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Da quando abbiamo deciso di andare nello spazio?

2 ' di lettura

Lo scorso febbraio, dopo 203 giorni nello spazio e 470 milioni di chilometri, il rover della NASA Perseverance si è posato su Marte e in questi mesi ha già dato i suoi frutti. Dalle foto inedite del terreno marziano, alle nuove ipotesi sul possibile sviluppo di forme di vita fino alla promessa di Elon Musk, con la sua SpaceX, di portare l’uomo sul pianeta rosso entro il 2026. Per i milioni di spettatori è stato possibile seguire l’atterraggio in diretta anche da cellulare, a differenza della ben più controversa missione dell’Apollo 11 che, dal 1969 ad oggi, sembra generare complottismi.

Eppure, nonostante le parole di Armstrong sembrino già lontane, è esistito un tempo in cui l’uomo non guardava lo spazio dal proprio smartphone. Fin dall’alba dei tempi i racconti umani parlano di stelle, comete e segreti nascosti oltre l’atmosfera terrestre. Quando abbiamo deciso di volerle raggiungere e perché?

Col naso all’insù da millenni

Prima delle astronavi e delle scoperte scientifiche, esisteva l’astrologia. Un insieme di tradizioni basate sull’osservazione delle stelle, dei loro movimenti e di come sembravano influenzare le creature terrestri. Un sistema di credenze che veniva registrato e organizzato dalle antiche popolazioni in codici che ancora oggi incuriosiscono (si pensi al calendario Maya tanto discusso nel 2012). I primi ad avere un sistema di astrologia organizzato sembrerebbero essere stati i Babilonesi, nel II millennio a.C. e il più vecchio oroscopo conosciuto risale al 29 aprile 410 a.C.

L’osservazione della forma degli astri e le ipotesi sul loro potere di influenzarci sono pratiche transculturali, dalla Mesopotamia, alla Cina, all’India, ai greci, arabi e bizantini, nella cultura romana così come in quelle nordiche e così via. Sembrerebbe esserci qualcosa di innato che porta l’uomo a voler conoscere l’universo e ad esserne irrimediabilmente affascinato, al punto da parlare di oroscopi e zodiaco ancora oggi.

Rocketman

Fino a non molto tempo fa l’uomo è rimasto ad osservare le stelle da lontano, ma senza mai smettere di studiare un modo per raggiungerle. Arte e scienza si rincorrevano, Dante concludeva ogni cantica della sua Divina Commedia con la parola “stelle” e qualche secolo dopo Galilei le osservava col suo cannocchiale. Insomma, un’eredità antica, che ha affidato all’uomo contemporaneo la responsabilità di esplorare lo spazio. Il boom economico del secondo dopoguerra e le tensioni fra USA e URSS hanno fatto da carburante e nel 1961 un giovane russo, Jurij Gagarin, è stato lanciato oltre il confine della volta celeste.

spazio

Ed è così che lo sguardo si è spostato. L’umanità ha iniziato ad osservare gli altri pianeti più da vicino e la terra sempre più da lontano. Uno sguardo distaccato del pianeta blu, quasi paternalistico, che ha portato alcuni a disinteressarsene ed altri a richiamare la necessità di proteggerlo. Anche l’arte come naturale conseguenza ha cambiato volto, le stelle sembrano ora raggiungibili. Bowie ha raccontato la tragica fine di Major Tom, che si perde nello spazio per tornare come Ziggy Stardust, mentre Elton John ha cantato del suo Rocketman che sente nostalgia di casa. L’astronauta è diventato simbolo di alienazione e paura, ma anche di coraggio e avventura.

Cosa ci facciamo lassù?

Un’ulteriore svolta è stata indubbiamente portata dall’ingresso della figura carismatica di Musk, l’imprenditore miliardario che vuole trasformare l’uomo in un essere multiplanetario. Ma mettendo da parte i grandi obbiettivi, quel che facciamo nello spazio è in realtà molto meno eccitante. Nelle stazioni spaziali non si compiono battaglie laser, o discussioni esistenzialiste, si fa principalmente ricerca. Astronauti e astronaute sfruttano le particolari condizioni per studiare nuovi materiali, risorse e metodologie per aiutare a rendere più semplice e sostenibile la vita sulla terra.

Certo, poter un giorno vantare fra le amicizie un extraterrestre o passare la propria luna di miele in una “crociera spaziale” sono sogni che difficilmente verranno abbandonati. Tuttavia, per ora sembra che l’impegno più urgente sia quello di salvaguardare il nostro pianeta e trovare un modo per invertire la terribile crisi climatica in atto.

Federica Morichetti

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