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Post-verità: nessuno immune

4 ' di lettura

La post-verità non è un fenomeno nuovo, ma recente ne è il chiaro riconoscimento, soprattutto in relazione agli accadimenti degli ultimi anni.

Il prefisso «post» non si riferisce a qualcosa che viene dopo, ma indica ciò che va oltre e che supera la verità; essa dunque diventa trascurabile e irrilevante ai fini della discussione, a favore di componenti emozionali. Si tratta di una forma di supremazia ideologica che, più che con la realtà stessa, ha a che fare con la reazione di fronte alla realtà, sviluppando una dispercezione della versione dei fatti.

Ma cos’è la verità dei fatti? Secondo Hannah Arendt essa sta al di là del consenso attorno alla verità, e non muta al mutare dei fatti. Tuttavia, accade che chi detenga il potere trasformi i fatti in opinione, e riscriva una nuova realtà che si evolve nella costruzione di un modo artificioso. La persuasività di queste costruzioni ideologiche è frutto della coerenza con cui viene presentato questo nuovo universo fittizio: si inseriscono logiche e linearità che raramente troviamo nel mondo, quindi ne restiamo affascinati.

L’essenza della post-verità sta nel credere che la reazione di una folla possa cambiare i fatti. Chi aderisce a questa nuova realtà non è più interessato a distinguere tra vero e falso: la sua opinione si forma a partire dalla fiducia nei confronti di un opinion leader. Questa figura farà al posto suo il lavoro di selezione delle informazioni, filtrate e interpretate a proprio piacimento e a servizio della propria convenienza, sollevandolo così da un grande peso: quello del pensiero critico. Questo ci garba perché siamo diventati pigri: abituati a ottenere notizie nel minor tempo possibile e in modo gratuito, senza compiere troppi sforzi cognitivi. 

 Lee Mc Intyre afferma che «quando i sostenitori di qualcuno si preoccupano più della parte da cui stare piuttosto che di cosa suggerisce l’evidenza, allora sì che i fatti possono essere veramente subordinati alle opinioni».

LE ORIGINI

Per prima cosa dobbiamo capire l’origine della post-verità. Le tortuose radici di questo fenomeno affondano nella mente umana, in particolare nei meccanismi che danno luogo ai pregiudizi cognitivi, responsabili dell’alterazione della percezione della realtà e dai quali, signore e signori, nessuno è immune.

I pregiudizi cognitivi (o bias cognitivi) intervengono a difesa delle nostre convinzioni, tra le quali vogliamo che ci sia armonia; quest’ultima la ricerchiamo allineando alle nostre credenze atteggiamenti e comportamenti. Quando questo equilibrio vacilla, ecco che si crea una forte tensione psicologica. Qui si incardina la strategia che in psicologia viene chiamata la «difesa dell’io», atta a salvaguardare la propria autostima. Quando sentiamo che le nostre credenze sono minacciate, preferiamo contestare il fatto, poiché mettere in discussione e rivedere i nostri schemi richiede un grande sforzo che ha a che vedere col «perdere la faccia».

Oggi, complice il facile accesso a infinite fonti, per sostenere le proprie convinzioni si cercano direttamente fatti a sostegno di esse o che interpretiamo in modo che possano confermarle, rifiutando invece tutte quelle che risultano fuorvianti ai fini della nostra nuova realtà. 

Nell’insieme dei pregiudizi cognitivi c’è l’effetto Dunning-Kruger: distorsione cognitiva per la quale le abilità che entrano in gioco per giudicare sé stessi equivalgono a quelle per giudicare l’altro. È una sovrastima delle proprie capacità che non ci permette di capire nemmeno quando lo facciamo. E anche qui, prendiamo atto che i bias cognitivi riguardano tutti, e abitano da sempre il patrimonio umano.

Un suggerimento interessante giunge da chi sostiene che un importante contributo alla post-verità sia stata la concezione del postmodernismo. Nata in ambito universitario, applicata a discipline come l’arte, l’architettura, la musica e la letteratura. Secondo questa teoria, tutto deve essere decostruito ed esaminato in funzione dei presupposti politici, culturali e sociali che vi sono dietro (teoria della «decostruzione» di Derrida). Ecco quindi creati i presupposti per credere che non ci sia una verità universale e oggettiva, ma che esistano solo differenti prospettive.

NEGAZIONISMO E CROLLO DELLE GRANDI NARRAZIONI

Il negazionismo scientifico è forse il caso più eclatante di post-verità, e solitamente è mosso da interessi ideologici o economici. La scienza non gode più del consenso che aveva fino a qualche decennio fa e la sua autorevolezza è stata messa in discussione. Perché?

Innanzitutto si mette in dubbio l’idea che la scienza sia equa e neutrale in termini di valore. Questo fenomeno fa leva sulla condizione di apertura della scienza in quanto disciplina in continua evoluzione, sempre revisionabile, quindi nessuna ipotesi deve essere esclusa a priori. Come si agisce in questi casi? Si chiedono le evidenze, davanti alle quali i negazionisti solitamente desistono. L’esempio più significativo di negazionismo scientifico è la questione del cambiamento climatico.                                                                                                     

Si parla infatti di un crollo delle grandi narrazioni, tra cui spicca la sfiducia nella scienza. Siamo nell’epoca degli effetti collaterali, temiamo che qualcuno stia tentando di ingannarci, e abbiamo paura di finire vittime della propaganda.

LA POST VERITÀ NEI MEDIA

Nelle condizioni degli ultimi decenni il fenomeno della post-verità ha trovato terreno più che fertile. I mezzi di comunicazione contemporanei offrono infinite possibilità per manipolare i fatti, da qui il decadimento dei media tradizionali, la cui informazione è meno basata su opinioni, o comunque nei quali la distinzione tra informazione e opinione era meglio marcata.                                                  

Sui social media in particolare si parla di silos informativi: contenitori di informazioni creati per noi in base alle informazioni che interessano a noi, con lo scopo di facilitarne la polarizzazione: ambiente fecondo per sfruttare la nostra ignoranza e la natura dei pregiudizi cognitivi. Il canale fluido e frammentato dei social, si fa veicolo di tali informazioni che oltre a essere polarizzate, sono deliberatamente false. Ecco dunque le fake news: non solo notizie false, ma volontariamente false a scopi politici o economici.                                                                                                         

Le fake news non nascono con l’ascesa al potere di Trump nel 2016, hanno origini ben più lontane. Qualcuno sostiene che esistano dall’invenzione della stampa di Gutenberg, quando era difficile controllare la veridicità delle notizie, spesso provenienti da autorità religiose o testimonianze oculari.

TRUMP: L’EMBLEMA

Quel che è certo, è che Trump sia stato l’esempio più significativo di utilizzo di fake news per scopi personali: tutto ciò a cui non voleva credere era falso (ciò che per lui è falso, deve essere falso anche per tutto il mondo). Secondo il leader la verità non ha valore, ma si misura solo in termini di effetti: se questa conferma la mia credenza avrà valore, altrimenti no. Quindi le informazioni vere sono quelle che stanno dalla parte dei miei interessi, tutte le altre oltre ad essere inutili, sono anche false.

Le elezioni presidenziali del 2016 hanno permesso alle televisioni di aumentare il loro pubblico esponenzialmente: ogni canale trasmetteva a ciclo continuo gli aggiornamenti, accontentando gli spettatori dando loro quello che volevano. Tutta quella smania di tenere il pubblico aggiornato fece sì che venne meno la qualità delle informazioni provenienti da Trump, spesso non verificate, ma dichiarate false a posteriori. Le premesse del leader non erano delle migliori: i suoi rapporti con i media erano già critici ancor prima di iniziare il mandato: durante i comizi insultava i giornalisti, proibiva di scattare fotografie.                                                           Quello che è intercorso nei quattro anni successivi è sfociato in un’implosione, più che in un’esplosione, in riferimento all’assalto a Capitol Hill. Imploso perché la democrazia che millantava di diffonderne altrettanta, è inciampata in sé stessa, e i valori che credeva di star predicando gli si sono ferocemente ritorsi contro.

La gente può prevedere il futuro solo quando coincide con i propri desideri, e i fatti più grossolanamente ovvi possono essere ignorati quando sono sgraditi.” George Orwell

Greta Contardi

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