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Bridgerton strizza l’occhio alla parità di genere

3 ' di lettura

C’è così tanto dramma che una goccia di sangue mestruale rischia di mandare in fumo un matrimonio. L’unico caso – nella storia del XVII secolo – in cui un legame coniugale è voluto da una donna, anche se i dettami dell’alta società impongono sia l’uomo a proporsi. Possibile solo se di cognome fai Bridgerton.

Per calarsi nel clima della nuova serie targata Netflix, la prima frutto del contratto con la produttrice Shonda Rhimes (la mente illustre delle 17 stagioni di Grey’s Anatomy, ma anche di Scandal e How to get away with murder), occorre sospendere l’incredulità molto più del solito. Bridgerton si presenta come la riscrittura libera dei romanzi bestseller di Julia Quinn, ambientati nel mondo competitivo dell’alta società londinese nell’Età della Reggenza.

Trama e ambientazione già viste, ma inedite insieme

Il primo dei libri Il Duca ed io, è qui tramutato in otto episodi: presenta la travagliata storia d’amore tra Daphne Bridgerton, maggiore delle figlie femmine della famiglia di visconti, e Simon Bennet, Duca di Hastings. Aperta la stagione delle debuttanti, Daphne è determinata a coronare il suo sogno di dama di prendere marito. A sospingerla è Lady Bridgerton, madre ma soprattutto matriarca di casa. Rimasta vedova, gestisce gli affari di famiglia insieme al primogenito Anthony, ingabbiato nel senso del dovere e innamorato segretamente della cantante lirica Siena Russo. A complicare le cose, la penna anonima, tagliente e autorevole di Lady Whistledown, una sorta di gossip girl della corte di Re Giorgio III.

Segno particolare di casa Bridgerton è senz’altro la cucciolata che a suo tempo i Visconti generarono: otto fratelli, quattro maschi e quattro femmine, tutti marcatamente tratteggiati secondo storie tipicamente stereotipate: Benedict ringrazia il cielo di non dover occuparsi di ammogliare le sorelle mentre sperimenta i piaceri della vita mondana tra un tratto di pennello e un inesplorato edonismo; Colin si nutre di ideali ed è pronto a sacrificare i suoi sogni di pioniere del nuovo secolo per una cottarella. A Eloise tocca il ruolo della piccola donna Jo, emancipata e ribelle, in fuga dall’etichetta. I dirimpettai sono invece i Featherington, aggrappati alla apparenze e pronti a tutto pur di rimanere nell’aere nobile. La minore di casa, Penelope, è anche la migliore amica di Eloise e adora Colin.

Lanciata nel weekend natalizio, rispetta la promessa di un binge watching fresco, ad alto ritmo anche se a tratti stucchevole.

Diversità e donne al potere nell’800

Tutto è luccicante in Bridgerton: i diademi, le vesti, le parrucche, i giardini. Una favola in continua esecuzione che si spegne solo nelle segrete di palazzo, dove si consuma ogni possibile dramma familiare, che non fa sconti a nessuno, neppure alla Regina Carlotta, che soffre in silenzio e solitudine la demenza del re, ormai irriconoscibile. Alla regina non sfugge il gossip di corte, diversivo attraente nelle sue noiose giornate, e da abile giocatrice, sceglie ricoprire un ruolo da scacchista, provando a spostare le sue pedine, pur di essere coinvolta nell’intrigo d’amore che fa parlare tutta Londra: la liason tra Daphne e Simon.

E sono proprio le protagoniste femminili a svelare la vera novità di Bridgerton nel panorama mediale: la serie adotta il punto di vista della donna in ogni singola scena. Non c’è storyline che non sia declinata secondo l’ottica della femmina. Ella diviene eroina, aiutante, e antagonista. Persino nel passato del protagonista, il Duca di Hastings, le donne svolgono il loro ruolo chiave. Per raggiungere l’obiettivo, gli sceneggiatori puntano su due elementi: l’evoluzione di Daphne, che da ingenua e sprovveduta diventa – da sola – fautrice del suo destino da una parte; la messa in ridicolo delle usanze maschili dall’altra. Basti pensare in che modo viene trattato il duello tra Anthony e Simon.

Bridgerton funziona

Può sembrare paradossale vedere ceppi di colore nella nobiltà inglese dell’era di Re Giorgio, a partire dalla Regina Carlotta. Può stonare la consapevolezza delle donne, che pur addomesticate per divenire dame e mogli irriducibili, sembrano tutte perfettamente in grado di autodeterminarsi. In realtà, la produzione di Bridgerton si è avvalsa di una esperta di storia per ricreare ambientazione e culture ricorrenti nel secolo proposto. Così come è fondato l’intento degli sceneggiatori di offrire un deciso balzo in avanti nelle tematiche. Complice il ritmo sostenuto con cui vengono proposte le vicende, il risultato è molto buono. Ci fossero ancora dubbi, i numeri spazzano via ogni reticenza: solo il trailer ha avuto oltre 580 mila visualizzazioni su YouTube e Twitter, il cast inclusivo testimonia la virata verso un cinema più egualitario, la firma di Shonda Rhimes ha accomodato uno stuolo di fan e infine, l’espediente del mistero con la gossip girl dell’800 ha avvicinato anche gli amanti del giallo alla visione.

Sofia D’Arrigo

One Comment

  1. Mario Mario 7 Gennaio, 2021

    Quando dice che ha avuto tanto successo (580K visitatori su youtube, che per me sono anche pochi) è dovuto non al discorso che la gente avverte fortemente il problema della parità di genere ma perchè ha trovato quel target femminile, quello che oggi segue “Segreto ” su Rete 4 o seguiva Andrea Celeste su Odeon negli 80.

    Il sito .time24.news scrive:

    “Bridgerton is produced by the creator of Grey’s Anatomy, Shonda Rhimes, and has already arrived showing that the new Netflix series has a female target audience, even showing a masturbation scene of the protagonist who is giving the talk.”

    Mentre invece Epigram.org.uk scrive:

    “For a show whose target audience is adult women in search of a bit of erotic escapism, it may remind female viewers of their past unsatisfactory sexual experiences, rather than their wildest fantasies”

    Mi sembra che la Sofia aveva un’idea del messaggio che voleva dare (uguaglianza di genere e cose simile) ma la realtà è ben diversa: è il solito film rivolto a delle telespettatrici.

    A me dispiace che la gente perda tempo a leggere questi film e il discorso della parità di genere è da approfondire senza discorsi lennonistici e radica chic: oggi ci sono donne che, se vogliono e fanno sacrifici, possono arrivare in alto, e in Italia gli stipendi delle donne sono uguali a parità di ruolo agli uomini.

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