Con l’arrivo della stagione estiva e la voglia di tuffarsi nelle acque cristalline del nostro Paese, in pochi immaginano che anche il mare può riservare sorprese poco piacevoli. Negli ultimi anni si sta assistendo a un fenomeno sempre più diffuso e preoccupante: l’arrivo nei mari in Puglia, ma anche nel resto d’Italia, di specie aliene, ossia pesci originari di altri mari che, complici i cambiamenti climatici e i collegamenti artificiali tra bacini, hanno trovato un nuovo habitat ideale lungo le nostre coste.
La campagna “Attenti a quei4”, realizzata in collaborazione con il progetto AlienFish, accende i riflettori su quattro specie in particolare, diventate ormai ospiti indesiderati delle acque italiane. Alcune di esse sono molto pericolose, non solo per la biodiversità marina, ma anche per la salute umana.
Di seguito, scopriamo nel dettaglio quali sono questi inquietanti protagonisti del nostro mare.
Il pesce scorpione: il terrore del Salento
Tra le nuove presenze più temute nei mari italiani, in particolare nel Salento, spicca il pesce scorpione. Introdottosi attraverso il Canale di Suez, questo esemplare esotico ha fatto la sua prima comparsa in Italia nel 2016.
Conosciuto anche come “lionfish”, il pesce scorpione colpisce per l’aspetto affascinante e pericoloso: ha lunghe spine dorsali e una livrea dai colori vivaci che possono trarre in inganno i meno esperti. Tuttavia, dietro la bellezza si cela una tossicità elevatissima: le sue spine sono in grado di iniettare un veleno molto potente, capace di provocare dolore intenso, gonfiore e, in casi gravi, anche shock anafilattico.
Presente già in modo massiccio in molte aree del Mediterraneo orientale, è oggi sorvegliato speciale anche nel sud Italia. La sua rapida diffusione rappresenta un rischio concreto per chi pratica snorkeling, immersioni o anche solo una tranquilla nuotata.
Il pesce palla maculato: maestro di veleni
Un’altra specie di origine tropicale che ha preso casa nei nostri mari è il pesce palla maculato, giunto anch’esso tramite il Canale di Suez. A prima vista può apparire buffo e innocuo, ma la realtà è ben diversa: si tratta infatti di un vero e proprio concentrato di tossine.
Il pericolo maggiore è rappresentato dalla tetrodotossina, una sostanza altamente velenosa presente nei suoi organi interni, soprattutto fegato e ovaie. Basta una quantità minima per risultare letale per l’uomo. Non esiste antidoto e i sintomi di avvelenamento includono nausea, paralisi muscolare e arresto respiratorio.
Il pesce palla maculato è stato segnalato in varie aree del sud Italia, inclusa la Puglia, e la sua presenza deve indurre alla massima prudenza, in particolare tra i pescatori e i consumatori abituali di pesce.
Il pesce coniglio scuro: silenzioso ma invasivo
A differenza delle specie precedenti, il pesce coniglio scuro non presenta veleni pericolosi per l’uomo. Tuttavia, la sua estrema invasività lo rende una minaccia per l’ecosistema marino. Questa specie erbivora, anch’essa di origine tropicale, si nutre voracemente della vegetazione sottomarina, causando danni irreversibili agli habitat costieri.
In particolare, le praterie di posidonia, fondamentali per la biodiversità mediterranea, sono sotto attacco da parte di questi pesci. La loro presenza modifica gli equilibri dell’ambiente sottomarino, impoverendo la fauna locale e alterando la catena alimentare.
Il pesce coniglio striato: una minaccia gemella
Simile al suo “cugino” scuro, il pesce coniglio striato rappresenta un’altra presenza aliena da tenere sotto osservazione. Anch’esso erbivoro e vorace, agisce sugli stessi ecosistemi fragili delle coste italiane, divorando alghe e piante acquatiche in quantità elevatissime.
Anche se non pericoloso per l’uomo sul piano fisico, il suo impatto sulla biodiversità marina è tutt’altro che trascurabile. In Puglia, sono sempre più frequenti gli avvistamenti di questi esemplari, spesso in branco, pronti a colonizzare intere zone marine.
Il pesce coniglio striato non ha predatori naturali nei nostri mari e questo favorisce una diffusione rapida e difficile da contenere.
Mare più caldo, rischi maggiori
Il cambiamento climatico gioca un ruolo decisivo in questo fenomeno. L’aumento delle temperature medie del mare favorisce l’adattamento e la riproduzione di specie che, fino a pochi anni fa, non avrebbero potuto sopravvivere nel Mediterraneo.
Il traffico navale e l’apertura di corridoi marittimi come il Canale di Suez hanno favorito l’arrivo e l’insediamento di questi pesci “esotici”. Il risultato è un mare trasformato, dove le specie locali faticano a competere con i nuovi arrivati.
Consapevolezza e prevenzione
L’informazione è la prima forma di difesa. Riconoscere questi quattro pesci alieni può fare la differenza tra una tranquilla giornata al mare e un incontro pericoloso. Chi frequenta le coste, chi pratica sport acquatici o pesca deve imparare a identificare questi esemplari e segnalarne la presenza alle autorità locali o ai centri di ricerca.