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I dati e la privacy ai tempi di internet

4 ' di lettura

Molte persone sono convinte di essere spiate dai propri dispositivi che in qualche modo ci ascoltano e ci sorvegliano, come in una contemporanea distopia. Skynet non controlla ancora il mondo, la questione dei dati è assai più complessa ma può portare a modelli previsionali così accurati da farci quasi credere di essere ascoltati mentre parliamo. 

Che cosa sono i dati?

I dati, che vengono utilizzati dalle aziende che monopolizzano il mercato del web, sono i cosiddetti Dark Data, prodotti di scarto delle nostre azioni nell’ambiente interattivo digitale del web. Tali dati hanno un potenziale immenso in quanto, se aggregati e correttamente processati, possono dire molto di una persona. Dalle sue abitudini, al ragionamento, persino dispiegarne la personalità. 

Partiamo dall’inizio, i dati innanzitutto devono essere estratti, l’estrazione è più semplice se viene sollecitata, infatti le aziende si assicurano che i loro servizi siano più comodi e amichevoli possibili. Come nel caso degli assistenti vocali o della digitazione automatica, tutto in funzione di semplificarci la vita, eliminare passaggi e rendere indolore l’estrazione. Una volta prodotti i dark data si accumulano nei database in attesa di essere analizzati e aggregati da degli analisti che sulla base di questi creano dei modelli previsionali. Per rendere agevole il lavoro dell’ufficio pubblicitario questi dati aggregati devono essere inseriti all’interno di un sistema per funzionare. Il sistema di personalità sopperisce a questo bisogno, individua cinque modelli di personalità in cui vengono inquadrati i consumatori e suggerisce quali prodotti o servizi potrebbero essere di loro interesse. 

Prevedere è meglio 

Il modo migliore per vendere è prevedere. Se le azioni vengono dirottate, previste e non sono libere, diventano una sicurezza di mercato. Più o meno all’interno di questa dialettica la libertà viene sostituita dalla sicurezza, come quando mamma ti dice di metterti il cappotto per non ammalarti, chi rinuncerebbe alla sicurezza di non ammalarsi per la propria libertà di commettere errori? 

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Il web non fa altro se non ripetere schemi familiari che conosciamo, per presentarsi come qualcosa di amichevole e rassicurante. Il  nostro essere “animali abitudinari” ci rende prevedibili, ma anche prede facili. Se non acconsentiamo al trattamento dei dati personali ci vengono precluse molte possibilità tra cui beni e servizi, un ricatto che in molti casi non sussiste nella nostra prospettiva. Siamo abituati a valutare il denaro come unico bene economicamente rilevante ma non è così. I nostri dati valgono moltissimo in termini economici eppure non ci appartengono, ogni istante li cediamo ad aziende che con questi creano prodotti e sistemi nei quali “intrappolarci”.

Riappropriarsi dei propri mezzi 

Il progresso non deve arrestarsi, l’economia deve andare avanti, ma con consapevolezza. Il “far web” deve essere regolamentato, non è terra di nessuno. Le aziende hanno delle responsabilità in merito a quello che fanno con i nostri dati, un esempio è il caso Cambridge Analitica. Si tratta di un’azienda specializzata nel raccogliere e analizzare dati al fine di creare contenuti targhettizzati. La profilazione degli utenti avveniva attraverso le interazioni tra utenti, il numero di like e commenti. Stimolando emozioni e interazioni, la raccolta dei dati è più massiccia, e adatta a questo tipo di profilazione. I social network sono l’ambiente migliore in cui raccogliere dati, terreno fertile per la pubblicità targettizzata, per esempio, di Google AdSense. Cambridge Analitica è stata accusata di aver avuto un ruolo determinante nella campagna presidenziale di Donald Trump nel 2016.

I mezzi di modifica del comportamento impiegati per creare certezze non sono ne dichiarati ne etici qualche volta. Sono sistemi che spingono, più o meno dolcemente i consumatori verso una direzione precisa, niente di diverso da quello che fanno le agenzie pubblicitarie da migliaia di anni, la differenza sta nelle modalità indiscriminate in cui questo avviene. 

“Perché nessuno pensa ai bambini?”

Dal 2017 la morsa sulle grandi aziende, che fagocitano dati ogni giorno, si è fatta più stretta. A partire dal fenomeno dell’Adpocalypse, che ha interessato soprattutto YouTube, creando una serie di problemi a chi lavora con il web come creatore di contenuti. Le aziende non potrebbero entrare in possesso di dati dei minori, ne tantomeno bombardarli di pubblicità attraverso contenuti di intrattenimento. La pubblicità deve essere sempre dichiarata, questo vale anche per le collaborazioni con i vari influencer.

Insomma, i minori devono essere tutelati, tutti dovremmo esserlo. Questo non significa rifiuto della tecnologia o sabotaggio delle aziende che ci intrattengono e/o rendono la vita obiettivamente più semplice. Ma la possibilità di scegliere. Scegliere cosa acquistare se sbagliare e quali sentimenti provare. Il web, nella sua interezza, è un importantissimo e grandioso strumento. L’espropriazione dei dati dovrebbe essere quantomeno palesata per far capire ai consumatori a cosa vanno incontro. L’acquisizione dei dati per migliorare i servizi può esistere anche senza la manipolazione. Per le aziende la certezza di profitto è più importante di un consenso informato, per questo i governi dei paesi democratici stanno adottando dei provvedimenti.

I risvolti legali

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I colossi del web e tech dovranno rispettare le regole sulla concorrenza Ue in merito alla gestione dei contenuti online. Se non rispettate tali regole prevedono sanzioni  – rispettivamente – fino al 6% e al 10% dei ricavi globali. Per i recidivi, la Commissione minaccia l’obbligo di scioglimento e divisione dei gruppi, costringendo le aziende in questione a cedere parte dei propri asset all’Europa.

Le aziende interessate sono i colossi della Silicon Valley: Microsoft, Apple, Alphabet e Facebook. Questi provvedimenti mirano a disciplinare il comportamento delle piattaforme anche in merito alla competitività di mercato. Quest’ultima è messa in pericolo dall’acquisizione di aziende piccole da parte di aziende più grandi o palesi plagi spacciati per “versioni imitate” di servizi già esistenti. Il pesce grande che mangia il pesce piccolo non è una novità, ma la competizione non solo favorisce il libero mercato ma anche la libera scelta. Queste aziende immense, che controllano tutto, iniziano a diventare veramente immense e difficili da controllare e sanzionare. 

Dal momento che chi acquisisce i nostri dati non illustra chiaramente in che modo intende usarli, è necessario che questo sistema venga regolamentato in modo da responsabilizzare maggiormente queste aziende.

E adesso?

L’educazione al web è diventata indispensabile, soprattutto per le nuove generazioni che nascono già in un ambiente totalmente digitale interconnesso. La fragilità umana, soprattutto della giovinezza, può essere una prova ancora più dura se lasciati da soli nel mare in tempesta dei “mezzi di modifica del comportamento”. Fragilità e debolezze alla mercé di chi vorrebbe vendere prodotti, servizi ed esperienze. Promettono di farci sentire meglio, promuovendo stili di vita cool e status per essere accettati, far parte di qualcosa ed essere amati. In che misura questo giustifica l’esproprio dei dati?

Giulia Cerami

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