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Prendi due ragazzi, un’anima folk e il bisogno di ridurre all’osso gli arrangiamenti in un momento storico in cui il mondo indie lavorava aggiungendo, sperimentando nuovi suoni ed effetti, strati su strati di chitarre ed effetti particolari. Nulla di tutto questo si trova in Sono all’osso, furibondo debutto de Il Pan del Diavolo, due siciliani che ci portano in un’atmosfera retro, decisamente folk-rock, rockabilly impregnata di elettrica urgenza espositiva.
Premio Tenco
Il Pan del Diavolo conta due soli elementi, Alessandro Alosi voce, chitarra e grancassa e Gianluca Bartolo, che si occupa di tutte le altre chitarre. I due, dopo un paio di anni di concerti su e giù per l’Italia, beneficiano dell’investimento della casa discografica “La Tempesta” (dietro cui c’è lo zampino di Davide Toffolo dei Tre Allegri Ragazzi Morti) e ringraziano confezionando un album di appena 30 minuti, con cui l’anno successivo vinceranno il Premio Tenco come “miglior opera prima”.
Sono all’osso si compone di dodici tracce, cariche e intense, quasi fossero i Violent Femmes del Tirreno. Il primo singolo sarà l’incendiaria Pertanto, giocata su un riff di chitarra acustica bluegrass, dalla struttura in realtà abbastanza elementare ma dall’appeal sanguinario e western, grazie anche all’interpretazione canora di Alessandro, che con la sua voce graffiata riesce a rendere giustizia al brano. Subito dopo sarà la volta di Farà cadere lei, che è anche la traccia che apre il disco e che esce insieme ad un video che vede la regia proprio di Davide Toffolo.
Tracce e collaborazioni
Il brano ha di sicuro un testo criptico ma sembra come se fosse stata scritta prima la musica e poi inserito un testo in grado di suonare bene nel contesto. È poi la volta di Centauro, un brano che riporta a certe atmosfere care agli ZZ Top, in un mix di rock e blues e, credetemi, è difficilissimo fare del rock con due sole chitarre, per giunta acustiche. L’acme del disco si raggiunge in Università, canzone costruita su un giro di chitarre che sembrano quasi un sitar e che mette in scena una struttura avvolgente su cui si intrecciano la stessa chitarra e la voce.
Altri momenti salienti nel disco sono di sicuro Bomba nel cuore, che vede la collaborazione di un altro gruppo che all’epoca operava prettamente in acustico, cioè gli Zen Circus. Il brano è anche qui furioso e imponente, a dispetto della durata ridotta, appena un minuto e venticinque. Ma posso assicurarvi che dal vivo faceva tremare i muri. Ultimo brano che direi vale la pena menzionare è senza dubbio la traccia che assegna il nome al disco. Sono all’osso è quasi un blues dolente, che credo sia la canzone più adatta a dare il nome all’album, se questo dev’essere una specie di riassunto e manifesto.
Le tracce che restano non le descrivo perché sarebbe bello se aveste la curiosità di recuperarle, e di godervi questo disco che all’epoca fece molto bene, ed ebbe un successo decisamente importante per essere un debut album. È sicuramente vero che parliamo di un’altra epoca, quando si potevano fare date su date per promuovere un disco, cosa che fece Il Pan del Diavolo non mancò di fare, ritengo tuttavia che sia un peccato che si siano perse le tracce dei due siciliani, che continuano a sfornare dischi ma che non hanno mai saputo replicare l’esito del primo.
Mario Mucedola
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