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Perché il siciliano non è dialetto. Un’accademia contro la deriva linguistica

3 ' di lettura

Il siciliano è una lingua, chiariamo le cose in principio. Ne è convinto Salvatore Baiamonte, uno dei fondatori dell’organizzazione no profit Cademia Siciliana, che si propone di salvaguardare la lingua siciliana, insegnarne la giusta sintassi e ortografia, affinarne la pronuncia e valorizzarne le peculiarità. L’accademia nasce nel 2016 dopo una lunga gestazione, galeotta fu una comunità di migliaia di siculi-americani su Facebook, da cui si è generata la componente americana della redazione e la doppia sede fisica dell’associazione, in Italia e in Florida. Paul Rausch, imprenditore e linguista, è l’altro co-fondatore di Cademia, frutto di un incontro casuale su una community social.

L’interesse verso il siciliano oltreoceano ha ragioni soprattutto storiche: “Nell’immediato Dopoguerra la politica americana stigmatizzava le lingue europee – spiega Baiamonte – l’italiano, il tedesco e le lingue che vi giravano attono, erano le lingue dei cattivi. Questo fu un incentivo per gli emigrati per abbandonare e piano piano dimenticare le loro lingue native”. Ora però, i loro discendenti vogliono correre ai ripari: “Ultimamente si è sviluppata una sorta di controtendenza per recuperare il retaggio culturale originario; non conoscere la lingua identitaria per le generazioni di emigrati discendenti è una grave mancanza”. Il pubblico a cui l’accademia si rivolge non è solo quello siculo-americano, anzi, sono frequenti le richieste di chiarimenti da parte dei giovanissimi a cui non sono state insegnate le formule linguistiche corrette.

Non è un dialetto

“Uno degli obiettivi principali di Cademia Siciliana è la standardizzazione ortografica della lingua siciliana, con un sistema di scrittura stabile – rivela lo studente palermitano ma residente nel parmense – Tale processo si differenzia da quelli che hanno coinvolto altre lingue maggioritarie, in quel caso la scelta doveva essere univoca tra più varianti. Per la lingua siciliana si consentono delle varianti a seconda della provenienza, per cui se non esiste un’espressione per dire “quindi” nel palermitano, la si può prendere in prestito dal catanese (dove è utilizzato “adunca”). Sarebbe impensabile, oltre che disprezzato dai parlanti, ridurla a un unico sistema di scrittura che resterebbe comunque distante dal parlato. “Non significa scegliere una varietà ed eliminare tutto il resto – continua Baiamonte –  conoscere terminologie parlate in altre zone può solo arricchire”.

Tuttavia, per i più il siciliano resta ancora un dialetto. Quello della lingua sembra più un affare da accademici, appunto. Gli studiosi come Baiamonte partono dall’assunto che la linguistica in quanto scienza umana, assegna con un certo grado di arbitrarietà le definizioni. Dialetto andrebbe usato per le varianti geograficamente molto circoscritte (comune, villaggio) – fa ordine nei concetti – Guardiamo alla lingua italiana parlata. Esiste da circa cento anni, da Dante in poi è stata solamente una lingua scritta, perché ognuno poi si esprime con forti caratterizzazioni locali e fisiologicamente non raggiunge ancora il livello di diversificazione di altre lingue, come nel caso del siciliano”. 

Per alcuni versi questo progetto viaggia controcorrente rispetto ai dogmi dell’universo dell’istruzione, secondo il quale le lingue minoritarie non si possono insegnare. La convinzione di chi porta avanti l’accademia invece, è che sia possibile farlo con una didattica e materiali su misura. Se lo scopo di una lingua è essere parlata, non è necessario un sistema di scrittura stabile per essere definita tale, non diventa dialetto solo perchè non ha un manuale di grammatica. “Il siciliano è una lingua coesa nella quale troviamo varietà, ma con una comprensione reciproca da parte dei parlanti, rimane perciò la stessa lingua”. Del resto, senza le varietà linguistiche presenti su tutto il territorio italiano, perderemmo un notevole bagaglio culturale, ne uscirebbe una società impoverita e appiattita.

Studenti a servizio della lingua siciliana

La didattica di Cademia Siciliana si fonda mettendo insieme attivismo e divulgazione. Sono proposte vere e proprie lezioni facilmente fruibili su YouTube, soprattutto per i siculo-americani. Con loro si svolgono più attività con costanza e dedizione. A occuparsene è una redazione composta per la maggior parte da studenti.  Lo strumento invece, è la multimedialità: “Abbiamo puntato sulle possibilità della rete – continua – siamo presenti sui principali social per proporre contenuti diversificati, attorno ai quali la comunità virtuale si mostra dinamica e attiva”. C’è un settore interno dedicato alla digitalizzazione, si creano strumenti informatici in siciliano: sono già state pattuite collaborazioni con enti come Google e Facebook per inserire il siciliano come lingua di digitazione e Youtube per aggiungerla come lingua di sottotitolaggio. Basti pensare che hanno tradotto il videogioco Minecraft e di alcuni estratti dalla saga di Harry Potter.

 

Lanciando uno sguardo ai commenti sui social, la community a tratti sembra trasformarsi in un fandom del siciliano, riconoscendo nella pagina un’idea simpatica per ritrovare modi di dire ed espressioni che non si conoscevano. “Molti pensano che il nostro progetto abbia lo scopo di conservare e ravvivare le tradizioni locali, recuperare le usanze di un tempo. In realtà – sottolinea perentorio Baiamonte – noi evitiamo tutto ciò che riguarda il folklore: nel momento in cui una lingua entra in un contesto demologico e si tende a parlarla, quindi tramandarla solo attraverso formule fisse ed espressioni confezionate, significa che quella lingua è già morta, e che si è a un punto di non ritorno. Chiaramente questo è ciò che non tolleriamo e che ci auspichiamo non arriverà mai a riguardare il siciliano”.

Declinazione futuro

In definitiva, Cademia si propone di sviluppare tra le persone più consapevolezza rispetto alla lingua, nonché di promuovere un nuovo approccio anche nella scuola su certi temi, così come ogni contributo istituzionale sarebbe importante per garantire più sicurezza alla trasmissione linguistica. Se in cinque anni sono già stati piantati molti piccoli semi, il prossimo obiettivo resta quello di fermare la deriva linguistica, cioè interrompere la transizione per cui si sta gradualmente abbandonando il siciliano in favore dell’italiano. In questo senso si può agire con l’informazione e la divulgazione, per ottenere una stabilizzazione della situazione. È bene specificare che una persona non è bilingue solo se parla italiano e inglese, qualunque codice linguistico il cervello riesca a maneggiare si classifica come bilingue. 
Si parla di cultura italiana, ma è un termine di comodo: esistono le culture italiane. Ridurre tutto a un unicum significa eliminare il resto.

Greta Contardi, Sofia D’Arrigo

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