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La “città nomade” fra i Monti: Montelago Celtic Festival

3 ' di lettura

Alla scoperta dell’appuntamento che ogni estate popola l’entroterra marchigiano: intervistato uno degli organizzatori, Michele Serafini

Ogni anno l’aria incontaminata della vallata di Colfiorito si riempie di suoni, colori e profumi portati da una folla festosa. L’occasione è il festival di Montelago, dal luogo in cui venivano svolte le prime edizioni. Un evento dedicato alla musica celtica che, dal 2003, dona nuova vita ad un territorio troppo spesso dimenticato. La diciottesima edizione si sarebbe dovuta svolgere quest’anno, ma la pandemia lo ha impedito. Michele Serafini, organizzatore del festival e amministratore della società che lo gestisce, racconta la bellezza e l’importanza di questo evento e spiega cosa ha significato dovervi rinunciare.

Cos’è il Montelago Celtic Festival?

Alla richiesta di descrivere il festival a chi non lo conosce, Michele risponde: “Preferirei che lo conoscessero attraverso le storie di chi ci è venuto. Quindi: ascoltate chi sa”. Un mosaico di esperienze personali, oggi spesso raccontate tramite Facebook, fra le quali spiccano quelle di coloro che l’hanno ideato, diciassette anni fa. Si tratta di Maurizio Serafini, padre di Michele, e del suo socio Luciano Monceri. L’idea nasce dalla passione dei due amici per la musica folk del Nord Europa e per il paesaggio montano, “poi ci si è resi conto che quelle erano passioni condivise, e un piccolo cumulo di neve si è trasformato in valanga”.

Nessuno avrebbe potuto prevedere la sua crescita esponenziale. Ciò che era pensato come “una tantum di un giorno con pochi irriducibili amici a gestire gastronomia e servizi”, oggi attrae visitatori da 22 paesi europei. L’ultima edizione (2019) conta “15.000 paganti in 3 giorni, con una squadra di 7 persone a lavorare tutto l’anno per l’organizzazione, oltre 120 attività commerciali coinvolte, e più di 700 persone a comporre lo staff”. Una vera e propria “città nomade” come la descrive Michele, che racchiude in sé uno spirito di altri tempi. Successo dovuto a temi dal forte fascino quali “la vita da campeggio, la musica folk, l’artigianato di qualità, la sostenibilità ambientale, il rapporto simbiotico con il territorio montano”.

Chi è il “popolo di Montelago”?

La vera ricchezza sta nel pubblico, che è diventato sempre più parte fondamentale dell’evento, promuovendo il festival con entusiasmo. Complice un senso di comunità che si ripropone di anno in anno più forte, rendendo Montelago una famiglia allargata. “Insomma, – dice Michele – noi non facciamo Montelago. Noi siamo diventati Montelago, e questa differenza si sente”.

Non sono solo i campeggiatori che fanno parte della famiglia di “montelaghisti”. La parte fondamentale del festival, senza la quale non potrebbe esistere, è composta da tutte le aziende coinvolte. Attività che si occupano di intrattenimento, gastronomia, artigianato e sponsor privati che costituiscono il 96,4% dei contributi, come specificato su una sezione del sito dedicata al territorio. Ed è proprio a quest’ultimo che Montelago offre i benefici maggiori, essendo “la cornice perfetta per tutte quelle realtà […] che vogliono mettere in mostra su larga scala produzioni attente e di qualità”.

L’evento è fondamentale per la promozione dell’entroterra marchigiano. “Solo nei giorni del festival, vengono occupate più di 400 stanze in 7 diversi alberghi della zona. Ristoranti, ferramenta, botteghe alimentari, bar, panifici, tabaccherie e musei archeologici vengono presi d’assalto. Ma c’è di più: da

qualche anno abbiamo inserito una condizione per chi viene a cucinare con il proprio stand a Montelago. Le materie prime devono essere comprate nel giro di 50 km dal luogo del festival, e questo crea un notevole indotto anche per aziende agricole e fornitori vari.”
Grazie a questa collaborazione fra festival e realtà locali il programma è divenuto ogni anno sempre più ricco. Fra le opportunità più curiose ci sono: matrimoni celtici, escursioni guidate, corsi di falconeria, di cucina, di arpa o tin whistle, di danza irlandese, e molto altro.

L’edizione 2020 bloccata dal Covid

L’importanza di Montelago per la vita economica della zona ha fatto si che la sua assenza, lo scorso agosto, si sia fatta sentire. Sia dal punto di vista economico, con un indotto diretto e indiretto sul territorio che si aggira intorno ai 1.200.000 €, sia dal punto di vista sociale, per i tantissimi volontari che si occupano del controllo dei parcheggi, delle tende e delle linee idriche. “Nei 3 giorni del festival si dorme assieme e si partecipa agli eventi – spiega Michele – anno dopo anno i volontari crescono, […] lo stesso vale per il personale sanitario, che unisce primari in congedo a infermieri neo-laureati.”.

Insomma, una grande famiglia che quest’anno non si è potuta riunire. Nonostante ciò “La decisione è stata presa, per così dire, a cuor leggero […] a quelle condizioni, Montelago non si poteva fare.” Un sentimento espresso anche nel post facebook dedicato al posticipo. Michele spiega ulteriormente: “Avremmo potuto limitare gli accessi, disinfettare gli spazi, contingentare gli afflussi nell’area gastronomica e nelle altre aree di spettacolo. Ma non avrebbe avuto senso. […] Montelago è tutt’altro e noi preferiamo aspettare e lavorare affinché si possa tornare alla situazione che amiamo”. Nel frattempo, per mantenere vivo lo spirito, il 7 agosto la musica del festival è approdata a Macerata al teatro dello Sferisterio per una notte di concerti, un’esperienza che Michele descrive suggestiva e affascinante.

E il futuro?

Lo spirito nei confronti del futuro è ottimista. Diversi i progetti in cantiere raccontati da Michele. “Rafforzare il fondo SIAE che copre le spese vive degli eventi organizzati dalle associazioni del territorio; in collaborazione con le Comunanze Agrarie di Serravalle di Chienti progettare, costruire e collaudare strutture interamente fatte con legno locale certificato, che vadano a sostituire i tradizionali gazebi in pvc; insieme al Museo Paleontologico Archeologico di Serravalle di Chienti

(MC), ricreare l’antico insediamento gallico di Plestia; e poi una fissa che abbiamo da qualche anno: costruire e mettere a disposizione dei campeggiatori il bbq pubblico più lungo d’Europa”.

A chi aspetta con ansia l’agosto del 2021, Michele lascia un invito a “vivere il festival con un rinnovato spirito di comunità. È fondamentale far ripartire l’intero settore dello spettacolo dal vivo, prendendoci tutti la responsabilità di ciò che facciamo. –poi aggiunge ironicamente – Ai neofiti dico: copritevi e portatevi un bel pile pesante, ché la notte è freddo e di questi tempi meglio rimanere in salute.” Parole che racchiudono in sé tutto l’entusiasmo, la spensieratezza e la voglia di innovazione di una realtà che non ha nessuna intenzione di fermarsi, specialmente quando il gioco si fa duro.

Federica Morichetti

2 Comments

  1. Virginia Gidiucci Virginia Gidiucci 14 Dicembre, 2020

    Sì, tutto molto bello, speriamo che la festa quest’anno ci sarà, ma è obbligatorio precisare che Colfiorito con il parco nazionale sei Sibillini non c’entra proprio nulla, totalmente delocalizzato dal comprensorio del parco. Esiste il parco regionale di Colfiorito e non trovo giusto non correggero questo enorme errore che porta solo disinformazione. Posso immaginare perché sia stata fatta questa scelta e la cosa onestamente mi rattrista molto.

  2. Raffaele Buccolo Raffaele Buccolo 15 Dicembre, 2020

    Buongiorno Virginia, grazie per la segnalazione. Abbiamo provveduto a correggere. Le assicuro che nessun errore è stato fatto di proposito e l’articolo è stato scritto con un unico fine: quello di promuovere tutto ciò che gravita attorno questa bellissima e singolare iniziativa. Grazie

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