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#Salgoasanremo – Commento terza serata
Quando sono uscito dalla caserma ci sono rimasto davvero male. Di fronte all’appuntato che, in maniera gentile, mi ha spiegato che non c’erano le basi per denunciare Amadeus per privazione del sonno e inconsistenza del Festival (visto che nessuno mi aveva costretto a guardarlo fino alle due di notte), mi sono sentito vittima di un’ingiustizia. Ifigenia su un altare con lo sponsor della Tim, destinato ad essere offerta sacrificale per colpa della baldanzosità del direttore artistico.
E dire che la serata non era iniziata nemmeno male, con Noemi e Neffa con evidenti problemi con il metronomo in cuffia, sbattuti giù dal palco come un polpo su uno scoglio barese. Renga in evidente affanno per la perdita della voce, accompagnato nel suo duetto dall’ambulanza con tanto di sirena blu in testa (o almeno, così mi è parso). Fasma poverino, hanno provato pure a boicottarlo ma non ce n’era bisogno, è già indecente di suo. Le premesse c’erano tutte, quindi, solo che poi la serata si è persa in un mare di quisquilie evitabili che hanno spostato il centro dell’attenzione dalla gara. Poi guardi l’orologio e come sarebbe a dire che è mezzanotte e un quarto e manca ancora la metà dei cantanti?
Irama a distanza e la musica popolare degli Extraliscio
Da lì in poi, appuntato, mi creda, ho cercato di concentrarmi solo sulle cose belle per sopportare il tutto. Ad esempio su Fulminacci che fa una cosa giovane, da giovane per i giovani e Lundini che gli aggiunge quel tocco in più…meraviglioso. Straordinari sono stati gli Extraliscio che, al di là della chitarra rotante di Mirco, hanno fatto una cosa difficile che alla fine è valsa loro il terzo posto: portare la musica folk, liscio in questo caso, su un palco come quello mantenendo una credibilità assoluta, divertendosi e facendo divertire. Oppure ancora IAD (Irama A Distanza), a fare il figo davanti alla telecamera ignaro della tempesta che di lì a poco si sarebbe abbattuto sul suo volto silvano e sui suoi vestimenti leggeri ma che comunque finora mi è sembrato uno dei più in palla di tutta la kermesse.
E mi perdoni, appuntato, se ho persino avuto da ridire sui CCCP e su Manuel Agnelli, che insieme ai Maneskin hanno malinteso “Amandoti”, canzone impregnata di sentimento e sofferenza, inadatta ad una cover da talent per mettere in mostra talento vocale tecnica. Bravi sì, ma anche fuori luogo. Così come ho deciso di sorvolare su Arisa e Michele Bravi mano nella mano che sembrava una riunione in un centro di recupero americano, e non ho detto niente neanche quando Sinisa Mihajlovic ha cantato “Io vagabondo” con Zlatan Ibrahimovic. Vorrei aggiungere qualcosa ma direi che la battuta è già tutta qui. Mi sono perfino morso la lingua quando Achille Lauro in versione coperto di alluminio da mettere in frigo si è fatto mangiare in testa da una Emma Marrone in forma strepitosa.
Ragione e sentimento
Poi però è successo qualcosa, sarà stata la tarda ora ma è arrivata una scarica di sentimento che mai avrei immaginato. E se il mio cuore di pietra era stato già scheggiato da Samuele Bersani con Willie Peyote in Giudizi Universali (semplice ma dannatamente efficace), si è definitivamente sbriciolato quando Lo Stato Sociale ha portato sul palco la protesta dei lavoratori dello spettacolo. Da un punto di vista musicale un karaoke e nulla più, ma dalla carica emozionale rara. Non è per sempre, giuriamocelo tutti. Più tardi ancora Colapesce, dopo aver cantato “Povera Patria” di Battiato a voce rotta, si lascia andare ad un gesto tanto naturale quanto ormai inusuale, l’abbraccio all’amico Dimartino. Un gesto semplice, lo abbiamo quasi dimenticato. E ancora Madame – nota bene: 18 anni – ha riversato sul palco il disagio dei giovani in DAD e il disagio di chi deve per forza bagnare ogni cosa con i suonini della Roland Tr-808, rivelando una visione scolastica della musica che ha ancora bisogno di qualche ripetizione.
Ma minchia, signor appuntato, mi scusi tanto se mi sono dilungato, e giuro, ho riassunto e sono stato comunque più breve e sensato di ogni intervallo di Fiore adirato perché Amadeus l’ha dimenticato. Ma è proprio per questo che ci resto male se al netto di tutto la noia mortale rimane la cosa che più mi ricordo e che in questa sede vorrei denunciare.
Minchia signor appuntato, mi faccia parlare con il generale.
Mario Mucedola
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