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Quarant’anni in una foto. Uno scatto che nella sua drammaticità racchiude, con rara potenza, due volti della storia del nostro Paese.
In primo piano vediamo solo le scarpe e le gambe che
fanno immaginare il corpo inanimato, vinto e abbandonato alla forza di gravità fuori dalla portiera dell’auto. La tragedia è resa ulteriormente dalla disperazione della donna sulla destra, mentre a sinistra un’altra donna è di spalle rassegnata e immobile come in una delle tante Pietà della nostra Storia dell’Arte.
Sembra, ed è, il momento di una resa. La mafia ha colpito, ha ucciso, ha vinto ancora una volta. E si è sbarazzata di un nemico ormai ingombrante e pericoloso: il Presidente della Regione Sicilia, Piersanti Mattarella, che aveva unito nella sua attività lotta alla mafia e riforme. Una accoppiata insopportabile per Cosa nostra, che già da tempo aveva iniziato la sua mattanza, con bersagli sempre più alti nelle forze dell’ordine ed ora nelle istituzioni. E più tardi sarebbero arrivate Capaci e via D’Amelio, a mettere in ginocchio lo Stato al punto da convincerlo a una ributtante trattativa.
Ma c’è anche un’altra figura nella foto. E’ in secondo piano e sembra assente, impotente… E’ Sergio Mattarella, fratello di Piersanti. Non ha ancora 40 anni, e deciderà quel giorno di impegnarsi a sua volta nella Politica: fino ad essere scelto come Presidente della Repubblica, costante e fondamentale punto di riferimento per il Paese anche nei giorni della pandemia. Uno dei politici (dei pochi politici) che ancora fanno guardare allo Stato con fiducia.
E’ forse la foto più famosa di Letizia Battaglia. E ce ne sono tante altre legate agli orrori della montagna di merda mafiosa, al punto che oggi – alla sua morte – molti hanno titolato su Letizia come “la fotografa antimafia”.
Che però è poco, perché non dice tutto di una fotografa che ha raccontato anche tanto delle donne, di Palermo nei suoi problemi ma anche nella sua vitalità. E ha portato la sua forza e la sua davvero letizia in tanti altri luoghi. Stamattina ho letto l’omaggio intenso e delicato delle attrici di Zona Franca Parma, che con lei avevano collaborato in una manifestazione di qualche anno fa: “Le nostre vite si incrociarono un po’ di anni fa, il 3 marzo del 2011.
Letizia entrò nel palazzo della provincia con il suo caschetto, la sua macchina fotografica analogica e il suo cuore. Lei portava le sue foto e noi di ZonaFranca, le nostre parole e azioni. Il tema era comune: le mafie.
Ci è rimasta nel cuore Letizia Battaglia e ci ha insegnato tanto, in particolare ricordiamo quel suo continuo ricercare e prendersi cura della bambina che vive in ognuna di noi. Era una donna bambina dagli occhi grandi Letizia e vogliamo ricordarla così: caschetto rosa, libertà nello sguardo fiero, tra le sue foto che sono pugni e carezze. Come la vita.
Grazie”.
Pugni e carezze. Un ossimoro, come lo era suo nome. E allora il modo migliore per ricordarla e celebrarla sarà quello di proseguire il suo impegno. La sua Battaglia. Con Letizia.
Gabriele Balestrazzi
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