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Le miniere di cobalto in Congo: un paese povero che alimenta il mondo

2 ' di lettura

Se stai leggendo questo articolo – e prima ancora – se io sono riuscito a scriverlo, dobbiamo entrambi sapere in che modo, ogni giorno, abbiamo la possibilità di vivere in modo smart. La Repubblica del Congo, luogo dove la nostra osservazione si concentra, ha un PIL pro capite di 2116 dollari annuali, poco più di 180 dollari al mese. Nella classifica mondiale è il 136 paese per PIL procapite. Senza questa regione, la nostra iper-connettività e la nostra tecnologia non avrebbe modo di esistere. La maggior parte delle multinazionali che operano nel settore della tecnologia trae beneficio dal lavoro sottosviluppato e sottopagato nelle miniere di cobalto.

La povertà dei più soddisfa la ricchezza dei pochi. Oggi senza il cobalto l’industria 3.0 collasserebbe in un attimo. Due giorni fa il Sole24 parlava della possibilità, nei prossimi due anni, di passare dagli attuali 70 minuti di carica per un veicolo elettrico, ad un massimo di dieci minuti. Nell’immagine in basso, ci sono un gruppo di lavoratori selezionati e pagati alla consegna del materiale. I caporali poi, venderanno a loro volta il prodotto a depositi di stoccaggio che saranno base operativa delle multinazionali. I protagonisti di questa foto quanto guadagnano?

Le miniere di cobalto: chi ci lavora e quanto guadagna?

La maggior parte dei bambini dichiara di guadagnare tra 1.000-2.000 franchi congolesi al giorno(1-2 euro). Lo stipendio non è forfettario ma viene corrisposto per sacchi di materiale consegnati. Il peso viene stimato dal caporale che corrisponde al lavoratore qualche moneta. Il lavoratore non ha modo di verificare il peso del sacco. Ogni sacco pesa dai 20 ai 40 chilogrammi, molte volte il peso del sacco supera quello del bambino. La giornata lavorativa media è di 12 ore al giorno.

La maggior parte dei lavoratori muore per malattie precoci dovute allo sfinimento e alle scarse condizioni di sicurezza dei siti di minerali. Il lavoro non si svolge solo in miniera, ma anche a cielo aperto, senza tener conto delle condizioni meteorologiche. Una volta in miniera il singolo bambino trascorre la maggior parte delle ore a scavare, talvolta a mani nude, in un unico buco alla ricerca del cobalto. Al termine, una volta riempito il sacco, il bambino lo trascina o lo porta in spalla mediamente per un’ora e mezza, fino al deposito commerciale più vicino. Su 365 giorni, un bambino, ne passa circa 300 in miniera.

Chi ha interessi nelle miniere di cobalto?

Due nomi figurano principalmente nelle aree di estrazione in Africa. Glencore e Rio Tinto. Ad una rapida ricerca, scopriamo che sono due aziende multinazionali. La Rio Tinto è un gruppo multinazionale anglo-australiano, e si occupa di ricerche ed estrazione di risorse minerarie, mentre Glencore è un’azienda Svizzera con un fatturato annuo di 215 miliardi. La Glencore, operante in Africa nelle miniere di Cobalto, ha un fatturato annuo di poco inferiore al fatturato totale di Apple nello stesso 2019, quasi 250 miliardi di dollari appunto. Navigando sul sito internet dell’azienda, leggiamo: “siamo una delle più grandi produttrici di cobalto al mondo, estraiamo in siti nella Repubblica del Congo”. Il problema di queste multinazionali sono le Royalties bassissime che pagano allo stato di estrazione, ma sopratutto il sistema di investimenti quasi nullo nei paesi diretti in cui si estrae.

Ciò che conta è solo ed esclusivamente la materia finale, non ci sono infrastrutture, non ci sono contratti, non ci sono condizioni di lavoro. Le grandi compagnie comprano il prodotto finale senza preoccuparsi dei metodi di estrazione e delle condizioni in cui il lavoro viene gestito, molte volte illegalmente con caporali che chiamano al lavoro bambini ed elargiscono paghe irrisorie.

Foto di Michael Robinson Chavez

L’Unicef ha calcolato che oggi quarantamila bambini lavorano nelle miniere di cobalto, in un report Amnesty International ha fatto notare come le maggiori aziende di informatica, cellulari e case automobilistiche, ancora oggi, non fanno nulla per porre fine a queste situazioni. Il paradosso è che l’Africa alimenta l’economia mondiale, è allo stesso tempo è il paese che consuma meno al mondo. 

In questo momento è essenziale per paesi come l’Africa fissare delle leggi a protezione dei giacimenti di cobalto e minerali che intervengono nei processi energetici. Il secolo scorso il terreno di battaglia era il Medio Oriente, con una economia energetica che poneva il petrolio come unico attore desiderato. Negli ultimi dieci anni, e man mano sempre più, la partita si sposta in modo assoluto in Africa, visto che l’elettricità sta assorbendo ogni campo, dai cellulari alle biciclette, ai motorini, alle macchine, alle navi, agli aerei.

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