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La bestemmia in Italia tra storia e cultura

4 ' di lettura

Liberatoria, irriverente, provocatoria. Poche cose dividono gli italiani come l’utilizzo o meno delle bestemmie nel linguaggio comune. Peccato mortale o poco più che intercalare, pronunciata a mezza voce per timore o gridata in maniera sguaiata davanti ad un problema, diciamoci la verità: sacramentare è una pratica molto più diffusa di quanto ipotizzabile.

Stando alla semantica più stretta, quando parliamo di “bestemmiare”, ci riferiamo nello specifico alle ingiurie rivolte verso le divinità, ed è bene specificarlo perché ad esempio il testo di riferimento degli «avversari» della blasfemia, la Bibbia, ha un’interpretazione davvero troppo ampia del termine. Ad esempio, nel libro di Tobia, si parla di bestemmiatori riferendosi agli invasori d’Israele (Tb 1,18). Così come invece nel libro di Ezechiele, Edom – l’attuale Giordania – è additata come bestemmiatrice per essersi rallegrata della caduta di Israele (Ez 35,12).

Un fenomeno che ha più di tremila anni

La bestemmia intesa nel senso di insulto alla divinità nasce con la civiltà occidentale, cioè nell’antico Egitto. Dall’interpretazione di alcuni frammenti di geroglifici, pare che già dal III-II millennio a.C. Nefti, la dea dell’oltretomba, venisse apostrofata come “femmina senza vulva”, il dio Thot sarebbe stato un essere “privo di madre”, mentre Ra, il dio Sole avrebbe avuto “la cappella vuota”. I greci, pur non sottraendosi al turpiloquio, ci andavano cauti con la bestemmia vera e propria, nel timore che gli dei si adirassero ed inviassero loro sciagure indesiderate. Stesso discorso è valido per i romani. Per quanto, a leggere le iscrizioni sulle mura del lupanare di Pompei si fatichi a distinguerlo da un bagno dell’autogrill, non ci sono pervenute testimonianze di offesa a qualche divinità.

Senza ombra di dubbio, la bestemmia moderna nasce con l’inizio del Cristianesimo. Gesù Cristo stesso fu accusato di aver bestemmiato per essersi dichiarato figlio di Dio, come raccontano entrambi gli evangelisti Matteo e Marco (Mt 26,65 e Mc 14,64). Ma la vera e propria esplosione del fenomeno si avrà soltanto nel Basso Medioevo, con la lotta per la corona del Sacro Romano Impero che vedeva coinvolti i Guelfi, sostenitori dell’autorità papale e i Ghibellini, sostenitori della supremazia dell’imperatore. Questa lotta tra il potere spirituale e quello temporale, ci porta dritti nel nostro Paese, per rispondere alla domanda che in molti si pongono: perché in alcune regioni italiane si bestemmia più che in altre?

Geografia della bestemmia

Ripercorrendo la storia d’Italia, viene subito da notare come il centro Italia abbia subito la dominazione diretta del papato, mentre a Sud i re borbonici fossero fermamente cattolici. Andando a Nord invece, superando lo Stato della Chiesa, troviamo la Toscana, l’Emilia Romagna e il Veneto. La Toscana, da sempre, è la regione più “secolarizzata” dello Stivale. Inveire quindi rappresenta una vera e propria tradizione, una sorta di retaggio di una cultura laica ed anticlericale talmente radicata da essere un vero e proprio intercalare.

Alcuni esempi vengono da toscani purosangue come Roberto Benigni, che nei suoi interventi alle feste dell’Unità negli anni Ottanta snocciolava quasi tutto il calendario; Massimo Ceccherini che si guadagnò l’estromissione da “L’Isola dei Famosi” per una bestemmia in diretta, Gianluigi Buffon, capace nell’attuale stagione di beccarsi una multa e una squalifica per due espressioni simili ma non consentite in appena sette presenze. Oppure ancora Marcello Lippi, l’allenatore campione del mondo nel 2006 che otto anni prima – durante un Udinese-Juventus – dopo l’infortunio di Del Piero fu espulso per “dichiarazioni blasfeme” giustificandosi con “Noi toscani ne tiriamo tremila al giorno”. Sempre il mondo del calcio ci permette di spostarci nell’altra patria della blasfemia. In Veneto, precisamente, che per coincidenza è anche la casa natale di Alex Del Piero – oltre che di Germano Mosconi.

Sette presenze in campionato, una squalifica e una multa per bestemmie.
Gigi Buffon è l’indiscusso campione di bestemmie.

E quindi? Durante la finale di Coppa Intercontinentale del 1996, Juventus-River Plate, l’attaccante autore del gol che regalò la coppa alla sua squadra festeggiò in diretta mondiale “tirando un porco” subito dopo la rete. Non ci furono conseguenze a causa del fatto che la terna arbitrale brasiliana avesse poca dimestichezza con la lingua italiana. Il Veneto, dicevamo, ha un rapporto molto stretto con la blasfemia, nonostante nella Repubblica di Venezia esistessero gli Esecutori contro la Bestemmia, una magistratura competente sui reati contro la religione e il buoncostume. Ciononostante Venezia dichiarò sempre la sua indipendenza dal potere temporale, arrivando persino a finanziare altri culti, come quello greco-ortodosso. In Emilia-Romagna, invece, la diffusione delle bestemmie è da imputarsi al socialismo.

Dall’Ottocento in poi, infatti, la “dottrina orizzontale” attecchì così tanto nel territorio da divenire subito avversaria del “potere verticale” rappresentato dalla Chiesa. Ma non si può certo limitare il fenomeno a queste tre regioni. Proprio la dominazione papale dello Stato della Chiesa, fa in modo che tra le Marche e l’Abruzzo non sia affatto complicato imbattersi in qualche espressione che chiami in causa l’Altissimo. Questo è dovuto soprattutto al fatto che il potere ecclesiastico agì in quelle zone con particolare durezza, tasse elevate e rigidità politica. Cause che hanno reso la bestemmia una sorta di ribellione al potere. Per le stesse cause anche al Sud, ipercattolico per tradizione, è piuttosto semplice trovare alcune forme di offesa al sacro, solitamente introdotte da un “mannaggia”, pressoché assente nel resto della penisola.

Imprecazione e guarigione

Ma la minaccia del potere del Papa non è certo l’unico motivo per profondere giaculatorie al contrario. Si bestemmia per sorpresa, tristezza, rabbia ma anche per lenire il dolore. Come dimostra uno storico studio della Keele University, nello Staffordshire, bestemmiare o comunque imprecare dopo essersi feriti aiuterebbe a ridurre il dolore. Secondo i ricercatori questo effetto analgesico si verificherebbe grazie alla capacità delle imprecazioni di scatenare la risposta “combatti o combatti”. Aiutano a reagire, insomma, con buona pace del coro celeste.

Fino al 1999, la bestemmia in Italia era considerata reato, derivando la norma dal Codice Rocco del 1930. Alle soglie del nuovo millennio invece, dal penale si è ridotta la bestemmia in pubblico ad un illecito amministrativo, che comunque prevede sanzioni dai 51 ai 309 euro, stando all’articolo 724 c.p. ma a prescindere dalle disposizioni normative, complice il sempre maggiore allontanamento delle persone dalla Chiesa, il paese è diventato molto più tollerante nei confronti della questione, in linea con tutte le democrazie occidentali. Differente è la situazione nei paesi islamici, dove dodici paesi (Afghanistan, Iran, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Qatar, Yemen, Sudan, Somalia, Nigeria, Malesia, Maldive e Mauritania) prevedono la pena di morte per ateismo e blasfemia. Come se poi uccidere un uomo, essere ad immagine e somiglianza di Dio, e per giunta farlo nel suo nome non fosse anch’essa un’offesa al Creatore.

Mario Mucedola

2 Comments

  1. pasquale tammaro pasquale tammaro 26 Novembre, 2021

    potete rimuovere la immagine presa da Massime dal passato? grazie

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