Hawking parla chiaro, l’intelligenza artificiale avanzata potrebbe portare alla fine dell’uomo: a che punto siamo

Lo sviluppo di macchine intelligenti potrebbe superare le capacità umane e minacciare la nostra esistenza? Tra IA avanzata e transumanesimo, l’uomo si avvicina a una trasformazione radicale e a un futuro postumano

Le parole di Stephen Hawking, pronunciate in una delle tante interviste, ormai quasi un decennio fa, continuano a risuonare come un monito inquietante: l’intelligenza artificiale, se evoluta fino a livelli paragonabili o superiori a quelli umani, potrebbe minacciare la nostra stessa sopravvivenza. Il fisico britannico, celebre in tutto il mondo, morto nel 2018, non era incline all’allarmismo fine a se stesso. Il suo era un richiamo alla prudenza, un invito a riflettere sulle conseguenze di una tecnologia che, pur portando enormi benefici, potrebbe sfuggire al nostro controllo.

Oggi, quando guardiamo alla velocità con cui l’IA avanza, dalla generazione automatica di testi e immagini, fino ai sistemi di guida autonoma e alla robotica intelligente, non possiamo ignorare il quesito di fondo: stiamo creando qualcosa che potrebbe superare l’uomo? E se sì, come possiamo gestire una simile rivoluzione senza compromettere la nostra stessa esistenza? Hawking sottolineava che gli esseri umani, vincolati dalla lenta evoluzione biologica, potrebbero trovarsi impotenti di fronte a macchine che sono in grado di auto-migliorarsi a ritmo esponenziale.

Eppure l’allarme di Hawking non è isolato. O per lo meno non lo era nel 2014, quando anche Elon Musk sottolineava che un’intelligenza artificiale incontrollata potrebbe rappresentare la più grande minaccia esistenziale per l’umanità.

L’evoluzione dell’IA e il rischio della “superintelligenza”

Quando si parla di intelligenza artificiale, è importante distinguere tra le applicazioni attuali e l’ipotetica “superintelligenza”. Le IA odierne, da ChatGPT a sistemi più vecchi come Cleverbot, apprendono dai dati disponibili e svolgono compiti specifici in maniera efficiente. Sono strumenti potenti, ma restano vincolate alle istruzioni umane e prive di coscienza. Per adesso. 

Stephen Hawking allarme
Stephen Hawking aveva lanciato l’ allarme sulla superintelligenza artificiale – Fb@Stephen Hawking-salgoalsud

La “superintelligenza”, invece, rappresenta uno stadio in cui una macchina non solo eguaglia, ma supera l’intelligenza umana in ogni ambito, dalla creatività alla capacità di risolvere problemi complessi. Hawking e altri esperti temono che una simile entità potrebbe auto-migliorarsi, decollando in un ciclo di crescita incontrollabile e rendendo obsoleta la nostra capacità di intervenire. La preoccupazione non è fantascienza: è radicata nella logica stessa dell’apprendimento automatico e della progettazione algoritmica.

Accanto alla discussione sull’IA, un altro concetto sta guadagnando attenzione: il transumanesimo. Si tratta di un movimento filosofico e scientifico che ipotizza la possibilità di trasformare radicalmente la nostra specie grazie alla scienza e alla tecnologia. In termini semplici, il transumanesimo si basa sul concetto che possiamo andare oltre le nostre limitazioni biologiche: vivere più a lungo, essere più intelligenti, avere capacità fisiche e sensoriali potenziate.

Questa prospettiva non è semplicemente una promessa di miglioramento personale, ma una vera e propria metamorfosi della condizione umana. Il “postumano” non sarebbe più l’uomo come lo conosciamo oggi: fragile, mortale, limitato dai confini biologici. Sarebbe un essere in grado di manipolare e ottimizzare la propria struttura fisica e mentale, scegliendo quali caratteristiche conservare e quali migliorare.

Il transumanesimo propone numerose vie per trascendere i limiti biologici. Una di queste è la lotta contro l’invecchiamento, considerato una malattia naturale da combattere con terapie avanzate, rigenerazione cellulare e nanotecnologie. Altra frontiera è il “mind uploading”, ossia la possibilità di trasferire la nostra mente su supporti digitali, salvaguardando memoria, conoscenze e identità psicologica. Questo approccio punta a creare una sorta di immortalità terrena, permettendo all’individuo di sopravvivere anche dopo la morte del corpo biologico.

C’è poi il potenziamento sensoriale e cognitivo: ampliare la memoria, aumentare la capacità di calcolo mentale, sviluppare sensi più acuti e persino interagire con l’ambiente in modi oggi impensabili. La bionica e la robotica offrono ulteriori strumenti: sostituire organi o arti compromessi, potenziare le prestazioni fisiche e creare ibridi uomo-macchina, i cosiddetti cyborg.

Nonostante le promesse, il transumanesimo solleva questioni etiche profonde. La sfida principale è comprendere quali limiti siano necessari per preservare la nostra umanità. Migliorare il corpo e la mente non significa automaticamente superare la condizione umana in modo positivo: l’uomo non è solo un insieme di funzioni biologiche e cognitive, ma anche un essere capace di emozioni, relazioni e significato.

La tecnologia non deve sostituire la libertà, il senso della vita o la responsabilità morale: il desiderio di superare ogni limite biologico può diventare una forma di “protezionismo prometeico”, in cui l’uomo tenta di sostituirsi al Creatore. Oggi, molte tecnologie transumaniste sono ancora in fase sperimentale o inaccessibili alla maggior parte della popolazione. Tuttavia, alcuni elementi del futuro postumano sono già presenti: pacemaker, protesi avanzate, impianti cocleari e neurostimolatori rappresentano già una fusione tra uomo e tecnologia. La rivoluzione GNR – genetica, nanotecnologia e robotica – accelera questo processo, creando le basi per un’umanità 2.0.

Ciò che resta incerto è la traiettoria futura: riusciremo a guidare la trasformazione in modo responsabile, preservando la dignità e il senso dell’esperienza umana, o ci troveremo di fronte a un’umanità irriconoscibile, dominata da macchine e algoritmi? Le decisioni che prenderemo oggi determineranno se l’IA sarà al nostro servizio o se, come temeva Hawking, potrà soppiantarci.

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