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Il tempo in Giordania assume il valore dell’attesa

2 ' di lettura

“Salam Aleikum”
“Aleikum Salam”

Asif è un signore iracheno che dopo quarant’anni di lavoro come maestro è costretto ad abbandonare il suo paese. “Come pensate ci si senta a lasciare la propria casa? Un uomo non può piangere, ma dopo 65 anni ho dovuto lasciare tutto e scappare” Asif ha gli occhi lucidi e uno sguardo triste, viene da Mosul, una città che ha attraversato i secoli per essere ridotta a un cumulo di macerie.

Asif è scappato in Giordania assieme alla moglie Jala nel 2017. I due hanno visto l’Isis prendere il comando di Mosul: nel 2015 sono state raggruppate al centro della città 2000 donne, che sono state poi vendute e trasformate in schiave sessuali; il califfato ha poi cominciato a bombardare la città. Asif e Jala hanno visto la loro casa crollare, la scuola in cui il maestro Asif ha insegnato per quarant’anni è stata ridotta a cumuli di polvere. Asif e Jala sono in Giordania da un anno, sentono la mancanza della loro terra e della loro lingua, la stessa di quella parlata da Gesù: il siriaco, la lingua degli iracheni cristiani che deriva dall’aramaico antico. Ci tengono alle loro tradizioni, improvvisano un dialogo in siriaco per farci sentire la musicalità della loro lingua millenaria.
Asif e Jala hanno una figlia che vive in Australia con il marito e i loro sei figli. I genitori aspettano il visto per poterli raggiungere. La loro vita si definisce nell’attesa, riescono a renderla più leggera con un dialogo in siriaco.

Il tempo in Giordania assume il valore dell’attesa. C’è solo tempo, tempo e tempo. Non c’è un orizzonte, né una progettualità. Solo tempo vuoto, sprecato in uno stato di sospensione perenne. Ci sono attese riempite dal Jaha, il rituale del caffè, che viene preparato facendolo bollire due volte con una miscela di caffè e cardamomo. Tradizione vuole che il caffè venga versato per tre volte di seguito: in segno di pace, accoglienza e in segno di benvenuto, di liberazione dai contrasti e per onorare amicizia e allegria.
La Giordania è un paese povero, molto povero, nonostante ciò l’accoglienza è un valore fondamentale. I giordani dicono “se una persona ci guarda con un occhio, noi la guardiamo con due”: è infatti il secondo paese al mondo per rapporto tra rifugiati e densità di persone. Si parla di un paese piccolissimo che però non ha mai smesso di accogliere profughi.

La Giordania è un mosaico disordinato e irregolare, composto da tasselli di diversi colori, destinati a non incrociarsi mai. Ogni famiglia è un mondo complesso. Ogni nucleo famigliare affronta drammi, paure, disastri a modo proprio.
Amman, la capitale, brulica di persone, profumi, colori, voci e urla. Si viene travolti dai rumori: bambini che giocano, donne che negoziano sui prezzi e fanno compere al Souk, il mercato tipico arabo.
La comunità locale è molto fragile. La disuguaglianza sociale, la disoccupazione e la povertà sono in aumento, c’è una forte pressione demografica per cui il governo interviene per mantenere l’equilibrio tra rifugiati e ospitanti.


Le giornate in Giordania sono scandite dal richiamo del muezzin, che cinque volte al giorno invita alla preghiera. In Giordania il cielo è sempre limpido, si colora di sfumature diverse durante l’arco della giornata. Accoglie le preghiere dei fedeli, che siano musulmani o cristiani.
Al tramonto il cielo si colora di rosso, ricorda che un altro giorno è trascorso e sembra donare un po’ di speranza a tutti coloro che vivono in uno stato di sospensione logorante e continua.
“Salam Aleikum”
“Aleikum Salam”

Erica Marconato

3 Comments

  1. Dario Marconato Dario Marconato 20 Dicembre, 2020

    Quando sei partita x la Giordania, ho pensato alle troppe ragazze “occidentali” rapite dai vari eserciti di un Dio diverso dal nostro, tua mamma per questo era disperata e rassegnata allo stesso tempo, ma abbiamo accettato di buon grado la tua scelta, perché quando si sente dentro un richiamo, è opportuno seguirlo, a tutti i costi, e noi genitori lo abbiamo accettato.
    Questo scritto che leggo,
    illuminato da fotografie che lo rendono presente e reale, mi ricordano quella teoria che afferma che tutto ha un senso, e spero che questo articolo possa essere una tessera del mosaico raffigurante un mondo liberato dalle ingiustizie e dalle oppressioni nei confronti dei più deboli.

    Contrapponendo al modo in cui ai bambini martiri della jiad, vengono dipinti paesaggi paradisiaci, nelle strutture predisposte all’addestramento, per illuderli della santità successiva al loro ultimo sacrificio,
    il nostro mondo, di cui facciamo tutti parte, attraverso questi gesti di coraggio, sacrificio, disciplina, onestá, tenta di disegnare una ipotesi di futuro sostenibile.
    Grazie Erica.
    Il tuo orgoglioso papà.

  2. Erica marconato Erica marconato Post author | 21 Dicembre, 2020

    Grazie di cuore pa’!

  3. Lisa Radin Lisa Radin 26 Dicembre, 2020

    Complimenti anche da parte mia Erica. Rendi molto affascinante il concetto di tempo, così diverso dal nostro. Spero che i due abbiano potuto arrivare in Australia. Facci sapere se puoi. Grazie
    Lisa Radin

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