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La quarta stagione contesa tra tre grandi donne su Netflix
Quanto è pesante la corona? Quanto è forte il senso del dovere? Fino a quando si può credere nelle favole? Sono queste le domande principali che vengono suggerite allo spettatore della quarta stagione di The Crown, in cui fanno il loro ingresso Margaret Thatcher (the Iron Lady) e Lady Diana Spencer impersonate da Gillian Anderson ed Emma Corrin, che rendono la stagione ancor più corale delle precedenti.
Un decennio molto caro e vicino a noi quello che ci viene presentato. Ci da modo di confrontare realtà e finzione di quella che è stata la metamorfosi della monarchia inglese dall’abdicazione di Re Edoardo VII ad oggi.
La risolutezza delle figure femminili, mogli e madri, di questa stagione è molto articolata e ci viene servita come una torta a tre strati, permettendoci di guardare la famiglia reale in tre modi distinti. Il primo strato, quello più esterno, è rappresentato dalla figura di Margaret Thatcher, donna ferrea, che però soffre la monarchia. Il secondo, in mezzo, da Diana Spencer, moglie di Carlo, che svilupperà un disturbo alimentare a causa della difficoltà di adattamento alla vita reale. Mentre la base, che sorregge tutto, è la Regina, inamovibile figura ricoperta sempre da una veste di fredda nobiltà.
Il senso della solitudine
Nelle precedenti stagioni di The Crown abbiamo vissuto la monarchia attraverso gli occhi della giovane Elisabetta, divenuta poi Regina, annullata dalle responsabilità della corona. Madre in primis del proprio Paese, ma intenta a insegnare il senso del dovere e del sacrificio ai suoi quattro figli. Nella quarta stagione vedremo che i suoi insegnamenti non sono maturati come sperava. I figli sono “persi” nelle loro vite, anaffettivi, bisognosi di attenzioni e molto fragili. L’ingresso delle due Lady crea un certo scompiglio nelle vicende personali dei Windsor, affiancando la Regina ma senza rubarle mai la scena.
Ribadito più volte nel corso dell’intera serie, e forse con una lieve ridondanza: nascere nella famiglia reale è più da intendere come una punizione che come un privilegio. Perciò il concetto “Soli insieme” è quanto mai chiarissimo in questa quarta stagione in cui la solitudine viene affrontata in modo differente da ciascun personaggio per offrirci diverse sfaccettature.
Un coro di voci
Il rischio che Lady Diana potesse prendere il sopravvento e monopolizzare la scena c’era, così come il rischio che sembrasse un documentario. Nessuna di queste ipotesi si è verificata in quanto lo spazio sui protagonisti è stato ben diviso, selezionando gli avvenimenti più rilevanti, messi su schermo da Benjamin Caron con una dose intensa di drammaticità cinematografica che l’uso di primi piani e la costruzione accurata delle simmetrie hanno sicuramente favorito. Non risultano marginali neppure i fatti storici, discretamente accurati e ben bilanciati con le vicissitudini personali, come la Guerra della Falkland e il tour dei principi del Galles in Australia e Nuova Zelanda.
Non vengono tralasciati nemmeno i punti di vista del principe Filippo, del principe Carlo, della principessa Margaret e della principessa Anna, unica figlia femmina della famiglia. Affrontare temi delicati con la giusta sensibilità non è mai facile. In The Crown, però, si guadagnano il loro spazio senza spettacolarizzazioni, come per l’anoressia nervosa di Diana . Ed è con la stessa delicatezza, senza troppi sconti, che procede questa quarta stagione, il progetto ne prevede sei e per la quinta dovremo aspettare il 2022.
Giulia Cerami
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