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Abbiamo un grande problema – e quel problema – non è che anche le maestre fanno sesso.
A solo qualche giorno dopo il caso di Torino, il video più cercato su Youporn è proprio quello a luci rossi della maestra d’asilo. In realtà la dicitura “video porno maestra” è tra i Trends di Google, ovvero le tendenze di ricerca del momento. Un video nato come un gioco privato tra due fidanzati, che improvvisamente viene diffuso online senza consenso, finendo su tutte le maggiori piattaforme di pornografia e infine, sui nostri cellulari.
L’incubo per la ragazza inizia due anni fa quando al termine di una relazione d’amore, il suo ex-compagno decide di diffondere senza alcun consenso fotografie e video “hot” della ragazza su un gruppo di Whatsapp di calcetto. Un gioco vendicativo che è costato caro alla giovane maestra di Torino.
Il tam-tam incomincia immediatamente; una condivisione, un’altra e poi un’altra ancora. Fermare il vortice è quasi impossibile; è il pericolo del revenge porn, attraverso un gesto è possibile rovinare la vita di una persona per sempre. Momenti d’intimità diventati pubblici, anzi virali.
A distanza di ventiquattro mesi una delle mamme dei bambini dell’asilo in cui lavora(va) la maestra “a luci rosse” si rende conto che è proprio lei, la ragazza dei video di Whatsapp, ad occuparsi dei suoi bambini. Piuttosto che tenderle la mano mostrando quella famosa solidarietà femminile, la mamma decide di avvertire le altre, contattare la maestra e minacciarla di non denunciare il marito. La vittima nonostante tutto era determinata nello sporgere denuncia e così ha fatto, non si aspettava che le minacce ricevute si trasformassero in realtà. Scatta immediatamente la vendetta. La mamma in questione decide di mettere al corrente la dirigente scolastica dell’asilo, la quale ha umiliato e licenziato la giovane maestra ritenendola non più idonea all’insegnamento.
Una catena di assurdità, cattiverie, comportamenti sbagliati e tanto, tanto, tanto maschilismo. Il maschilismo di quello che decide di umiliare una donna “spogliandola” davanti a tutti. Così, come quello dei compagni di squadra, che invece di riprendere il ragazzo prendono parte alla gogna mediatica. Una storia di madri che trovano degenere una maestra che ha rapporti sessuali e di una dirigente scolastica che decide di non schierarsi a fianco di una vittima di violenza. Perché viviamo in una società dove è scandaloso avere una maestra che ha scattato qualche foto “porno”?
Questo perché siamo inorriditi all’idea che una donna che abbia contatto con dei bambini possa avere una vita sentimentale, figuriamoci che faccia sesso. Perché le donne, figuriamoci le maestre, dovrebbero essere sempre figure angeliche, eteree, niente vita sentimentale, niente sesso e – niente fantasie. Molti hanno commentato la storia dicendo: “Ma tu lo lasceresti tuo figlio in mano a una che ha fatto un video porno?” “Sì, io lo farei – al di là del spiegare che pornografia ha tutt’altra accezione”. Non lascerei mai i miei figli in mano a chi crede che questo sia il giusto modello di genitorialità. Non mi spaventano le maestre o i bambini; mi spaventano gli adulti di questa storia. E se vi meravigliano le donne con una vita sessuale, allora, licenziateci tutte.
Sono 30 le psicologhe emiliane del Centro Tice – Psicologia per gli esseri umani di Piacenza – ad averci messo la faccia. Attraverso la loro pagina ufficiale di Facebook hanno lanciato un messaggio molto chiaro, “anche noi facciamo sesso”, chi tanto, chi meno, chi una volta alla settimana, chi quando capita – ma questo, non ha nulla a che fare con la professionalità di una persona. Se fare sesso è un problema, allora, licenziateci.
Nel 2020 è inaccetabile sentire di una ragazza di ventidue anni essere licenziata perché vittima di Revenge Porn. Non è necessaria una particolare educazione sessuale e civica per comprendere che la condivisione di materiale sessuale rivendicativo senza consenso non è semplicemente sbagliato, ma è un reato.
Francesca Confalonieri
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