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Bambole di pezza come libellule: le “Signorine dell’acqua”

2 ' di lettura

Simbolo della tradizione sarda

Nasce fra le contrade brulle e isolate della Sardegna la storia di Derligia Bonacattu, artista dell’isola e madre orgogliosa delle sue leggiadre creaturine di canna e stoffa, le “Senoreddas de arriu” (Signorine dell’acqua), piccole bamboline tipiche della tradizione sarda composte solamente da degli stracci e una piccola canna.

Immaginatevi delle piccole e polverose stradine di un paesino di campagna nell’entroterra attraversate dai pastori che, a passi lenti e stanchi, tornano alle loro case con delle vuote e logore bisacce. Si affollano di bambini impolverati dalla testa ai piedi che corrono, cadono, si sbucciano le ginocchia, strillano e giocano con il niente e con il tutto.

Bambini che si cibano di fantasia e aria pulita. Sono tempi in cui i giocattoli belli, rumorosi e colorati sono oggetto di desiderio di molti bambini, così come le bambole, dai visi porcellanici e freddi. Considerate dei veri e propri tesori da custodire gelosamente, usandole il meno possibile, adagiandole delicatamente a riposare tra i morbidi cuscini del letto o su uno scaffale. 

La composizione è estro e introspezione

Derligia è la tipica donna sarda: piccola, minuta e di carattere. È cresciuta a Cagliari, ma il fine settimana tornava al suo paese, dove non c’erano le possibilità della città. Per tenerla occupata e per insegnarle i rudimenti del cucito, la madre le ha tramandato questo antico modo di giocare. Così, passava interi pomeriggi al canneto, alla ricerca della cannuga più adatta per la signorina che aveva in mente di creare in quel momento. Una volta tornata a casa, tirava fuori ago e filo, lasciava galoppare la fantasia e creava delle meravigliose ed eleganti signorine da semplici stracci. Ne faceva di ogni statura: alte, basse, tozze e in base ai colori delle stoffe utilizzate immaginava da giovani spose, alle nonne, delle vedove alle artiste, proprio come lei. 

L’idea di Derligia è un’evoluzione della tradizione. Le sue, infatti, non sono semplici bamboline: sono Sennoreddas d’arriu, in italiano “signorine di fiume”, che nella mente della creatrice diventano libellule nascendo dal suo forte legame con l’acqua.
Sono il frutto di quanto osservato nella realtà in cui ha vissuto, non semplicemente giocattoli: le bambole di pezza sono il simbolo della donna che avrebbe voluto diventare.

Le Sennoreddas hanno tutte una storia, sono delle guerriere che non si scompongono e non si piegano davanti a nessuna difficoltà, proprio come la canna di cui sono fatte. Nel comporre le sue signore, Derligia, compie un continuo esercizio di introspezione su se stessa. Appositamente infatti, non disegna i tratti del viso, soprattutto gli occhi. Vuole che siano il più neutre possibili, in modo che chiunque possa identificarsi in ciascuna di loro.

gli occhi non sono importanti, servono ai bambini che hanno bisogno di una guida noi andiamo a tentoni fino a quando non troviamo la strada giusta

Derligia

Derligia, l’artigianato donna

L’artista lavora nel sito archeologico del “Nuraghe Losa” ad Abbasanta, in provincia di Oristano, dove ogni anno vengono organizzati degli eventi incentrati sulla potenza della figura femminile e a cui le sue Signorine non mancano mai. Dal canto suo, si è ripromessa che continuerà a portare in giro per la Sardegna e non solo le sue Signorine, condividendo con chiunque abbia voglia di ascoltare la sua storia e di leggere i suoi occhi malinconicamente sognanti le sue “libelluline”, scrigno prezioso di un sapere e di una tradizione che resiste alla prova del tempo.

Giulia Lecis 

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