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Privilegio bianco: il fenomeno dello “skin bleaching”

2 ' di lettura

Sbiancare la pelle il più possibile è una pratica diffusa in tutto il mondo. E’ il fenomeno dello “Skin bleaching” e risale all’epoca coloniale. Si tratta di una questione culturale: conquistatori, vincitori e sfruttatori sono stati per secoli i bianchi. Bianco era anche il colore della nobiltà. Adesso, in una realtà quasi ovunque multiculturale, si associa sempre meno il canone estetico al colore della pelle. Ma allora, perché ci si continua a schiarire la pelle?

Una gerarchia interrazziale basata sulla carnagione, che spesso offre privilegi sociali, culturali, economici e favoritismi nei confronti delle persone dalla pelle più chiara e discriminazione nei confronti di quelle con carnagione più scura.

-Edward Ademolu

Per millenni le donne hanno cercato di schiarire la loro pelle con metodi e creme cosmetiche contenenti mercurio e acido cloridrico che inibiscono la produzione della melanina rendendo inattivo l’enzima della tirosinasi, questo processo rende la pelle esposta e vulnerabile al melanoma causato dai raggi UV. I cosmetici utilizzati dalle donne greche e romane contenevano alte concentrazioni di mercurio per creare pigmenti per viso e labbra, non mancavano anche paste al piombo bianco e polvere di riso.

Inizialmente, in Africa meridionale, venivano usate delle erbe per illuminare l’incarnato non per sbiancarlo. Dopo la colonizzazione europea, la pratica di sbiancarsi la pelle si diffonde in modo massiccio a causa del razzismo che i conquistatori perpetravano sugli schiavi cementificando il concetto che la pelle chiara fosse delle persone belle e di successo, mentre quella scura degli schiavi, simbolo di inferiorità. Il divieto dei prodotti sbiancanti contenenti concentrazioni nocive di principio attivo non risolve il problema alla base: che bianco è meglio.

Regine di bellezza

A partire dagli anni 20 le creme schiarenti delle donne bianche sono sostituite da creme autoabbronzanti, simbolo di agio e benessere tipico del cambiamento di tonalità stagionale. Bandite, dopo il 1973, a causa di diversi casi di avvelenamento da mercurio, queste molecole da cibo e prodotti per la cura del corpo. Negli anni 80 i prodotti schiarenti sono stati quelli più utilizzati dalle donne nelle famiglie nere, tanto che il movimento contro l’apartheid ne fece una argomentazione a favore dei diritti degli afroamericani.

Negli anni 90 molte aziende iniziarono a rimuovere la parola “white”, “bleaching”, e altri sinonimi dalle loro confezioni per non incorrere in accuse di razzismo. Più recentemente alcuni attivisti sono riusciti, con 23.000 firme, a far rimuovere da Amazon alcuni prodotti schiarenti contenenti sostanze dannose. Il business delle creme schiarenti in sud Africa è molto redditizio, una donna su tre ne fa regolare uso secondo un rapporto della CNN del 2018. I ricercatori sudafricani stessi hanno scoperto che il 40% dei prodotti schiarenti venduti a città del capo contengono mercurio e corticosteroidi.

La pelle bianca è vista non solo come attraente ma anche come una certezza di vantaggi economici. In molte parti dell’Africa avere la pelle più chiara è un requisito fondamentale se si vuole lavorare nel mondo dello spettacolo o del cinema. Questi prodotti sono anche molto accessibili grazie al costo bassissimo, quelli più costosi, autorizzati e sponsorizzati, contengono hydroquinone. 

Oltre ad essere un fatto socialmente rilevante e diffuso in tutto il mondo è anche diventato un fenomeno pericoloso per la salute pubblica. Sebbene commercializzare questi prodotti sia illegale, la vendita è sottobanco. L’unica cosa da schiarire sono le nostre idee.

Lo scandalo dello Skin Bleaking in Sud Africa, Unreported World

Giulia Cerami

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