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Una vita tra Albania, Svizzera e America quella della scrittrice, giornalista e sceneggiatrice Elvira Dones. Una scrittura che attraversa mondi e lingue diverse con la sensibilità di chi si sente, allo stesso tempo, straniera e a casa ovunque.
È il 1988 quando Elvira Dones, nata a Durazzo nel 1960, lascia l’Albania, a quel tempo ancora dominata dal regime dittatoriale comunista. Nessuno era libero di andarsene. La maggior parte degli albanesi dovette aspettare il 1991 per poter scappare, ma Dones lavorando per la televisione otteneva sporadicamente dei permessi per recarsi all’estero. Durante uno di questi viaggi, prese il coraggio di fuggire in Svizzera e non fare più ritorno, affrontando poi le ripercussioni.
È lei stessa a raccontare la sua fuga e le conseguenze nel romanzo Senza bagagli, il primo tradotto in italiano. La vita dell’autrice è attribuita al personaggio fittizio di Klea. Il testo proietta chi legge all’interno dell’Albania della dittatura, dove non si è liberi di prendere alcuna decisione autonoma, fino agli aspetti più privati della vita. Dove ciò che manca è “l’allegria e la disinvoltura della folla”.
Dones racconta il terrore di essere arrestati per delle banalità, come un indumento di un colore troppo acceso o una frase pronunciata senza prestare attenzione. I poster e degli slogan riempivano le città, la propaganda asfissiava i bambini nelle scuole, e mancavano i beni di prima necessità. Intere famiglie venivano rovinate se un membro decideva di ribellarsi al governo, come la sua. Una società misogina, discriminante dei disabili, in cui era difficile divorziare, decidere chi e come amare. Il suo popolo guardava allora i canali della televisione italiana per vedere la vita e la libertà dell’Occidente, mondo fantasticato e proibito. Dones, una dei pochi che ebbe la possibilità di vederlo dal vivo, “doveva succhiare il mondo dentro le pupille per regalarlo poi a tutti quelli che le avevano detto: guarda anche per noi”.
Da volto della Tv a rifugiata
La sua fuga fu completamente improvvisata, “senza bagagli”. Se in Albania era un personaggio televisivo noto ed economicamente abbiente, ora si trovava ad essere una rifugiata. Senza la possibilità di sentire la famiglia, in particolare suo figlio, ancora bambino, di cui per molto tempo non ebbe notizie. Il governo albanese cercò di convincerla a tornare attraverso ricatti e minacce a cui Dones non ha mai ceduto, andando altrimenti incontro ad un arresto certo. Poi arrivò il 1991: con l’abbattimento della statua del primo dittatore Hoxha da parte della folla, le manifestazioni e le proteste, gli albanesi riuscirono finalmente ad ottenere la possibilità di fuggire. Anche per lei, così, avvenne il ricongiungimento con la famiglia e il figlio.
Lo spostamento caratterizza la vita di questa donna, che dopo molti anni trascorsi in Svizzera, si spostò negli Stati Uniti. Nel primo appuntamento del suo videoblog, pubblicato il 25 febbraio 2009, parla della sua condizione di perenne movimento. “Resto con la valigia sempre in mano perché viaggio moltissimo, e guai a chi me la toglie quella valigia. Straniera ovunque penso che rimarrò fino alla fine dei miei giorni e mi piace moltissimo, mi piace molto perché mi aiuta a non avere cose che mi tengono legata”.
Sembra poi cambiare idea un paio d’anni più tardi, nel maggio 2011, quando alla domanda della giornalista Sonila Alushi: <<Quali di queste frasi preferisce, o sente più sua: “straniera ovunque” o “a casa ovunque”?>>, Dones sceglie la seconda. Dalle sue parole emerge una forte consapevolezza della propria identità e origini. Ma anche di tutto quello che ha vissuto e imparato levando l’ancora e salpando verso altri mondi e culture.
“Io bestemmio in italiano”
Dopo sette libri in albanese, nel 2007 esce Vergine giurata, primo romanzo di Dones scritto in italiano. L’autrice definisce questa scelta un gesto spontaneo, dopo più di sedici anni di vita nella Svizzera italiana: “mi avvicinai alla letteratura in italiano, alla scrittura in italiano molto naturalmente, ma anche con il grande timore di farle un qualche torto, visto che amavo e amo moltissimo questa lingua”, dice in un’intervista per Albania News. Nel primo appuntamento del suo videoblog riflette sulle proprie abitudini linguistiche: “Parlo in italiano, sogno in italiano, piango in italiano, impreco in italiano”. Leggendo i suoi libri si ha l’impressione di trovarsi di fronte a una scrittura colorata, che unisce le diverse lingue parlate da Dones.
Tungjatë. In uno dei romanzi scritti in italiano, questo termine è ricorrente. È un saluto tipico dei monti albanesi, e significa “che ti si allunghi la vita”. In Vergine giurata sono raccontati i monti albanesi. In italiano. Ma con la presenza di parole albanesi. Questo è il motivo per cui si parla di lingua viva e coinvolgente: include invece che scegliere, unisce più mondi e il pubblico di diversi paesi.
Le vite degli altri
“Io non mi sono mai considerata una femminista semplicemente perché non ho avuto modo di fare parte di un gruppo del movimento femminista, ma ho visto sempre con uno sguardo estremamente attento la condizione femminile sia in Albania, sia in altre parti del mondo dove io vado, lavoro e metto mano”. Questo interesse e sensibilità nei confronti delle donne emerge in maniera forte dall’opera di Dones, unita ad una curiosità verso gli esseri umani in generale. L’umanità e i suoi colori, come afferma nel secondo appuntamento del suo videoblog.
Su queste tematiche, Sole bruciato è un pugno allo stomaco. Una critica impegnata e senza filtri al traffico di prostitute fra Albania e Italia. Una condanna forte a entrambe le società, che utilizza come arma la crudezza delle storie vere delle tante ragazze rapite, torturate, ricattate, uccise. Da una di queste vittime senza nome di cui l’autrice ha letto sul giornale è partito il progetto di indagare e raccontare un mondo che è vicino a tutti noi, ma quasi sempre ignorato.
A ritornare spesso nelle sue opere, la sofferenza. Bianco giorno offeso racconta un amore e un’amicizia, l’intreccio di tre storie dolorose: Ilìr, profugo albanese, Max, il suo amico indomabile, e Blanca, ragazza argentina misteriosa e sfuggente. Argentina è anche Andrea, protagonista di Mari ovunque. Un viaggio all’interno di un amore che coinvolge personaggi forse tra loro opposti, raccontato in tutti i luoghi in cui è vissuto: da un cinema svizzero ai paesaggi irlandesi, da un appartamento disordinato a un ospedale psichiatrico. Del 2011 l’ultimo romanzo scritto, anche questo in italiano, Piccola guerra perfetta. La guerra del Kosovo è raccontata attraverso gli sguardi e i piccoli aspetti della quotidianità di tre donne: Rea, Nita e Hana.
La religione dello scrivere
Elvira Dones afferma che la scrittura sia la sua unica religione, e c’è da fidarsi. Nel parlare della sua infanzia racconta infatti, di aver deciso di fare la scrittrice a soli quattro anni e di aver scritto il suo primo romanzo, intitolato appunto Romanzo, a nove anni e mezzo. Dones lo definisce “da figlia indottrinata di genitori comunisti”, perché la storia raccontava di un piccolo partigiano che muore combattendo contro i tedeschi. Il bisogno e la voglia di scrivere appaiono come uno dei motori della sua fuga dall’Albania, dove non le era permesso di scrivere ciò che voleva. Tanti dei suoi stessi personaggi scrivono: chi per sfogarsi, chi per comprendersi, chi per mestiere. Si ritrova così una parte dell’autrice. Una donna che ama e riesce a mettersi nei panni degli altri, ma che allo stesso tempo è capace di far indossare agli altri i suoi.
Chiara Magrone
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