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Il Paolo Borsellino ucciso dalla mafia di cui nessuno vi ha parlato

2 ' di lettura

1992. L’anno che tutti ricordiamo e di cui ogni anno celebriamo la memoria. Due uomini hanno dato la vita per difendere la libertà e la dignità di noi tutti. Sono gli anni di punta dell’offensiva mafiosa in Sicilia, la trattativa Stato-Mafia è nel pieno dell’operatività e due uomini dello stato perdono la vita in due attentati differenti a distanza di pochi mesi. Loro sono Paolo Borsellino e Giovanni Falcone e il loro ricordo, il ricordo del loro lavoro attraversa in ogni momento la coscienza collettiva.

La portata delle grandi storie, fatte da gradi uomini, a volte, oscura le storie di chi in quegli anni ha combattuto la stessa battaglia, nel proprio piccolo e con i propri mezzi. A fianco dei due eroi, vuoi per caso o per destino, compare un omonimo del giudice Borsellino. Paolo Borsellino, imprenditore siciliano negli anni ‘90 è figlio di Giuseppe Borsellino, noto dirigente d’impresa. Paolo e Giovanni sono padre e figlio che, lavorando insieme, guadagnano duramente e in modo onesto. Paolo inizialmente non lavora con papà Giuseppe, ha un bar nella piazza di Lucca Sicula, un paesino di 1800 persone. In un secondo momento decide di vendere l’attività ed investire tutto nell’azienda di famiglia, e acquistando diversi mezzi di movimento terra entra nell’azienda di famiglia.

Succede che, come in molte storie raccontate, sopraggiunge un antagonista prepotente che oscura la famiglia Borsellino: la Mafia.

Paolo e Giuseppe, esattamente come fece l’imprenditore Libero Grassi, si oppongono con fermezza: rifiutano protezione, apparenze di benefici e combattono ogni tentativo di sopruso da parte di personaggi ignobili. Paolo e Giuseppe riescono persino a rinnovare tutta la loro impresa, d’altronde loro conoscono il sacrificio e conoscono anche la soddisfazione che il lavoro porta.

Alla mafia questo non interessa, ed al loro rifiuto di pagare il pizzo, seguono i primi incendi dolosi di materiali e mezzi della ditta.

Prendere gli appalti diventa sempre più difficile, se non si decide di piegarsi al volere delle cosche mafiose. Così Giuseppe e Paolo iniziano ad essere sempre più isolati, con tante spese da sostenere e nessuno che affida loro i lavori.

Così iniziano ad arrivare le prime richieste di acquisto per l’azienda di famiglia, domande inoltrate dalle famiglie mafiose del posto. I Borsellino non si piegano, anzi, denunciano subito qualsiasi tipo di violenza venga perpetrata loro. Ma la situazione si fa sempre più difficile e i Borsellino finiscono vicini alla chiusura.

Paolo non trova più una via d’uscita e così, accetta una cessione parziale dell’impresa finendo, sotto pressione, per cederla poco dopo per intero. Paolo e Giuseppe perdono tutto. Iniziano a collaborare con i carabinieri nella speranza di arrestare chi ha tolto loro il lavoro di tutta la vita.

Ormai è tardi.
Il 21 aprile del 1992, l’imprenditore Paolo Borsellino viene ucciso e trovato nella sua macchina a pochi metri da casa, freddato con alcuni colpi di fucile. Il padre Giuseppe verrà ucciso pochi mesi più tardi con l’unica colpa di aver cercato verità sulla morte del figlio. Infatti sin da subito Giuseppe aveva fornito numerosi indizi sui mandanti dell’omicidio del figlio Paolo contribuendo così all’arresto degli esecutori dell’omicidio del figlio.

Giuseppe morì in dicembre, il 17, nella piazza principale di Lucca Sicula, freddato in pieno giorno da due killer su una motocicletta. Tre storie, un cognome e due omonimi che hanno in comune la lotta contro un nemico spietato: la Mafia.

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