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A poche settimane dall’accensione della torcia olimpica, la Corea del Nord ha annunciato che non prenderà parte alle prossime Olimpiadi. La notizia è apparsa il 5 aprile nei canali della televisione nord coreana, 10 giorni dopo la decisione presa dal comitato, che si è riunito il 25 marzo scorso. Il motivo del boicottaggio non è da ritrovare nei rapporti diplomatici e politici con i vari paesi. Sorprendentemente la scelta di non partecipazione alla manifestazione riguarda la pandemia da Covid –19.
Il motivo ufficiale
Secondo quanto si legge dal sito del governo Sports in the DPR Korea il Comitato Olimpico della RPDC “ha deciso di non partecipare ai 32 ° Giochi Olimpici per proteggere gli atleti dalla crisi mondiale della salute pubblica causata dal COVID-19”. Rinviate l’anno scorso allo scoppiare della pandemia, come l’Europeo di calcio, le Olimpiadi estive sono state spostati all’estate 2021. Tenendo conto della motivazione ufficiale però il boicottaggio può avere un senso logico. Le ragioni di questa scelta possono suggerire probabilmente che il paese è in una situazione di controllo sul virus. Il pericolo che atleti possano contagiarsi o riportare il virus all’interno del paese. La lotta contro il virus, nonostante l’inizio delle vaccinazioni di massa dalla fine del 2020, è ancora in una fase molto critica, ad eccezione di pochi paesi.
Tra questi c’è la Corea del Nord che, secondo le notizie che trapelano dal regime, ha contenuto il virus fin dai primi mesi della pandemia, bloccando i collegamenti con i paesi confinanti e in particolar modo con la Cina, paese dove tutto è cominciato. Perché se è pur vero che esistono realtà dove il virus circola poco o addirittura zero, il fatto che un paese da 25 milioni di abitanti come la Corea del Nord abbia zero contagi resta a dir poco sospetto. Ma d’altronde le uniche informazioni che arrivano dalla Repubblica Democratica di Corea, così chiamata ufficialmente, ci arrivano dal regime nordcoreano. Ed è probabile che la verità sia ben lontana da quello che ci viene raccontata.
I precedenti boicottaggi alle Olimpiadi: difficili relazioni diplomatiche
Non è la prima volta che il paese decide di boicottare i giochi. Nel 1984 non presero parte all’edizione svoltasi a Los Angeles, edizione che subì le conseguenze di quattro anni prima. Alle Olimpiadi Mosca infatti, moltissime nazioni non parteciparono per protesta all’invasione dell’Unione Sovietica in Afghanistan. In quell’occasione la Corea del Nord partecipò all’edizione del 1980, scegliendo poi di boicottare quella americana. Nel 1988 non si presentarono alle Olimpiadi di Seul: il boicottaggio in quell’occasione aveva radici ben più profonde e scatenò polemiche tra diversi paesi. La scelta della Corea del Sud infatti non era ben vista dai paesi filo comunisti, come Russia e Cina, e soprattutto dai nordcoreani. Questi inizialmente, nel 1985, proposero di organizzare la manifestazione olimpica, insieme ai sudcoreani. Il presedente del Comitato Olimpico Internazionale, all’epoca Juan Antonio Samaranch cercò di mediare e negoziare con le parti per verificare la possibilità di questa idea.
La Corea del nord però pretese un trattamento equo con la Corea del Sud. Tra i punti discordanti il controllo sull’organizzazione sulle cerimonie di apertura e chiusura e soprattutto sui luoghi e il numero di gare da disputare in Nord e Sud Corea. Le trattative non portarono a nessun accordo e alla fine si decise per il boicottaggio. Le altre non partecipazioni alle Olimpiadi sono registrate in 6 precedenti giochi invernali, rispettivamente a Grenoble (1968), Innsbruck (1976), Lake Placid (1980), Lillehammer (1994), Salt Lake City (2002) e a Sochi (2014).
L’ultima partecipazione della Corea del Nord : le Olimpiadi di Pyeongchang 2018
L’ultima volta che la Corea del Nord ha partecipato ai giochi olimpici risale al 2018. Era la XXIII edizione invernale, tenuta proprio dai vicini della Corea del Sud. Gli atleti partecipanti furono 10 e la manifestazione si inserì in un periodo particolarmente complesso. L’invadente programma militare e soprattutto nucleare mise in difficoltà i rapporti internazionali già di per sé complicati. In particolar modo con Cina, Russia e soprattutto Stati Uniti, dove le frecciate tra l’ex presidente americano Donald Trump e il leader nordcoreano Kim Jong – Un erano all’ordine del giorno.
Definito da Trump con diversi epiteti, da “Rocket man” (Uomo razzo) a “lattante malato” passando a quello che, probabilmente è il tweet peggiore di tutti: “Anche io ho un pulsante nucleare. Ma è molto più grosso e più potente del suo e il mio pulsante funziona!”. Le tensioni sono continuate fino al 2019 quando i due si sono incontrati per la prima volta, riallacciando i rapporti per riprendere i negoziati e le discussioni sul programma nucleare.
Le proteste di Seul dietro la non- partecipazione?
Già a fine gennaio del 2021 la Corea del Nord aveva già minacciato di non prendere parte alle Olimpiadi. Il motivo non è però attribuito alla pandemia ma i difficili rapporti diplomatici e sempre attuali con la Corea del Sud. A Seul infatti si sono verificate proteste e disordini nelle piazze coordinate da attivisti conservatori sudcoreani.
La foto della bandiera nordcoreana bruciata ha fatto il giro del mondo e non ha lasciato in silenzio Pyongyang :“non tollereremo mai atti detestabili di hooligan conservatori che insultato la sacra dignità e i simboli della Corea del Nord – aggiungendo inoltre nella nota che –se l’accordo Nord-Sud e il programma per la partecipazione del Nord alle Olimpiadi sono cancellati, la colpa sarà solo ed esclusivamente a carico dei gruppi conservatori e delle autorità sudcoreane”. Il motivo della pandemia sembra nascondere altri problemi dietro la scelta di non partecipare alle Olimpiadi. E ci sottolineano le difficoltà di dialogo tra Seul e Pyongyang: la pandemia da Covid – 19 è solo la punta dell’iceberg di questo boicottaggio. Questa è solo un’ipotesi che, al fronte di una comunicazione di regime chiusa verso l’esterno, resterà tale e priva purtroppo di qualunque prova.
Andrea Cicalò
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