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Breve storia della forchetta

3 ' di lettura

L’origine della forchetta è misteriosa, ma è abbastanza certo che le famiglie romane più ricche e nobili ne utilizzassero una a due rebbi per non scottarsi e non sporcarsi le mani. Si trattava di forchette più simili ai forchettoni che oggi si usano per fare il barbecue che alle forchette come le intendiamo noi. Con la caduta dell’Impero Romano, però, la forchetta sparì quasi nel nulla.

La forchetta nell’antichità

Il motivo della scomparsa di questo utensile risale al momento in cui l’Impero Romano fu spartito fra Arcadio e Onorio. Benché la divisione non fosse netta e decisa – formalmente l’Impero era ancora uno –, le differenti situazioni geografiche, politiche e sociali portarono a spaccature sempre maggiori. I popoli nordici avevano cominciato a migrare all’interno dell’Impero d’Occidente sin dal IV secolo; gli imperatori successivi a Onorio avevano causato declino e confusione –, finché la destituzione di Romolo Augustolo fece venir meno tutte le istituzioni che fino a quel momento avevano garantito un ordine sociale. In un contesto di guerra, degrado e crisi, un oggetto raffinato e nobile come la forchetta sparì dalle tavole – così come sparirono anche molte famiglie ricche. Ma continuò a prosperare a oriente insieme all’Impero Bizantino.

L’impero bizantino

La forchetta come strumento satanico

La forchetta ricomparve in Europa durante un’altra grave crisi – un’altra divisione –, e cioè il Grande Scisma. Nel 1003 o nel 1004, la giovane Maria Argyropoulaina – la principessa bizantina – andò in sposa a Giovanni Orseolo, il figlio del Doge di Venezia. Il matrimonio era un’unione politica: il Doge era Dux Dalmatiae su volere dell’imperatore perché aveva scacciato i pirati; i veneziani commerciavano con l’Oriente e avevano diverse simpatie alla corte bizantina.

La principessa Maria, siccome a corte era abituata a usarla, portò con sé la forchetta. Se i veneziani erano confusi e divertiti dalla bizzarria della diciassettenne bizantina, Pier Damiani – uomo di religione e poi santo – avviò invece una specie di crociata per bandire questo oggetto demoniaco che ricordava tanto il forcone del diavolo. Come già detto, all’epoca lo scisma fra le due chiese era nell’aria, e una principessa che veniva dall’altra parte brandendo una specie di diabolico forcone non era esattamente la cosa che Pier Damiani e quelli come lui si aspettavano di vedere. Quando una delle tante principesse bizantine trasferitesi a Venezia per matrimonio morì di peste, infatti, tutti lo presero come un segno divino.

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Pier Damiani, grande sostenitore della forchetta “diabolica”

La forchetta “borghese”

Il Liber de coquina – databile fra il 1285 e il 1309 – è il più antico ricettario di cucina occidentale finora pervenutoci. In questo libro – redatto alla corte Angioina – viene descritta l’utilità della forchetta per mangiare cibi che scottano; di conseguenza, dimostra che in Italia questo strumento era utilizzato largamente.

Fra il XIII e il XIV secolo, nei neonati comuni, passavano i commerci, si gestiva l’economia, si praticava la politica e nasceva la borghesia. I borghesi erano persone che si erano costruite da sole e che avevano bisogno di simboli che dimostrassero il loro successo e il loro nuovo prestigio. Mangiare cibi speziati, per esempio, significava potersi permettere le spezie che in Europa non esistevano e anche la forchetta usata dai nobili si rivelò un’ottima opzione.

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Ritratto di Caterina de’ Medici

La forchetta, essendo un simbolo per una classe sociale in ascesa e rivelandosi molto utile per mangiare la tipica pasta italiana, si diffuse in fretta in tutta la penisola. Nel dipinto di Botticelli Nastagio degli onesti, quarto episodio (1483), una forchetta compare sulla tavola imbandita. Considerando che il dipinto fu probabilmente il regalo di nozze di Lorenzo il Magnifico a Giannozzo Pucci, può essere plausibile che entrambe le famiglie conoscessero e usassero la forchetta abitualmente. Caterina de’ Medici, invece, portò con sé la forchetta quando si trasferì alla corte del marito Enrico II, ma secondo alcune cronache i francesi non avevano idea di come si usasse.

È probabile che questo utensile fosse diffuso solamente fra le corti, la borghesia e le osterie italiane perché solo in Italia c’erano cibi che non potevano essere mangiati altrimenti – o che con una forchetta erano più semplici da afferrare. D’altro canto, è possibile che nelle corti d’Europa questo strumento fosse conosciuto ma non diffuso. Così dimostrò Michel de Montaigne quando – ospite a Roma dal cardinale De Sans nel 1581 – si stupì della presenza di una forchetta sul tavolo imbandito. Se fosse stata d’uso comune anche in Francia, probabilmente non avrebbe avuto motivo di sorprendersi.

Il fallimento di Thomas Coryate

Un altro tentativo fallito di esportare la forchetta dall’Italia fu quello operato dall’inglese Thomas Coryate. Il signor Coryate – per essere vissuto fra la fine del ‘500 e l’inizio del ‘600 – era piuttosto pazzo: fu assunto come giullare alla corte del principe inglese; fece un Grand Tour quando nessuno aveva ancora idea di cosa fosse un Grand Tour (e perlopiù lo fece a piedi); scrisse libri di viaggio pieni di descrizioni minuziose e assurde che non interessavano a nessuno; ed ebbe il merito di introdurre in Inghilterra la figura di Guglielmo Tell, l’ombrello e – appunto (ma senza successo) – la forchetta.

Frontespizio di “Coryat’s Crudities”, uno dei libro di Thomas
La forchetta oggi

Nel 1770, alla corte napoletana di Ferdinando IV di Borbone, fece infine la sua comparsa la forchetta a quattro rebbi. La storia ha l’aura della leggenda, ma sembrerebbe proprio che il re non riuscisse a mangiare gli spaghetti con la forchetta a due rebbi che tutti utilizzavano. Furioso, chiese al ciambellano Gennaro Spadaccini di risolvere il problema. Se due o tre punte erano scomode e cinque e sei erano troppe per essere infilate agevolmente in bocca , Gennaro decise che quattro era il numero ideale – e così fu ed è tutt’ora.

Il mondo che si presentò all’alba del XVIII secolo era colonizzato, vasto e interconnesso . Basti pensare alla diffusione delle notizie col telegrafo o ai viaggi in treno e in mare. Quindi non è difficile pensare a come la forchetta napoletana abbia fatto il giro del mondo. Se fino all’inizio del XX secolo molta gente mangiava ancora con le mani – gente più povera o contadini –, dalle due guerre mondiali in poi nessuna tavola è stata tale senza una forchetta.

Alessandro Mambelli

One Comment

  1. Lorenzo Rubinetti Lorenzo Rubinetti 7 Novembre, 2021

    Orazio Flacco scrisse della bontà delle lagane (fettuccine di pasta di farina) e ceci, un pasto in uso in Lucania…Vi è da supporre, che i lucani sia la pasta, che la forchetta a due rebbi (forse in legno) la conscessero per forza.

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