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In Spagna morire in pace è diventato un diritto

5 ' di lettura

Il 18 marzo la Spagna, dopo vent’anni dal primo tentativo, si è unita a Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Canada e Nuova Zelanda divenendo uno dei primi paesi al mondo a regolamentare l’eutanasia. Il Congresso dei Deputati, con 202 voti favorevoli, 141 contrari e due astensioni, ha approvato la legge promossa dal PSOE, partito socialista spagnolo. Dopo aver ottenuto quest’ultima vidimazione, la legge entrerà in vigore tre mesi dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dello Stato. 

Come funzionerà la norma

Il beneficio sarà finanziato pubblicamente e sarà possibile usufruirne sia in centri pubblici che privati. Per richiederlo, il paziente deve avere nazionalità spagnola, residenza legale o certificato di registrazione che accrediti un tempo di permanenza in territorio spagnolo superiore a 12 mesi. La legge indica che, se il paziente è consapevole, deve richiedere l’eutanasia due volte per iscritto in duplici formati separati nell’arco di 15 giorni, rendendo noto che non è stato sottoposto a nessuna pressione esterna. Il malato inoltre, deve soffrire di una malattia incurabile o di una condizione grave, cronica e invalidante che provochi sofferenze intollerabili.

Tuttavia, il nuovo statuto spagnolo prevede anche che un gruppo composto da medici, infermieri e avvocati abbia l’ultima parola dopo aver studiato il caso clinico.  Sebbene sia stata rimossa dal titolo di legge, la norma disciplina sia l’eutanasia stessa – somministrazione diretta di una sostanza al paziente da parte del professionista sanitario competente – sia il suicidio medicalmente assistito – la prescrizione o la fornitura al paziente di una sostanza, in modo che possa auto-somministrarla, per provocare la propria morte. 

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La posizione dei partiti 

La proposta era promossa dal gruppo parlamentare socialista e ha ricevuto il sostegno dei partiti minori, mentre i principali partiti conservatori si sono opposti. La prima firmataria, l’ex ministro della Salute del PSOE María Luisa Carcedo, afferma che è necessario estendere l’espressione “almeno non ha sofferto”, che viene applicata con sollievo a chi muore di infarto, a tutte le malattie. Carcedo ha anche sottolineato il ruolo dei parenti di persone come María José Carrasco, Maribel Tellaetxe o Luis de Marcos, che hanno reso pubblica la loro vita per chiedere l’approvazione dell’eutanasia. “In questo paese, contrarre una malattia degenerativa terminale sembra essere un crimine.

“La sentenza che ti impongono è una fine crudele e dolorosa priva di ogni integrità e dignità” – ha esordito citando un figlio di Maribel Tellaetxe, la donna che ha chiesto di essere aiutata a morire quando il morbo di Alzheimer era avanzato. Il presidente dell’associazione Derecho a Morir Dignamente (DMD), Javier Velasco, ha dichiarato giovedì scorso che la legge “salverà molte persone dalle sofferenze. Saranno richieste poche eutanasie, ma la legge gioverà a tutta la società ”.

Nei paesi in cui l’eutanasia è legale, la sua pratica rappresenta tra l’1% e il 4% di tutti i decessi annuali. La deputata Lourdes Méndez, del partito di estrema destra Vox, ha detto al parlamento: “Avete scelto la morte invece della medicina” e ha promesso di fare appello alla Corte costituzionale spagnola. Il nuovo regolamento ha ricevuto anche la bocciatura dell’Ordine dei Medici, che avverte che andrà a monitorare come viene regolata l’obiezione di coscienza dei professionisti e afferma che l’eutanasia non è un atto medico, sebbene la legge preveda che sia un diritto trasformato in un vantaggio per il sistema sanitario. Da parte sua, invece, il presidente del governo spagnolo, Pedro Sánchez, ha celebrato l’approvazione della legge sul suo account Twitter: “Oggi siamo un paese più umano, più giusto e più libero”. E ha aggiunto: “Grazie a tutte le persone che hanno lottato instancabilmente perché in Spagna fosse riconosciuto il diritto a morire con dignità”.

L’eutanasia in Lussemburgo, Belgio e Paesi Bassi

Sono gli unici tre paesi europei in cui, ad oggi, l’eutanasia è stata legalizzata, e a cui la Spagna sta ora aderendo. I Paesi Bassi sono stati i primi, nel 2001, dopo aver iniziato a regolamentare l’iniziativa nel 1993. Secondo le ultime statistiche, circa il 4% dei decessi è assistito da personale sanitario in caso di malattie incurabili e gravi. Nello specifico, nel 2018 ci sono state 6.126 eutanasie, la maggioranza in processi cancerogeni irreversibili e in persone con più di 60 anni di età. Nel caso dei Paesi Bassi, anche il suicidio assistito è legalizzato.

L’età minima è di 12 anni, anche se è richiesta l’autorizzazione dei genitori fino ai 16 anni. In Belgio l’eutanasia è possibile dal 2002 e dal 2014 anche ai minori. Inoltre, la legislazione prevede due strade, sia per i pazienti coscienti e inconsci, ma non regola il suicidio assistito. Nel primo caso, è essenziale che il richiedente l’eutanasia soddisfi questi requisiti: che sia maggiorenne o minorenne con il consenso dei genitori, che la richiesta sia stata presentata su base volontaria e che la situazione medica non preveda alcun miglioramento. Una commissione di medici, avvocati ed enti dedicati valuta caso per caso la cartella clinica dei malati terminali. 

Ogni anno circa 2.000 persone ricorrono all’eutanasia. In Lussemburgo la legislazione consente l’eutanasia dal 2009, a condizione che siano soddisfatte le seguenti condizioni: essere coscienti al momento della richiesta, non esser stati dichiarati incapaci di prendere decisioni e riversare in ​​una situazione medica senza prospettive di miglioramento causato da un infortunio o da una malattia. Il Paese ha avuto solo cinquanta eutanasie e un suicidio assistito.

L’assistenza alla morte in Canada

Nel febbraio 2015, la Corte Suprema del Canada ha deciso di modificare il codice penale al fine di soddisfare la carta dei diritti e delle libertà del paese. Pertanto, nel giugno 2016 ha pubblicato una nuova legislazione che prevede esenzioni nei crimini di morte illecita solo se nel caso in cui si tratti di medici specialisti e pazienti terminali. Le regole applicabili sono severe e chiunque aiuti un’altra persona a suicidarsi può essere processato e condannato. Inoltre, ad oggi la legge non consente l’assistenza alla morte nei minori o nei casi di persone affette da malattie mentali. Tuttavia, il governo di Justin Trudeau ha recentemente proposto di includere persone con malattie mentali gravi e irreversibili. Secondo i dati dello stesso Ministero della Salute canadese, nel corso del 2019 sono state praticate 5.631 morti assistite, soprattutto tra i malati di cancro (67,2%), ma anche nei pazienti con malattie respiratorie terminali (10,8%) e neurologiche (10,4%). 

Nuova Zelanda: referendum per l’eutanasia

Nell’ottobre 2020, i neozelandesi sono stati chiamati alle urne per votare, in un referendum a livello nazionale, la legge sulla legalizzazione dell’eutanasia e della marijuana ricreativa: il 65,2% dei cittadini ha votato a favore della legge sull’eutanasia, mentre la maggioranza, il 53,1%, ha votato contro la legalizzazione e il possesso della marijuana ad uso personale. La legge proposta dal governo neozelandese consente ai malati terminali con meno di sei mesi di sopravvivenza la possibilità di scegliere la morte assistita, a condizione che abbiano l’approvazione di almeno due medici. Il referendum era vincolante e, sebbene non sia stato ancora legalizzato, il regolamento dovrebbe entrare in vigore entro la fine dell’anno.

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La situazione in Italia  

In Italia è legale revocare il trattamento che un malato terminale può ricevere e che lo mantiene in vita se questa è l’opzione migliore o se fa parte di cure palliative, ma sia l’eutanasia che il suicidio assistito sono puniti con pene detentive. Marco Cappato, ex deputato e tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, ha contribuito nel 2017 alla morte di Fabio Antoniani, conosciuto come DJ Fabo, diventato cieco e tetraplegico dopo un incidente, che ha deciso di porre fine alla sua sofferenza in una clinica in Svizzera. Cappato, accusato di istigazione al suicidio, è stato assolto due anni dopo dalla Corte di Assise di Milano perché il fatto non sussisteva dal momento in cui la persona, sì, era tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile,  ma restava pienamente capace di prendere decisioni consapevoli. 

L’ultimo caso, in ordine di tempo, è stato quello di Davide Trentini, malato di sclerosi multipla dal 1993, che ha richiesto l’aiuto di Cappato e Mina Welbyper poter morire, il primo raccogliendo i fondi necessari per pagare la clinica, la seconda portando l’uomo in Svizzera. La Corte di Assise di Massa, al momento, ha assolto gli imputati, per il reato di cui all’art. 580 del codice penale in concorso fra loro, (istigazione o aiuto al suicidio), perché “il fatto non costituisce reato”, ma il processo è ancora in corso.

Nel parlamento italiano non è ancora stato raggiunto un accordo sulla questione dell’eutanasia, ma c’è una proposta di legge presentata dall’Associazione Luca Coscioni che ha anche lanciato l’hashtag #liberifinoallafine. «Ogni cittadino può rifiutare l’inizio o la prosecuzione di trattamenti sanitari, nonché ogni tipo di trattamento di sostegno vitale e/o terapia nutrizionale» anche nel caso «la richiesta sia motivata dal fatto che il paziente è affetto da una malattia produttiva di gravi sofferenze, inguaribile o con prognosi infausta inferiore a diciotto mesi», questo ciò che è scritto nel progetto di legge. 

In Italia per morire di eutanasia bisogna andare lontani da casa, la chiamavano “dolce morte”. Riusciremo mai a garantire dignità e libertà a coloro che si trovano di fronte a scelte strazianti, come ha fatto la Spagna?

Valentina Brioccia

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