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La pornografia del dolore: quando il male crea piacere

2 ' di lettura

La pornografia solitamente, è associata a scene di sesso filmate oppure disegnate come i Graphè (documenti) delle Porne (prostitute) dell’antica Grecia ma l’associazione con il sostantivo “dolore” ne connota un significato ulteriore paradossale; il piacere di fronte a racconti di dolore, quasi una fascinazione. Ma chi racconta il dolore? Giornali, telegiornali e programmi tv che nella tragica notizia inseriscono particolari intimi aldilà del caso. Fotografie e dichiarazioni delle vittime invasive.

È deontologicamente corretto?

Dal 2021 l’attività giornalistica è regolata dal “Testo unico dei doveri del giornalista” che, armonizzando i precedenti documenti deontologici, ha il fine di «consentire una maggiore chiarezza di interpretazione e facilitare l’applicazione di tutte le norme, la cui inosservanza può determinare la responsabilità disciplinare dell’iscritto all’Ordine.» Nell’ articolo 8 “Cronaca Giudiziaria e processi in Tv ” si esprime così: « Il giornalista evita, nel riportare il contenuto di qualunque atto processuale o d’indagine, di citare persone il cui ruolo non sia essenziale per la comprensione dei fatti;» e nei programmi televisivi deve garantire «buona fede e continenza nella corretta ricostruzione degli avvenimenti».

La tv del dolore

L’Osservatorio di Pavia media research – attraverso un’attenta indagine presentata dall’Ordine dei giornalisti all’Autorità Garanti della Comunicazione, della Privacy e dell’Infanzia e adolescenza- ha verificato come in alcuni programmi tv ci sia un’eccessiva strumentalizzazione del dolore con un eccessivo patemico del racconto e una componente di narrazione empatica. Puntare sull’empatia è la più antica tecnica di persuasione, basti pensare al marketing, l’obiettivo più profondo è riuscire a far immedesimare il lettore o lo spettatore alla storia. La questione è se dovrebbe appartenere anche allo stile giornalistico, che ha il dovere dell’obiettività, al netto della varietà di modelli giornalistici. Dalla ricerca, che si concentra maggiormente sui programmi televisivi, emerge come tre ore al giorno vengono dedicate ai fatti di cronaca con relativi commenti o dibattiti in studio. Il 79% del tempo totale è dedicato in particolare agli omicidi e alle scomparse. Ai casi, riproposti continuamente, sono aggiunti dettagli su processi giudiziari. Questa è la TV del dolore, come viene definita dai ricercatori.

pornografia del dolore

Le criticità della televisione generalista

Sono stati esaminati i programmi sulle sette reti televisive nazionali generaliste Rai1, Rai2, Rai3, Rete 4, Canale 5, Italia 1 e La7. Analizzando le rappresentazioni delle vicende di cronaca nera/giudiziaria nei singoli programmi ” viene fuori un corpus di quasi trecento ore, sottoposto ad analisi qualitativa. È come se quotidianamente, ogni emittente trasmettesse un notiziario del dolore di mezz’ora. Perché tale è la durata media giornaliera della programmazione dedicata alla sofferenza, pari un telegiornale di durata “normale”.” Vengono elencate, in ordine decrescente, le trasmissioni dove per il 96% è presente quel tipo di contenuto: Pomeriggio Cinque, La Vita in diretta, Mattino Cinque, Quarto Grado, Chi l’ha visto?, Amore Criminale, I Fatti Vostri, Uno Mattina e Domenica Live.
Le aree di criticità individuate dall’Osservatorio vedono in primo luogo una raffigurazione strumentale del dolore manifestata in pianti, volti affranti, violenza, proseguendo in “forme inappropriate del racconto toni e semantiche inappropriate”. Interessante è il processo virtuale, come se fossimo in tribunale, dove sono discusse le perizie e la credibilità dei testimoni con la partecipazione di avvocati e criminologi da show. In sintesi, si è notata un’ ampia e costante attenzione per la cronaca nera dove le categorie più rappresentate sono quelle delle vittime e dei conoscenti delle famiglie coinvolte da qualche evento; sostanzialmente, “la presenza di criticità non appare correlata al particolare format della trasmissione”.

La pornografia del dolore è strategia?

L’insistenza su elementi dolorosi farebbe somigliare un articolo ad un romanzo di Aghata Cristie, usando l’informazione come buona tecnica per ascolti e vendita di maggior numero di copie. Una strategia che, silenziosamente, poggia su basi socio-psicologiche come sottolinea la sociologa Orian Binik nel suo libro “Quando il crimine è sublime. La fascinazione per la violenza nella società contemporanea”. Binik si chiede perché la società contemporanea è così affascinata dal crimine. “In parte – risponde – perché siamo diventati dei consumatori di sublime, un’emozione intensa e fortemente ambigua, oggi sempre più mercificata. Attraverso l’esperienza del sublime e il senso di spaesamento che l’accompagna, andiamo ossessivamente in cerca di attimi di intensificazione dell’esistenza”. L’antologia della cronaca nera italiana vede diversi esempi: il delitto di Cogne, il caso di Sarah, le immagini di morti in mare sono tutti eventi in cui il confine fra realtà e show è risultato alla fine molto labile. Eticamente scorretto e strategicamente corretto: questa è la fusione nella pornografia del dolore.

Giorgia Persico

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