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Indovina Chigi, il gioco della XVIII legislatura

7 ' di lettura

Chi può affermare di non aver mai giocato, almeno una volta nella vita, ad Indovina chi? “Guess Who”, questo il titolo originale, viene pubblicato negli anni ‘80 negli Usa dalla MB e da allora ottiene un successo enorme ed immediato. Si tratta di un celebre gioco da tavolo, in cui bisogna indovinare un misterioso personaggio, ricostruendone l’identità attraverso delle caratteristiche fisiche.

Un gioco per i cambi di casacca in Parlamento

Diversa è la storia di “Indovina Chigi”, il gioco tutto italiano dei cambi di casacca all’interno del Parlamento. Questo infatti è un diletto antico e diffuso, nato prima ancora della nascita della Repubblica. Nel 1882, nel governo Depretis IV, il presidente del Consiglio del Regno d’Italia inaugurava un fenomeno di cooptazione di deputati d’opposizione all’interno della sua maggioranza con la celebre frase: «Se qualcheduno vuole entrare nelle nostre file, se vuole accettare il mio modesto programma, se vuole trasformarsi e diventare progressista, come posso io respingerlo?» Da allora, ogni quattro anni circa, in occasione delle elezioni si azzera il tabellone e il gioco ricomincia.

Con le elezioni politiche del 4 marzo 2018, ha avuto inizio la XVIII edizione di questo gioco nella sua versione repubblicana: questa nuova manche dovrebbe, salvo nuove crisi, durare fino al marzo del 2023. Ma andiamo a vedere subito quali sono i protagonisti del gioco e come possiamo svelarli. Innanzitutto, tenendo presente la composizione delle Camere, diventa un po’ troppo complicato porgere all’altro giocatore le domande di rito di “Indovina Chi”, ovvero «È biondo?» «Ha gli occhiali?», «Porta il cappello?» e così via. Ci concentreremo dunque direttamente sui gruppi parlamentari di provenienza dei transfughi, in modo da fornire già da ora le soluzioni per permettere un comodo, agevole e divertente gioco da casa.

Cinque stelle o renziano?

Sarebbe il caso di iniziare dalle scremature più grandi, quelle che rispondono alle domande: «È stato un deputato dei Cinque Stelle?» oppure «È un renziano?». Il MoVimento 5S infatti, è quello che ha subito le perdite maggiori: secondo i dati della Camera, se il personaggio da indovinare non è un pentastellato, potremo abbassare le trenta caselle relative a Mura, Cunial, Giannone, Vizzini, Galantino, Rospi, Angiola, Fioramonti, De Toma, Silvestri, Cappellani, Aprile, Nitti, Frate, Trano, Zennaro, Bologna, De Giorgi, Acunzo, Ermellino, Lattanzio, Aiello, Rizzone, Romano, Siragusa, Berardini, De Girolamo, Lapia, Lombardo e Carelli, che sono andati a confluire nel Gruppo Misto, oltre alle due relative a Dall’Osso, migrato in Forza Italia e la De Lorenzo, accasatasi in Liberi e Uguali.

Potrebbe sembrare strano per un partito che si è sempre battuto per la modifica dell’art. 67 della Costituzione, che avrebbe introdotto il vincolo di mandato per i parlamentari per evitare queste emorragie di eletti. Da un lato si registrano le parole di Rocco Casalino, ex-portavoce del Premier Conte che, al microfono di Diego Bianchi durante l’ultima puntata di Propaganda Live ha dichiarato: «Non mi preoccupo se il M5S fa un’evoluzione, mi preoccupo se la fa in malafede o se la fa in buona fede». A prescindere dalla qualità grammaticale di quest’ultimo enunciato, bisogna rilevare come il concetto darwiniano di evoluzione riguardi la discendenza, attraverso modificazioni, da antenati comuni, gli stessi antenati comuni che i grillini hanno sempre ripudiato. Si nota un’assuefazione ai meccanismi democratici dei Cinque Stelle, ma bisogna comunque sottolineare come parte di questi cambi casacca siano in realtà frutto di “espulsioni” per via della mancata restituzione di parte dello stipendio, statutaria nel Movimento. È inoltre di queste ore, la notizia che Giuseppe D’Ambrosio, in aperta polemica con la deriva istituzionale del Movimento ha lasciato i Cinque Stelle per approdare al Gruppo Misto, aumentando così il numero dei deputati «persi» dal partito di Casaleggio.

LASCIO IL MOVIMENTO 5 STELLE E’ da qualche ora che provo a scrivere questo post, cancellandolo e riscrivendolo diverse…

Pubblicato da Giuseppe D’Ambrosio su Sabato 13 febbraio 2021

Il vizietto di tutti

Altra grande categoria di transfughi risponde alla domanda «È un renziano?». Il 18 settembre 2019, infatti, subito dopo la nascita del Governo Conte II si consuma la scissione dell’area Renziana del PD, che porta l’ex sindaco di Firenze a costruire un partito suo e quindi anche un gruppo parlamentare facente capo al nuovo partito. Se il personaggio da indovinare non apparterrà alla variante toscana potremo abbassare 27 caselle, ovvero quelle di Annibali, Anzaldi, Boschi, Colaninno, D’Alessandro, Del Barba, Di Maio, Ferri, Fregolent, Gadda, Giachetti, Librandi, Marattin, Migliore, Mor, Moretto, Nobili, Noja, Paita, Rosato, Scalfarotto, Ungaro e Portas provenienti dal Partito Democratico, Vitiello proveniente da Cambiamo!, Occhionero proveniente da LeU e Bendinelli e Scoma in arrivo da Forza Italia. Nel gruppo di Italia Viva inoltre, troviamo le prime tre carte oro, ovvero quelle di Carè, De Filippo e Rostan. I primi due provengono dal PD e dopo pochi mesi di permanenza in IV con un doppio carpiato sono tornati a casa, la terza proviene da LeU ma in occasione della crisi del governo Conte II ha lasciato Renzi per trasferirsi nel gruppo Misto.

Tutti a destra

A scanso di facili ironie, quando la domanda del giocatore di turno sarà «È del PD?», sicuro di abbassare una quantità importante di caselle, figlia della tendenza scissionista del centrosinistra italiano, le caselle da abbassare saranno pochissime. Togliendo infatti i 27 trasferiti dal PD a IV (al netto dei due che poi hanno fatto retromarcia), si registra l’abbandono della sola deputata Cardinale, mentre invece il gruppo parlamentare del PD risulta quello più ambito come casa nuova. È vero infatti che dopo la diaspora dei renziani si sta più larghi: il PD infatti registra gli ingressi tra le sue fila di Laura Boldrini da Leu, Lorenzin e Soverini dall’area PSI del Gruppo Misto e Cappellani, Lattanzio e Nitti che rappresentano altre tre carte oro guadagnate sul campo, per essere approdati ad indossare la terza maglia. Erano infatti finiti nel Gruppo Misto dopo essere stati nel M5S.

Domande che invece portano a scarsi risultati in termini di caselle da buttare giù per partecipare la nostro gioco sono le seguenti: «È di Liberi e Uguali?», «È un leghista?» ed «È un fratello d’Italia?». Da Liberi e Uguali sono partiti solo i già citati Boldrini verso il PD ed Occhionero e Rostan verso IV, mentre si registra l’acquisto della deputata De Lorenzo dai banchi dei Cinque Stelle. Cinque movimenti invece riguardano i banchi della Lega, con ben pochi parlamentari fulminati sulla via di Pontida, anche nel momento di massimo fulgore di Salvini. Nessuno se ne va dalla Lega, ma qualcuno entra. Minardo, Fiorini, Carrara, Ravetto e Zanella dal gruppo di Forza Italia, oltre a Zennaro carta oro per essere proveniente dal Gruppo Misto dopo un passaggio dal MoVimento. Il partito di Giorgia Meloni, invece, risulta essere quello più solido tra gli appartenenti al Parlamento, dato che solo la deputata Baldini ha lasciato il gruppo in direzione Misto, mentre sono entrati Caiata e Galantino, altra carta oro per il doppio passaggio dal M5S al Gruppo Misto a FdI e Bignami da Forza Italia.

Proprio Forza Italia, che più di tutti ha fatto della compravendita di deputati uno stile di vita, è il partito di centrodestra che esce con le ossa rotte da questo primo stralcio di XVIII legislatura. Ben diciassette infatti i movimenti in uscita, compensati da due sole entrate. In direzione del gruppo Misto sono partiti Sgarbi, Silli, Benigni, Galliani, Pedrazzini, Sorte, Germanà, Costa, Polverini e l’azzurro si è trasformato in verde Lega nei casi di Minardo, Fiorini, Carrara, Ravetto e Zanella, oppure ha acquisito sfumature nere nel caso di Bignami, spostatosi in FdI. Bendinelli e Scoma chiudono il quadro dei transfughi, complice il loro approdo in IV. Due acquisti invece provengono dai Cinque Stelle, il primo è Dall’Osso mentre la Giannone e la Baldini sono le due ultime carta oro del gioco alla sezione “Camera”, complice il doppio passaggio, nel primo caso dal M5S al Gruppo Misto, nel secondo da Fdi al Misto, prima di approdare ad Arcore.

E in Senato?

In totale sono 85 i deputati protagonisti di questi cambi ma i movimenti effettuati sono quasi 110, tant’è vero che gli appassionati di termodinamica stanno riempiendo dei pullman per organizzare delle sessioni di studio a Montecitorio sul tema del moto perpetuo. Al Senato invece la situazione è molto più agevole, soprattutto in virtù del fatto che i frequentanti di Palazzo Madama sono la metà dei deputati, e che i sei senatori a vita sono fuori dal calcolo. Talmente fuori dal calcolo che gente come Renzo Piano e Carlo Rubbia manco hanno risposto all’appello quando è stato chiesto loro di andare a votare la fiducia o meno al Governo Conte. Ma si sa, con gli anziani bisogna portare pazienza.

Partiamo dunque seguendo lo stesso ordine. Quando andremo a giocare con i senatori, alla domanda «È dei Cinque Stelle?» abbasseremo 16 caselle, ovvero quelle di De Bonis, De Falco, Di Marzio, Drago, Fattori, Giarrusso, Grassi, Lucidi, Marilotti, Nugnes, Pacifico, lo “schifato” Paragone, Riccardi, Urraro, Vono oltre alla superstar dell’ultima crisi di governo: il senatore pugliese Alfonso Ciampolillo. Ma dove sono andati a finire? Ben otto: Di Marzio, Drago, Fattori, Giarrusso, Nugnes, Pacifico, Paragone e Ciampolillo sono andati nel Gruppo Misto mentre Grassi, Lucidi, Riccardi e Urraro sono finiti alla Lega. La Vono è emigrata in IV e De Bonis, De Falco e Marilotti sono andati a rimpolpare il gruppo dei “responsabili” tabacciani del MAIE-Centro Democratico. Ed è proprio in questo gruppo che spiccano due carte oro, ovvero De Bonis e De Falco che prima di essere responsabili sono stati anche nel Gruppo Misto e l’unica carta platino del Parlamento, ovvero Marilotti, che dai pentastellati è passato prima al Misto, poi alle Autonomie per poi approdare nella corrente di Tabacci. E chissà cos’altro ci aspetta.

Lo scippo di Renzi al PD

Altro gruppo consistente, così com’era per la Camera, è il gruppo dei senatori che Renzi ha “scippato” al PD. Italia Viva infatti, conta 18 senatori, 14 dei quali (Bellanova, Bonifazi, Comincini, Cucca, Faraone, Garavini, Ginetti, Grimani, Magorno, Marino, Parente, lo stesso Renzi, Sbrollini e Sudano) sono stati eletti nelle file del PD, Carbone e Conzatti provengono da Forza Italia, la già citata Vono viene dal M5S e l’ultimo è l’ex viceministro dei Trasporti nella scorsa legislatura, ex socialista ed ex molte altre cose Riccardo Nencini.

Eccezion fatta per i diciotto transfughi in Italia Viva, se la domanda è «È del PD?» si tratta di una mano favorevole per l’avversario. Il gruppo del PD vede due soli ulteriori cambi di maglia. Il primo, peraltro pentito è quello del senatore Cerno, che il 25 febbraio 2020 esce dal gruppo PD per entrare nel Misto, ma la nostalgia di casa era forse troppa, tanto che a meno di un anno di distanza, il 18 gennaio 2021 lo stesso Cerno esce dal Misto per rientrare nel PD. Particolare invece è la storia della triestina Tatjana Rojc. Nell’ultima crisi di governo è uscita dal PD che sosteneva Conte per ritagliarsi uno spazio nei “responsabili” che invece sostenevano…Conte.

Infinite giravolte

Regna decisamente meno confusione nelle fila del centrodestra. La Lega perde un solo senatore, Barbaro che da buona carta oro, prima di approdare in Fratelli d’Italia si fa un giro nel Gruppo Misto. I salviniani invece acquistano ben 4 senatori: Grassi, Lucidi, Riccardi e Urraro dritti dritti dal MoVimento ed Elena Testor proveniente dai “vicini di casa” di Berlusconi. Proprio Forza Italia risulta tra i gruppi più falcidiati in questo gioco, perdendo dieci senatori. Oltre alla già citata Testor, passata alla Lega, e Carbone e Conzatti riscopertisi renziani, gli azzurri perdono Berutti, Sandra Lonardo in Mastella, i redivivi Gaetano Quagliariello e Paolo Romani in direzione Gruppo Misto e altri tre elementi: Causin, Fantetti e Rossi che finiscono al Maie.

Il totale dei cambi di casacca per quanto riguarda il Senato è di 48 senatori per quasi 60 movimenti che, in proporzione al numero degli occupanti di Palazzo Madama è da ritenersi assolutamente speculare rispetto ai movimenti della Camera, giusto per ricordarsi che non bisogna mai e poi mai svilire il ruolo del Parlamanto, come affermava uno straordinario Gianfranco Fini interpretato da Stanis La Rochelle.

Sappiamo che è un gioco difficile ed è peraltro in continua evoluzione, viste le recenti spaccature nel MoVimento 5 Stelle e in Liberi e Uguali sul sostegno al Governo Draghi. Sappiamo anche che durante le prime partite sarà molto complicato ricordare tutti i personaggi ma proprio per questa conformazione particolare, in caso di nuovo lockdown o nel caso in cui la vostra zona torni ad essere arancione o peggio ancora rossa, Indovina Chigi potrà consentirvi di passare lunghe ore incollati al tavolo o, come i suoi protagonisti, alla poltrona.

Mario Mucedola

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