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Andava tutto liscio

3 ' di lettura

Pipa in bocca come Sherlock Holmes, camicia azzurra a maniche corte, chitarra a tracolla e l’inconfondibile neo sul mento sono i tratti distintivi che potrebbero descrivere Raoul Casadei a chi – improbabilmente – non l’hai mai visto. Prima di spegnersi a 83 anni per Covid, “il re del liscio” ha scritto tantissime canzoni – Ciao mare, La mazurka di periferia, Romagna capitale –, ha partecipato a Sanremo, ha inaugurato la balera più grande d’Italia e ha venduto milioni di copie. Semplicemente, è il più grande esponente di un genere musicale che è già immenso di suo.

Il liscio

Ci sono alcune cose che identificano la Romagna come terra ben delimitata da certi confini: la piadina con lo squacquerone , la riviera, i passatelli in brodo, la caveja e il ballo liscio. Quest’ultimo – sull’origine del nome ci torneremo dopo – è una danza di coppia composta da valzer, polca e mazurca, e viene principalmente scritto per sassofono, clarinetto e violino.

Come due danze polacche e una austriaca siano arrivate fra i vitigni del Sangiovese è una storia lunga e sicuramente complessa, ma di certo alla fine dell’800 erano già diffuse in tutta Europa. All’epoca si suonavano nei teatri, nei circoli cittadini e nei caffè-concerto, e non c’era nessuno di questi luoghi che non fosse battuto da Carlo Brighi, violinista autodidatta e “inventore” del liscio.

Carlo Brighi e la sua orchestra formata da contrabbasso, clarinetto e violino cominciarono a girare la Romagna di fine ‘800 per esibirsi in valzer, polche e mazurche, trascinando nel ritmo della musica ora gli abitanti di Forlì, ora quelli di Savignano. Brighi è famoso soprattutto per aver inventato la balera – o quantomeno il suo concetto –, perché nel 1910 si trasferì definitivamente a Bellaria, la città di sua moglie, dove adattò una parte della casa a sala da ballo. La domenica pomeriggio – una volta si ballava a quell’ora – il Salone Brighi attirava persone da ogni angolo della Romagna.

L’orchestra Casadei

Carlo Brighi era soprannominato Zaclén, e ancora oggi è molto diffuso dare il via alle orchestre di liscio con l’espressione Taca, Zaclén! – cioè “Inizia, Zaclén” –, perché l’influenza di questo musicista è stata tantissima. Se Brighi inventò il liscio, a trasformarlo in ciò che è oggi fu senza dubbio Secondo Casadei, detto lo Strauss di Romagna.

Casadei cominciò a suonare come violinista nella formazione che il figlio di Brighi aveva ereditato dal padre, ma nel giugno del ‘28 debuttò con la sua orchestra al Dancing Rubicone di Gatteo a Mare. Da lì in poi fu un successo dopo l’altro: dischi, canzoni, Romagna mia, divise tutte uguali che divennero la firma della formazione e un’incredibile resistenza alle musiche d’oltreoceano che nel dopoguerra invasero lo Stivale.

Nel 1960, un ventitreenne Raoul Casadei si unì a quella che sette anni dopo sarebbe diventata l’Orchestra spettacolo Secondo & Raoul Casadei. La formazione di zio e nipote faceva più di 365 concerti all’anno – si suonava anche il pomeriggio –, portò al successo decine di canzoni e rese il liscio famoso in tutta la penisola.

Secondo Casadei e Raoul Casadei
Secondo e Raoul Casadei

Nel 1971, dopo la morte di Secondo, Raoul prese in mano l’orchestra, e nel decennio successivo il liscio esplose: Casadei divenne una star di spot pubblicitari e fotoromanzi, inaugurò la Ca’ del Liscio e si inventò di caricare i turisti su una nave, portarli al largo di Cesenatico e farli ballare in mezzo all’acqua.

Cosa significa il liscio

Il termine fu coniato da Raoul Casadei. Una sera, alle Rotonde di Garlasco, il musicista guardò la folla che ballava felice e pensò che tutto andava “liscio”, quindi urlò Vai col liscio! dal palco; il giorno dopo, Tv Sorrisi e Canzoni usò la frase come titolo, e il resto è Storia.

In un certo senso, la storia di come il liscio ha preso il suo nome è una metafora di ciò che il liscio significa. Il momento in cui Raoul guardò le persone felici e capì che stava “andando tutto liscio” è esattamente ciò che le sue canzoni rappresentano: spensieratezza, amore, allegria. Non esiste una canzone triste, non ce n’è una che non provi a far sorridere: Ci basta un grillo per farci sognare, Com’è bello trovare quegli amici che non perdi per tutta la vita, Quest’aria di paese ci invita a far l’amore… e via cantando.

Il liscio, in Romagna, significa tante cose. Se è vero che questo ballo ha segnato i momenti importanti nella vita di tante persone sparse in tutta Italia – lo stesso Casadei ha parlato di sposi che lo ringraziavano per essersi conosciuti durante un suo concerto –, in Romagna è qualcosa di più. Il liscio, qui, è una nostalgia spensierata “alla Raoul” per i non più giovani, o qualcosa di solo nostro che ci fa sentire importanti e a casa ovunque siamo. Il liscio racconta questa terra molto meglio di tante altre cose: le estati in riviera – Ciao, mare, il ricordo dell’estate si risveglia nel mio cuore –, le balere, la musica nazionalpopolare che è bella proprio perché è leggerissima. I giri di liscio di Raoul Casadei, insomma, scandiscono come musica straussiana la mitologia della Romagna.

Alessandro Mambelli

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