni, e voi, lettori di Salgoalsud, quella di leggere senza pregiudizi? E di maturare un’opinione senza farvi influenzare? Solo così il Paese potrà formare una nuova “classe” pensante, e tornare a essere pregnante nel consesso internazionale. Non è così che si diventa protagonisti del presente, e si hanno buone possibilità di esserlo anche del futuro?

Mario Mucedola

One Comment

  1. Cristina Di Pasquale Cristina Di Pasquale 4 Luglio, 2021

    Intervista interessante ed impegnativa su argomenti spinosi e purtroppo ignorati dalla stampa e dai social. Il Senatore Moles, raffinato e colto spirito liberale, è l’uomo giusto per un posto complesso. Ho piena fiducia in lui.

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