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Questa è una storia di cicatrici, fisiche e psicologiche. Di confidenze, talvolta diffidenze. Il ritratto di anime in attesa, luoghi sospesi. Rimane un tempo lento e scandito da rituali di raccoglimento. Quello della ‘Kafa’ per esempio, il caffè balcanico, simbolo di lentezza e riconnessione in contrapposizione al frenetico espresso occidentale. Spesso però, questo profumo intenso viene sopraffatto dall’odore acre della plastica bruciata, dovuto alla consueta combustione di cumuli di rifiuti tra le abitazioni. Le strade rurali tagliano a metà i campi ancora minati, inaccessibili e impenetrabili; l’operazione di bonifica comporterebbe costi insostenibili.
Luoghi
Gli abitanti della provincia di Bihać, capoluogo del cantone Una-Sana, portano con sé un desiderio di riscatto, eppure spesso sembrano arrendersi alla mancanza di risorse economiche del Paese e alla fievole volontà di progresso da parte delle istituzioni. Le lacerazioni fisiche sono ancora visibili sulle facciate di alcuni edifici, segnati dai bombardamenti durante il periodo bellico tra il 1992 e il 1994. Qua e là si trovano brutali stabili incompleti e abbandonati, a volte dalle aperture squadrate delle finestre penetrano obliqui i raggi del tramonto. In quest’immagine pare di cogliere l’essenza balcanica, intrisa di natura maestosa e abitazioni-fantasma. Incorniciata dalle verdi e folte rive del fiume Una, su di un muro in penombra si legge un messaggio di nostalgia delle gesta del ‘maresciallo’ Tito, l’uomo che per 35 anni ha guidato la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia.
Gata è un piccolo villaggio nella provincia di Bihać. In questi luoghi persistono le tensioni emotive dalla guerra Jugoslava. Nell’unica scuola della cittadina, la preside svolgeva anche il ruolo di insegnante, aveva accettato di ricoprire più incarichi pur percependo una paga molto modesta. Aveva a cuore il futuro e il progresso della scuola che frequentavano anche i suoi due figli. In costante contatto con le istituzioni, insisteva per creare collegamenti con la città di Bihać, distante 20 km, in modo che gli studenti potessero coltivare le proprie passioni e ambizioni sportive. Qualche mese dopo si è trasferita in Germania con tutta la famiglia, senza che né i locali né gli studenti sapessero le ragioni di quella scelta così improvvisa e inaspettata.
Ružica invece è un quartiere periferico di Bihać a maggioranza Rom. Qui, i numerosi figli delle famiglie locali vengono spesso ingaggiati per mendicare nelle vie del centro città. Per questo motivo spesso non frequentano la scuola oppure non vi sono proprio iscritti per mancanza di soldi. Non di rado sono coinvolti in matrimoni combinati in giovane età.
Storie
Con estrema discrezione si possono ascoltare dai locali i racconti di una ferita non ancora rimarginata, come la storia di Jasmina Kurtagić, fondatrice dell’associazione Udruzenje zena Kulen-Vakuf (associazione donne di Kulen Vakuf). Fondata nel 2006, la comunità ha lo scopo di superare, attraverso la socializzazione e attività ricreative, i traumi e i disagi psichici provocati dalla guerra nelle donne, in particolare coloro che sono rimaste vedove; oggi basta essere donne per parteciparvi. Nella loro sede dall’atmosfera domestica accolgono calorosamente turisti e passanti, offrono dolci appena sfornati, assaggi di distillati. Occasionalmente si propongono per insegnare con pazienza la preparazione dei ‘Burek’, piatto tipico balcanico il cui procedimento può variare a seconda del Paese, in genere realizzato con pasta sfoglia e un ripieno di carne, formaggio o verdure. Con l’impiego di telai elaborati realizzano borse e capi vari, attività di cui vanno molto fiere. Il loro scopo è incoraggiare la socializzazione e l’indipendenza attraverso la valorizzazione delle attività locali e l’affermazione della posizione delle donne attraverso il loro impegno nella società.
Oggi
Mentre la vicina Croazia conta migliaia di turisti ogni anno, sono ancora pochi coloro che si avventurano in Bosnia, terra rigogliosa e intricata. Nel Parco nazionale dell’Una le cascate di Štrbački buk si tuffano imponenti per oltre 20 metri. In questa zona, speculare sul lato croato del confine, il turismo non riesce a imporsi come fonte redditizia a causa delle poche strutture usufruibili. Un po’ più a nord invece, a colorare il paesaggio troviamo Bosanska Krupa, cittadina di circa 30 mila abitanti a qualche manciata di chilometri da Bihać. La zona è nota per i tipici mulini ad acqua e le case di pescatori costruite su palafitte. Si caratterizza, oltre per le sfumature cromatiche delle abitazioni, per la piazza centrale sulla quale si affacciano i luoghi di culto delle tre maggioranze religiose in Bosnia: ortodossa, cattolica e musulmana. A volte accanto alla Moschea del villaggio si tengono lezioni di arabo, insegnato dall’Imam.
Il tasso di disoccupazione in quest’area balcanica è molto elevato. Inoltre, mancano strutture sportive e di svago: i giovani non vedono futuro all’orizzonte, hanno scarsi stimoli e le poche occasioni di socializzazione sono circoscritte ai luoghi scolastici. Molti adolescenti occupano il loro tempo libero in casa, intrattenendosi solo con internet e televisione. Questo porta molti abitanti della zona a trasferirsi in Paesi del Nord Europa, soprattutto in Germania, sognando una realizzazione personale e una vita dignitosa, per colmare la nostalgia di un tempo prosperoso.
Galleria fotografica
Greta Contardi
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