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In California nemmeno le leggi che regolano il carbonio contrastano il cambiamento climatico. La storia, la prima di tre su questa inchiesta, ci mostra come non solo le falle di un sistema non vengono corrette e modificate, ma si sceglie sempre e solo in nome del profitto, di continuare ad aggirarle perché fa comodo alle aziende. Nel frattempo però, l’inquinamento in California resta a livelli altissimi e non accenna a diminuire. Andiamo con ordine.
Le foreste Californiane: differenti regolamenti in base alle specie
Le foreste al confine con l’Oregon sono tipicamente pluviali, grazie anche all’aria umida che proviene dal Pacifico. Spostandosi nell’entroterra però, il tipo di vegetazione cambia fino ad arrivare ad alberi abituati a un clima più caldo e secco. Queste ultime possono immagazzinare il doppio del carbonio per acro rispetto agli alberi al confine dell’Oregon. Nonostante queste differenze il processo è identico per tutti gli alberi: consumano anidride carbonica, rilasciano ossigeno e immagazzinano il carbonio. Trattenendo il carbonio si rallenta il processo relativo al cambiamento climatico. Ogni tonnellata di carbonio sequestrata in un albero è una tonnellata che non contribuisce al cambiamento climatico.
La zona della California inoltre, è una delle zone più colpite dagli incendi. Le terre dell’Oregon in particolare, nel settembre del 2020, sono rimaste coinvolte in macro incendi. Le fiamme non solo hanno costretto l’evacuazione di circa mezzo milione di persone, ma ha portato alla distruzione di due milioni di ettari di foreste. Dei venti incendi più grandi del 2020, sei sono avvenuti proprio nella regione della California. In prospettiva climatica, tale territorio si trova quindi in grave difficoltà già in partenza.
La scelta approssimativa della Air Resources Boad
L’ARB (Air Resourced Board), l’ente di regolamentazione californiano sul cambiamento climatico, ha stabilito dei confini fissi intorno a macroregioni. Nello sviluppare il programma però, ha semplificato troppo. Esso infatti consente a coloro che sono proprietari di foreste di guadagnare dei crediti per curare la terra di loro proprietà e immagazzinare così più carbonio. Ma tenendo le frontiere su macroregioni si riduce anche il carbonio immagazzinato. Quest’ultimo infatti viene inserito in una grande combinazione di specie vegetali in medie regionali semplificate.
I proprietari terrieri possono poi vendere i crediti accumulati a coloro che hanno bisogno di produrre più carbonio rispetto ai limiti delle leggi. Se si possiede un terreno che contiene più carbonio rispetto alla media regionale, in base a un’indagine sugli alberi del sito di proprietà, si possono ottenere crediti per la differenza. Così facendo una tonnellata in più di carbonio (immagazzinata) è controbilanciata da una tonnellata di carbonio prodotta dalle industrie californiane. Il limite delle emissioni viene così controllato. Nel 2020 questo programma ha prodotto tanti progetti per un numero di crediti stimato in 130 milioni (1,8 miliardi in dollari).
Un programma privo di benefici per il clima
La CarbonPlan, che ha condotto questa indagine sul sistema dei crediti californiano, sottolinea che il programma della Air Resourced Board, ha generato crediti-fantasma che non hanno prodotto nessun tipo di beneficio. I crediti fantasma sono importanti perché consentono ad altre aziende di acquistare il diritto di continuare a emettere gas serra reali. Anzi, questi 20-39 milioni di crediti hanno consentito alle industrie di immettere nell’atmosfera milioni di tonnellate in più di carbonio. Le regole di compensazione del carbonio, approvate nel 2011 dall’ente californiano, hanno mostrato diversi problemi. Nell’indagine della CarbonPlan si sottolineano riduzioni di breve durata del carbonio e che i progetti promossi proteggono foreste non a rischio di abbattimento.
C’è poi il problema relativo ai dati e ai calcoli delle medie regionali del carbonio. La Air Resources Board si è affidata ad una organizzazione no profit, chiamata Climate Action Reserve che si occupa dell’aspetto scientifico. Quest’ultima a sua volta si è basata sugli studi dell’US Forest Service svolti su un confronto incrociato di dati relativi a specie di alberi diverse con dati di aree geografiche più ampie. Ne viene fuori una evidente semplificazione, usata dalla Climate Action Reserve per creare valori di riferimento comuni che hanno stimato quantità di carbonio immagazzinate nelle foreste tradizionali di proprietà privata. In realtà questi valori stimati presentano notevoli differenze con terreni reali. Alla luce di tutto questo, il sistema dei crediti californiani presenta delle falle di sistema importanti. E come accade molto spesso, quando ci si trova in una situazione complessa che incrocia profitto e ambiente, aziende o importanti industrie riescono ad aggirare i problemi, restando nei limiti consentiti per lo smaltimento del carbonio.
Andrea Cicalò
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